Visualizzazione post con etichetta Torino Film Festival. Mostra tutti i post
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lunedì 15 gennaio 2024

Pantafa


Titolo: Pantafa
Regia: Emanuele Scaringi
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Marta, sempre più preoccupata per le strane allucinazioni che colpiscono la figlia Nina, decide di portarla a vivere in montagna. Le due prendono così in affitto una vecchia casa dall'aspetto un po' spettrale nella cittadina di Malanotte. Tuttavia, la situazione clinica di Nina continua a peggiorare: la bambina inizia a soffrire di gravi paralisi ipnagogiche che assumono caratteristiche orrorifiche: durante la paresi Nina vede uscire dalle pareti una figura fantasmatica che si acquatta sul suo petto e cerca di succhiarle via l'anima. Le preoccupazioni e le suggestioni di Nina vengono ingigantite dalla signora Orsa, una vicina di casa, che riconosce la Pantafica nella descrizione di Nina, un'anima dannata che tormenta le notti dei bambini. È tutto nella sua testa, come sostiene Marta, o il male ha davvero preso connotazioni reali?

Il cinema di genere folkloristico italiano di per sè è già una rarità. Pantafa è rimasto al cinema per pochissimi giorni senza darmi la possibilità di andare a vederlo. E devo dire che la Pantafica abruzzese mi mancava. Ne esistono tante di streghe, masche e altri fenomeni simili ma questa succhia anime dei bambini che trasla diventando quel qualcosa in più è stata un'altra bella scoperta. L'idea di spostare a Malanotte la vicenda mette a confronto un paesino secolarizzato e racchiuso nelle sue tradizioni e leggende. Dall'altro una donna moderna e una figlia che di fatto vengono fatte piombare in questa sorta di medioevo dove impareranno a proprie spese come crearsi le condizioni di sopravvivenza.
Scaringi fa una cosa molto bene che l'horror non deve mai dimenticare soprattutto quando si parla di produzioni indipendenti ovvero la presa di coscienza che ciò che fa realmente paura è il non visto mostrando pochissimo e centellinando la paura facendo un lavoro di tensione e pathos per poi creare un finale che seppur esagerato nel mostrare forse troppo riesce a mantenere un equilibrio e regalare un piccolo indie di genere nostrano.

domenica 19 novembre 2023

Rodeo


Titolo: Rodeo
Regia: Lola Quivoron
Anno: 2022
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Julia va di corsa e ci va con le moto che ruba a sprovveduti venditori. La sua passione divorante è il cross su asfalto, il suo sogno fare acrobazie sollevando il mondo e la ruota anteriore. Aliena alla sua famiglia, ne trova un'altra in un milieu clandestino, saturo di testosterone, adrenalina e benzina.
A colpi di 'funambulismo', Julia ha la meglio sul cameratismo dei compagni e guadagna la loro fiducia. Ma per qualcuno, il più vigliacco e subdolo tra loro, la libertà totale di Julia rappresenta una minaccia da 'battere'.
 
Julia è veramente una tipa cazzuta. Sempre a testa alta, senza mai nascondersi, anche quando rischia di prendersi sane mazzate. Ruba, svincola dagli impegni familiari costringendo il fratello ad aiutarla sapendo bene che a costo di prendersi qualche insulto lui ci sarà sempre e poi questo muoversi continuamente senza mai fermarsi come se lo scorrere delle lancette la ponesse di fronte ad un obbiettivo che deve per forza raggiungere nel più breve tempo possibile. Articolazione di un corto del 2015 (Au loin, Baltimore) il film scopre un microcosmo poco battuto dal cinema, acrobati straordinari e l'essere sempre sul filo del rasoio per quanto concerne raduni e gare clandestine dovendo scappare dalla polizia e rimettendoci arti e le stesse moto. Julia sa bene che entrare nel mondo maschile senza esserne preda o vittima sacrificale non è facile ma merito della sua ostinazione e di essere brava a farla franca dimostra i suoi numeri e correndo fino ad un finale che si eleva lasciando il pubblico in silenzio con un climax avvincente.

sabato 13 maggio 2023

Eo


Titolo: Eo
Regia: Jerzy Skolimowski
Anno: 2022
Paese: Polonia
Giudizio: 3/5

Eo ("ih-oh") è il nome di un asino che fa coppia con l'acrobata Kasandra in un circo polacco. Con la ragazza, Eo ha un rapporto speciale, una comunicazione intima, che passa attraverso le carezze, il tono della voce, un accoppiamento delle teste e dello spirito. Ma il circo viene smantellato, piegato dai debiti e dalle proteste, e i due vengono separati. Eo inizia così un viaggio che lo porta in paesi e contesti diversi, fino in Italia, sempre secondo ai cavalli, belli e capricciosi, caricato di pesi, per lo più ignorato, a volte pestato, per cieca furia umana, in un'occasione salvato e in un'altra no.   

Eo è un film furbetto. Interessante e girato benissimo ma se avessero messo qualsiasi cosa al posto dell'asino sarebbe stato un flop. E' così seguiamo il viaggio dell'eroe o il cammino di formazione di questo animale. Una fiaba nera per certi aspetti che alterna scorci fantastici e altri quasi gratuiti passando da atmosfere con una fotografia da brivido che ritrae questo pellegrinaggio di Eo trasfigurando quasi la natura e trasformandone i colori. Dalla caccia coi laser, alla rissa tra gli ultras, finendo in mano agli animalisti e in camion con criminali diretti ai Mattatoi, finendo nelle mani di chiunque si trovi di mezzo, a salvare altri animali. L'occhio della madre, anzi l'occhio dell'asino ci fa vivere dei momenti magici e tragici allo stesso tempo a tratti montati con un'emblematica freddezza soprattutto se pensiamo al finale. Eppure in tutto questo sembrano esserci dei situazionismi per certi versi imbarazzanti come madre e figlio (la Huppert e il figlio Vito interpretato da Zurzolo) e il loro disagio dove nel campo ci finisce quasi per caso il nostro Eo.
Dal punto di vista della politica d'autore di Skolimowski, un veterano del cinema, qui si riflette dall'inizio alla fine e soprattutto nei vari passaggi di consegna ad una cattiveria post pandemica sempre più assetata di prevaricazione che usa il regno animale come strumento e come nutrimento di una fame e brama di conquista da cui l’individuo singolarmente non riesce mai ad uscirne sazio.

sabato 18 giugno 2022

Offseason


Titolo: Offseason
Regia: Mickey Keating
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dopo aver ricevuto una lettera misteriosa, una donna si reca in una città desolata dell'isola e presto rimane intrappolata in un incubo
 
Offseason diciamolo è un'operazione paraculo per i nostalgici di Lovecraft. Un film che mi è piaciuto ma che non accenna a provare minimamente a fare qualcosa di nuovo oppure originale.
E'un film affascinante per come riesca a gestire i reparti, creare tutte le suggestioni possibili su un'isola quasi deserta e creare quell'ostilità da parte di chi, come Innsmouth insegna, disdegna i forestieri impiccioni. L'inizio sembra Third Day. Poi nonostante nel film non accade poi quasi nulla è tutto legato all'ambientazione, la tempesta, la solitudine, la città deserta, la mancanza di pathos di personaggi equivoci, una coppia in cui lui sembra sempre fuori da tutto e dove Cthulhu sembra aspettare il momento giusto per impossessarsi di ciò che è suo dettando legge nell'evocativa scena nel pre finale.
In più la natura ostica come eco vengeance richiedendo la linfa vitale degli abitanti, uno spazio tempo che si è fermato, dove ogni cosa aspetta che gli venga dato il momento di esistere e muoversi, tutti elementi appena abbozzati ma alla fine funzionali alle leggi del film.
Alla fine è un film confezionato molto bene dove con una trama esile Keating Keating dopo essersi fatto le ossa con film del calibro di Pod e Carnage Park è bravo ad allungare il brodo ma dove arriva sicuramente alla sua opera migliore e meglio stilizzata rispetto ai suoi precedenti.

Sam was here


Titolo: Sam was here
Regia: Christophe Deroo
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Sam è un venditore porta a porta che viaggia attraverso il deserto della California in cerca di clienti, ma la zona sembra deserta. Nel frattempo sua moglie non risponda alle telefonate. E' come se tutti lo stessero evitando e il suo unico contatto con il mondo esterno è una stazione radio locale. Il conduttore, uno strano personaggio di nome Eddy, sta prendendo alcune telefonate che denunciano un assassino di bambini a piede libero, spingendo gli ascoltatori a dare la caccia all'uomo, senza esitare a ucciderlo. Ben presto, Sam realizza di essere considerato lui stesso il killer che tutti stanno cercando...
 
Sam was here è un film furbetto che riesce però nei suoi 100' a mettere insieme una bella atmosfera che per qualche strano motivo mi ha fatto venire in mente solo per qualche secondo uno dei miei cult di riferimento Wake in fright dove anche qui c'è una sorta di landa desolata che pur non essendo nelle outlands australiane si trova nel deserto americano tra case assemblate nel peggiore dei modi e camper lasciati a marcire al sole. Ed è qui che il nostro protagonista inizierà il suo calvario e la sua discesa all'inferno. Come diceva il buon Matheson in IO SONO LEGGENDA , il libro non quella schifezza di film moderno, la normalità è un concetto di maggioranza: la norma di molti è non quella di uno solo. Sam inizierà a delirare dopo la totale assenza di stimoli, di incontri, di umanità, ma presto scoprirà l'orrore di essere messo al patibolo come capro espiatorio e vittima sacrificale..il film gioca bene sul vero elemento ad effetto..sarà lui o non sarà lui il killer che tutti i redneck stanno cercando e a cui riserveranno un trattamento di riguardo sciogliendolo nell'acido?

venerdì 4 febbraio 2022

Raging fire


Titolo: Raging fire
Regia: Benny Chan
Anno: 2021
Paese: Cina
Giudizio: 4/5

Un'operazione sotto copertura viene attaccata da un misterioso gruppo di criminali guidati da Ngo. L'uomo è un ex poliziotto che cerca vendetta nei confronti di Yen, una volta suo mentore impagabile.

Il testamento di Chan non poteva essere da meno. Una carriera costellata da pellicole di grande impatto, action e polizieschi in tutte le varianti e poi molto altro ancora.
Qui ancora una volta se la trama contiene tutti i clichè possibili con situazioni retoriche e prolisse a restituire gloria e onore al film è la messa in scena e la ferocia dei suoi protagonisti dove ormai Donnie Yen tolti con molta difficoltà i panni di IP MAN riesce a ridare lustro ad un poliziotto ligio al dovere che sfugge da ogni tentativo di corruzione.
Senza provare a cercare nulla di anticonvenzionale ma spingendo tutto sull'action frenetico, il cinema di Hong Kong dimostra ancora una volta di essere tutt'altro che morto nonostante i prodotti orientali che arrivano dalla Corea del Sud, rimettendosi in pole position per quanto concerne la messa in scena e una tecnica con pochi eguali al mondo.

venerdì 21 gennaio 2022

Coming home in the dark


Titolo: Coming home in the dark
Regia: James Ashcroft
Anno: 2021
Paese: Nuova Zelanda
Giudizio: 3/5

Un insegnante di scuola è costretto a confrontarsi con un atto brutale del suo passato quando una coppia di spietati vagabondi porta lui e la sua famiglia in un viaggio da incubo.
 
L'esordio alla regia di Ashcroft nonostante segua una trama abbastanza scontata ha degli imprevisti interessanti, ovvero di come sviluppa alcuni meccanismi classici destrutturandoli e rendendoli funzionali dal punto di vista dei colpi di scena e di dove voglia andare a parare la trama.
Due specie di bifolchi che spuntano dal "nulla" a rovinare il picnic di una coppia con i loro due figli. Comincia subito l'incubo ma non si spiega perchè questa coppia di redneck sia così cattiva dal nulla senza spiegare il perchè di tanto rancore. Verrà sciorinato durante il decorso del film dove appare ovvio dal secondo tempo in avanti dove voglia andare a parare con un finale per nulla scontato e un abbondante dose di violenza che nonostante l'uccisione improvvisa dei due figli, diventa una sorta di testimonianza del dolore per chi come Hoaggie, il protagonista, è riuscito a vivere nell'ombra nascondendo le proprie e altrui nefandezze.


mercoledì 15 dicembre 2021

Casa de antiguidades


Titolo: Casa de antiguidades
Regia: João Paulo Miranda Maria
Anno: 2020
Paese: Brasile
Giudizio: 4/5

Cristovam lavora in un caseificio del ricco sud gestito da austriaci, ma lui viene dal nord del Paese dove la povertà lo ha spinto all’emigrazione. Vive da solo, con un cane. Ma nella sua casa si materializzano le memorie sepolte del passato, i riti antichi e le forme misteriose di una animalità che si fa umana.
 
Medium di una casa abbandonata, xenofobia, folklore, razzismo della società brasiliana, ritorno alle origini, maschere, senso di isolamento, capitalismo, contrasto nord-sud, ricchi-poveri, insomma l'opera dell'autore seppur con uno stile lento e minimale, riprende tutto un corollario di contenuti proponendo una storia misteriosa e silenziosa, con un protagonista che sembra sempre fuori dal tempo come se vivesse in un'altra dimensione.
Intellettuale anche se su un piano prettamente metaforico diventando solo nella seconda parte visionario e surreale con una società che sembra minacciare e minare costantemente la libertà del protagonista violando continuamente la sua privacy e la sua casa. Il film riesce con rimandi potenti e un uso meticoloso degli effetti speciali, in realtà poi solo l'ombra dell'animale totemico e quel luccichio negli occhi di chi riesce a mettere a fuoco Cristovan, a far sì che João Paulo Miranda Maria porti un altro ottimo esempio di cinema autoriale impegnato e politico dove negli ultimi anni i brasiliani stanno davvero dimostrando di aver tanto da dire e mettere in scena senza mai farsi prendere da sensazionalismi, ma rimanendo fedeli a delle storie classiche e più che mai catalizzatrici di mali sociali ancora molto radicati e intensi.

lunedì 4 gennaio 2021

Tecnica


Titolo: Tecnica
Regia: Clemente De Muro e Davide Mardegan
Anno: 2020
Paese: Italia
Festival: Torino Film Festival, Capri, Hollywood
Giudizio: 3/5

Un racconto di iniziazione: la storia di Leonardo, figlio di un pastore, e di Cesare, un turista appena arrivato in paese, che gli insegnerà le migliori strategie per approcciarsi con le ragazze.

Clemente De Muro e Davide Mardegan (Italia) sono un duo di registi che lavorano con il nome CRIC. Nati e cresciuti in Italia hanno costruito la loro carriera all’estero girando film pubblicitari. La loro collaborazione è iniziata durante gli anni universitari nella facoltà di Lettere e filosofia. Si sono fatti notare con il loro primo spot autoprodotto, patrocinato da Poste Italiane, grazie al quale hanno vinto vari premi in festival nazionali ed internazionali. La tecnica è il loro primo lavoro non pubblicitario è si potrebbe riassumere in una semplice log-line come a volte un po di cultura possa servire per fare colpo su una ragazza, in questo caso l'apnea di Leonardo, una ventina di secondi, e quella delle balene, riuscendo proprio con questa semplice informazione a suscitare interesse nei confronti di una ragazzina.



Silence(2020)


Titolo: Silence(2020)
Regia: Sean Lionadh
Anno: 2020
Paese: Gran Bretagna
Festival: Torino Film Festival, Capri, Hollywood
Giudizio: 3/5

Nell’isolamento del lockdown, un giovane uomo decide di restare in contatto con il mondo esterno attraverso i messaggi vocali dei suoi amici e dei suoi amanti. Quelle voci, però, che inizialmente sembrano riempire il silenzio e fargli compagnia, diventano sempre di più e sempre più cariche di sofferenza. L’uomo si trova così abitato da una moltitudine di solitudini. L’unica soluzione per placare quelle voci è trovare la propria attraverso la musica, e così ristabilire il silenzio.

11' in cui Lionadh ha filmato a Glasgow ciò che gli è successo, provando a dare una voce o meglio un silenzio alla crescita del disagio e della sofferenza. In un appartamento disordinato e nel caos, Lionadh sembra la dimostrazione di un disorientamento che aumenta con la condizione umana e l'incapacità di affrontare un disagio e saper leggere oltre. Allora ognuno trova un suo confinamento, Lionadh spegnendo i vocali e accendendo la musica.

Munhasir


Titolo: Munhasir
Regia: Yesim Tonbaz
Anno: 2020
Paese: Turchia
Festival: Torino Film Festival, Capri, Hollywood
Giudizio: 3/5

Rimasta sola dopo la morte della figlia per una lunga malattia, mentre cerca di accettare il dolore, Fazilet trova un pacco destinato alla figlia. In cerca di informazioni, busserà di porta in porta fino a trasformare il pacco nella cosa più importante della sua vita.

Fazilet incarna perfettamente la perdita, una tragedia che come madre incarna un trauma senza parole che la nostra protagonista decide di affrontare in una lunga peregrinazione cercando e ottenendo informazioni che possano almeno darle un barlume di speranza e il sollievo fino al climax finale. Un corto scandito da un montaggio preciso, un volto perfettamente segnato dal dolore e un'ambiente che risulta una metafora perfetta su come spesso la società attorno a noi dimentichi facilmente alcune ferite che semplicemente non scompariranno mai.



sabato 1 agosto 2020

Magari

Titolo: Magari
Regia: Ginevra Elkann
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Alma, Jean e Sebastiano sono tre fratelli molto legati tra loro che vivono a Parigi, nel sicuro ma bizzarro ambiente alto borghese della madre di fervente fede russo–ortodossa. La mamma decide di mandarli per qualche giorno da Carlo, il padre italiano, assente e completamente al verde. Lui, aspirante regista, non sa badare a sé stesso e ancor meno ai figli. I tre ragazzi sono costretti a passare le vacanze di Natale insieme a lui e alla sua assistente – nonché fidanzata – Benedetta.

Complicata vicenda d'amore attraverso lo sguardo di tre fratelli in particolare Alma e il suo flusso incessante di ricordi e pensieri. Un film minimale, molto personale, un'analisi lucida e con un impiego di una tecnica molto ricercata per un film che sembra una fotografia del passato.
Tra attori francesi e italiani si danno tutti man forte per dare linfa e poesia a una narrazione che mostra così tanti stati d'animo e il potere della famiglia e i legami che non spariscono lasciando cicatrici forti. Un film coraggioso che non risparmia un paio di scene di sesso, Benedetta che si lascia andare con Sebastiano, un linguaggio che non disdegna parolacce e momenti di rabbia tra Carlo e i suoi figli, rendendo l'atmosfera sempre pungente e sull'orlo di un dramma o un incidente che avviene sì ma in maniera velata come a puntare all'unione famigliare più che alla tragedia.
Magari come il titolo suggerisce è quell'intercalare che viene spesso usato e abusato dai suoi protagonisti più grandi che piccoli, più giovani-adulti che altro, diventando una sfrontata risposta a tutto quello che non va come dovrebbe ma che alla fine si lascia correre.
“Un film sull’idea di famiglia, non sulla famiglia” ha espressamente dichiarato la regista, descrivendo e convincendo con un film che non si prende troppo sul serio ma nella sua flebile ambizione riesce dove molte commedie sulla famiglia crollano, ovvero riuscire ad essere vero, sincero, diretto e commovente.

lunedì 23 marzo 2020

Papi Chulo


Titolo: Papi Chulo
Regia: John Butler
Anno: 2018
Paese: Irlanda
Giudizio: 4/5

Sean è un trentenne gay, fa il presentatore meteo per una stazione televisiva di Los Angeles ed è in crisi per una relazione terminata di recente. Dopo una crisi di pianto in diretta TV, viene costretto dalla direzione dell’emittente a prendersi dei giorni di vacanza e, con il pretesto di dover ridipingere il parquet del suo balcone di casa, arruola Ernesto, manovale messicano di mezza età sposato e con figli. Da qui inizia un rapporto d’amicizia alquanto improbabile tra i due

Papi Chulo è un film che in parte tratta la tematica queer e della gerontofilia in maniera approfondita, intensa, originale, ironica, drammatica e mai banale. Come potrebbe essere visto un rapporto tra un bell’uomo sportivo, giovane, elegante e ricco e un tuttofare messicano decisamente più anzianotto, di umili origini che sbarca il lunario come può?
C’è una scena che sembra gridare tutta la sua complessità e in parte anche il disagio. Un momento in cui da entrambe le parti vengono analizzate molto bene le reazioni dei due protagonisti ed è la festa gay dove Ernesto si guarda attorno incredulo parlando con ragazzi e uomini ma non sapendo l’inglese quindi annuendo ad ogni cosa che gli viene detta trovandosi come un pesce fuor d’acqua. Allo stesso tempo però per i soldi accetta qualsiasi cosa, ma Butler non cade mai nel patetico o nella faciloneria, dimostrando di non essere mai scontato intessendo sempre quella carica in più legata al rapporto tra i due, all’amicizia per superare il dolore e i monologhi di Sean che di fatto cerca qualcuno che non abbia per forza delle aspettative da lui. Papi Chulo è una piacevole sorpresa, fotografata magnificamente con paesaggi e una messa in scena molto limpida e pulita, senza macchie se non interiori come la scena in cui Sean ubriaco invita un uomo conosciuto sulla chat a casa sua per fare sesso non essendo assolutamente nella condizione per riuscirci.
Interessante poi il nome del film che gioca su un doppio significato tra pappone e papà.
I protagonisti sono straordinari riuscendo e dimostrando una sinergia attoriale che se non ci fosse stata da subito avrebbe sancito di fatto il fallimento di tutto il film. Butler poi si vede che conosce molto bene la commedia giocando molto sui tabù ma di fatto ponendo e vincendo la sfida più grande ovvero quella di non essere mai volgare.

mercoledì 22 gennaio 2020

Morris from America


Titolo: Morris from America
Regia: Chad Hartigan
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Morris Gentry è un 13enne afroamericano che da poco si è trasferito con il padre Curtis nella città di Heidelberg, in Germania. Oltre ai normali disagi legati alla pubertà, il ragazzo ha problemi di sovrappeso e di ambientamento ma, appassionato di musica hip-hop, sogna di diventare il nuovo Notorious B.I.G. Grazie alla complicità di suo padre, con cui condivide la passione per la musica, e all'aiuto di Inka, la sua tutor di lingua tedesca, Morris riesce ad andare avanti fino all'arrivo dell'estate, quando viene mandato a frequentare delle lezioni in un centro estivo per ragazzi

Morris from America è un film leggero e smaliziato, un joint alla Lee, tutto afro che combina bene commedia e dramma in un coming of age pieno di battute ironiche e dialoghi che funzionano e trasmettono molto in termini di pathos e contenuti.
Due target d'età diversa, un padre e un figlio che ci provano, con il primo che nonostante le difficoltà di essere solo e di cambiare mondo passando dall'America all'Europa, a conti fatti non smette mai di darsi delle colpe, di stare sempre dietro alle vicissitudini e alle difficoltà di un figlio che cresce cercando dei valori e una rete a cui aggrapparsi.
La musica come legame per creare rapporti amicali e non, la voglia di continuare a credere di poter essere qualcuno. Hartigan alla sua seconda opera sceglie un film squisitamente complesso nella sua semplicità, toccando un tema caro al cinema, ma che riesce vista la perfetta empatia e alchimia tra gli attori, a non apparire mai scontato o superficiale, ma solido e ironico anche in alcuni momenti intensi dove prevale il dramma puro inteso come elaborazione del lutto e della perdita

giovedì 24 ottobre 2019

Ride

Titolo: Ride
Regia: Valerio Mastrandrea
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Carolina è vedova da una settimana e non riesce a piangere. Seduta sul divano, assorta in cucina, in piedi alla finestra, scava alla ricerca delle lacrime che tutti si aspettano da lei. Anche Bruno, il figlio di pochi anni che sul terrazzo di casa 'mette in scena' i funerali del genitore. Nessuno, nemmeno il padre e il fratello di Mario Secondari, giovane operaio morto in fabbrica, sembra riuscire a fare i conti col lutto. Tra un occhio nero e una nuvola carica di pioggia, Carolina farà i conti con l'assenza.

Ride è l'esordio alla regia per Mastrandrea. Recita la compagna, la Martegiani, un'attrice che riesce in un difficile ruolo a dare una bella catarsi ad un personaggio complesso da mantenere per tutta la durata del film. Ride sembra il punto focale nella carriera di un attore che in questi anni si è confrontato diverse volte con il tema del dolore e della morte dopo aver dato vita nel 2005 ad un corto molto simpatico TREVIRGOLAOTTANTASETTE.
Il film della Golino del 2018 Euforia e poi lo stesso anno la serie tv LA LINEA VERTICALE.
Ride è un dramma sulle morti bianche, una denuncia sociale che presto però lascia il passo ad un quadro più intimista, un approfondimento psicologico sull'elaborazione del lutto, molto pacato, lento, minimale, un film che sembra un mosaico di sguardi lontani e bloccati dalla morsa della perdita, una morte prematura che il regista sgocciola poco alla volta concentrandosi sulle ultime 24 ore che precedono il funerale della vittima.
La galleria di personaggi che fanno visita a Carolina sembrano ancora più assenti della protagonista come se avessero loro per primi bisogno di essere sostenuti.
Il problema del film è legato ad un castrazione che sembra colpire e unire tutti in un pianto disperato e silenzioso che si cerca di non esternare, con il rischio e la sensazione che tutti siano stati troppo frenati e lasciati a fluttuare in una sorta di limbo.



sabato 15 dicembre 2018

Guilty


Titolo: Guilty
Regia: Gustav Moller
Anno: 2018
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5

Asger Holm è un agente di polizia che si è messo nei guai e per questo è stato confinato a rispondere al numero d'emergenza insieme a più anziani colleghi. Vive questo lavoro con insofferenza e agitazione, anche perché l'indomani lo aspetta il processo che deciderà della sua carriera. Quando riceve la telefonata disperata di una donna che dice di essere stata rapita, Asger decide di mettersi in gioco e fare il possibile, fino a scavalcare le regole, per non tralasciare alcuna possibilità. Il suo desiderio di redenzione si incaglia però in un caso che è molto più complesso di quello che sembra e le sue buone intenzioni rischiano di avere effetti controproducenti per sé e per gli altri.

Avete presente quella che forse negli ultimi anni è stata la sfida di diversi registi di girare un film in un'unica location con un attore e un telefono?
Locke in peso minore Compliance. L'esordio di Moller però ha su tutti una marcia in più. L'abilità del regista e dello sceneggiatore è stata in primis quella di ovviare verso il poliziesco che dalla sua riesce sempre a cogliere un intrattenimento maggiore viste le tematiche approfondite e se poi aggiungiamo un dramma famigliare con colpo di scena finale azzeccatissimo, una colpa inconfessabile, una lotta contro il tempo e un attore che ci crede fino alla fine abbiamo risposto a quasi tutte le domande. Un agente che ad un certo punto agisce senza seguire il protocollo finendo per prendere sul personale una vicenda, dove proprio il regolamento impone un certo distacco e una distanza, quando vengono alla luce alcuni particolari inquietanti diventa davvero difficile saper mantenere.
Un racconto minimale e originale che dimostra ancora una volta, è lo farà sempre finchè c'è del talento in giro e soprattutto delle buone idee, che è ancora possibile vedere delle scene di un film senza che siano state girate, solo attraverso le doti attoriali del suo protagonista. Una menzione particolare alla soundtrack dove il sonoro riesce a cogliere tutte quelle sfumature che servono ad ampliare la suspance della vicenda.







mercoledì 5 dicembre 2018

Tito e gli alieni



Regia: Paola Randi
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

C'è un professore napoletano nel deserto del Nevada che spende la vita ad ascoltare il suono dello Spazio alla ricerca di una voce. La voce cara della consorte morta diversi anni prima. Scienziato mesto a un passo dall'Area 51, segue un progetto, o almeno dovrebbe, per conto del governo degli Stati Uniti. Il suo torpore esistenziale è interrotto quotidianamente da Stella, giovane wedding planner per turisti che credono ancora agli alieni. Un pacco postale e una registrazione video gli annunciano un giorno l'arrivo di Anita e Tito, preziosa eredità del fratello morto a Napoli. Introverso e laconico, il professore si attrezza, letteralmente, per accogliere i nipoti. Anita ha sedici anni e sogna un tuffo in piscina con Lady Gaga, Tito ne ha sette e desidera sopra a ogni cosa parlare ancora col suo papà. Sorgenti formidabili di nuova energia, Anita e Tito riavvieranno il programma e il cuore dello zio.

Qualcuno ricorda Leggenda di Kaspar Hauser il cult italiano di Davide Manuli praticamente sconosciuto al genere umano. Ecco non saprei spiegare il motivo ma il terzo film della Randi per il suo essere totalmente slegato da tutto e artisticamente molto alternativo ha qualche piccolo aspetto in comune.
Location desertica e abbandonata, un cast tenuto in piedi da Mastrandrea e una storia abbastanza originale e di sicuro atipica.
Sembra quasi un'opera filosofica dove la speranza diventa il centro nevralgico del film.
Un'attesa nella fattispecie in cui ogni maledetto giorno potrebbe/dovrebbe arrivare o giungere un segnale dall'universo che dona il senso della durata del lutto. Ascoltare ogni notte in laboratorio la stessa traccia registrata sulla segreteria telefonica e misurare la forza della fissazione mortale.
Dalla solitudine iniziale del suo protagonista, il professore, che sembra l'unico ormai a credere in quell'assurdo progetto subisce ormai ai limiti della stanchezza e delle sopportazione l'arrivo di qualcosa che andrà a modificare la sua vita, le abitudini e gli agenti esterni con cui interagisce.
Un film che dalla metafora della ricerca degli alieni parla di sofferenza e solitudine e cerca in modo a volte ironico uno scontro generazionale tra chi ormai è abituato alla rinuncia e alla perdita e invece i giovani d'oggi che nella loro fretta e curiosità riescono a creare quel conflitto che può portare ad un cambiamento.




martedì 25 settembre 2018

Compliance


Titolo: Compliance
Regia: Craig Zobel
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Su Wikipedia, è diventato noto come lo "Strip search prank call scam". Per una decina d'anni, negli Stati Uniti un uomo ha chiamato ristoranti e tavole calde fingendosi un poliziotto e sostenendo che un'impiegata avesse rubato dei soldi o nascondesse delle droghe. Così, degli ignari (e un po' ingenui) dipendenti si ritrovavano a effettuare delle perquisizioni corporali su delle vittime innocenti. Ispirandosi a questi fatti reali, Compliance racconta questa storia inquietante.

Compliance è davvero una piccola sorpresina indie che dalla sua ha un impianto di scrittura intrigante e decisamente stimolante, capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo per decifrare tutta una serie di dialoghi che riescono a intrattenere creando una storia che ha dell'inverosimile contando che rimaniamo dall'inizio alla fine del film in un fast food.
Un film capace di montare l'ansia poco a poco immergendoci in questo psico dramma da camera dove fino all'arrivo del tono autoritario dell'agente passiamo velocemente a diventare anche noi ignare vittime costrette a subire violenze psicologiche e sevizie fisiche che sfocieranno in un vero e proprio abuso sessuale.
Il discorso di Zobel e parte degli intenti del film sono da riassumersi nella metafora politica ed economica che rimane alla base del film ed è forse l'elemento più inquietante ovvero
la cieca obbedienza dell'individuo comune ad una società eteronomica nel contesto realistico di un ambiente lavorativo dove precarietà, ricatto sociale contribuiscono a condizionare il criterio di giudizio e le scelte morali di individui asserviti ad un misterioso senso di obbedienza.
E allora tutti gli interrogatori diventano esempi mondani di come la società capitalista si prende o si arroga il diritto di trattare tutti come merce o come piccoli automi obbedienti e in fondo strumenti per il benessere della collettività. Un dramma forte ed esplosivo che sottolinea come spesso la realtà, appunto in questo caso, supera la fantasia o idee strampalate ed inverosimili.




mercoledì 7 marzo 2018

Lady Macbeth


Titolo: Lady Macbeth
Regia: William Oldroyd
Anno: 2016
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

La giovane Katherine vive reclusa in un gelido palazzo isolato nella campagna, inchiodata da un matrimonio di convenienza, evitata dal marito, disinteressato a lei, e tormentata dal suocero che vuole un erede. La noia estrema e la solitudine forzata spingono Katherine, durante una lunga assenza del marito, a avventurarsi tra i lavoratori al loro servizio e ad avviare una relazione appassionata con uno stalliere senza scrupoli. Decisa a non separarsi mai da lui, folle d'amore e non solo, Katherine è pronta a liberarsi di chiunque si frapponga tra lei e la sua libertà di amare chi vuole.

Lady Macbeth è un esordio squisitamente malvagio di uno stimato regista teatrale.
Lady Macbeth poi è uno dei personaggi femminili più completi e meglio delineati della drammaturgia shakespeariana.
Un dramma in costume potente in cui il bisogno principale non era certo quello di fare un film accomodante ma anzi rendere la natura umana il più controversa possibile alterando scenari che di fatto propongono al di là della sobria campagna inglese, quasi sempre la stessa location ovvero un maniero ottocentesco affascinante in cui la servitù viene addirittura appesa nuda ad un cappio come i maiali da parte degli stessi contadini poveri che non sanno come passare le giornate.
Crudo, minimalista, geometrico e astuto nonchè di un fascino e di una rara capacità di spostare e usare pochissimo la camera da presa grazie ad inquadrature perfette e quasi tutte ferme come a ribadirne tempi, dilatazioni e misure.
Un debutto impressionnate per un film crudele che mostra ancora una volta le differenze tra le classi sociali, la nascita dell'arroganza della dark lady ingenua che diventa perversa e di come la borghesia
non diventa solo il pretesto per il conflitto ma la rappresentazione di una battaglia tra i sessi che pone la mente algida e calcolatrice della protagonista la vera arma terribile capace di usare come pedine chiunque le capiti a tiro a partire dal sesso che quando viene finalmente sdoganato (contadino=vittima sacrificale che in quanto persona umile deve essere sacrificata e diventare il vero capro espiatorio) non diventa più un taboo ma una calamita, una droga inarrestabile che ha il solo compito per Katherine di riempire un vuoto profondo.


venerdì 5 gennaio 2018

Tesnota

Titolo: Tesnota aka Closeness
Regia: Kantemir Balagov
Anno: 2017
Paese: Russia
Festival: 35°Torino Film Festival
Giudizio: 4/5

Siamo a Nalchik, nel Caucaso settentrionale, l’anno è il 1998. Ilana, 24 anni, aiuta il padre nella sua officina. La sera, dopo che in casa viene festeggiato il fidanzamento del secondogenito Davis, il ragazzo viene rapito insieme alla sua amata.
La comunità ebraica di cui entrambe le famiglie fanno parte si riunisce per provare a racimolare i soldi necessari per pagare il riscatto. Ma non bastano. Che cosa è disposta a fare la famiglia di David per salvare suo figlio?

Tesnota è stata sicuramente una delle sorprese dell'ultimo TFF. I perchè sono tanti oltre ad aver un giovane mestierante alla sua prima regia sotto la benedizione di Sokurov.
Un'apparente giallo che nasconde in realtà una critica molto ampia sulle tradizioni e sulla vita in una zona rurale del Caucaso settentrionale capitale della Repubblica Autonoma di Kabardino-Balkaria, Nalchik – seppur non direttamente – osservava con molta attenzione l’intensificarsi del secondo conflitto ceceno (nel film vengono mostrati alcuni videotape a dir poco estremi di alcune uccisioni) e, seppur da sempre integrati nel tessuto sociale del posto, gli ebrei preferivano – diciamo così – non dare troppo nell’occhio.
Un paese dove se è vero che la guerra è finita (i video sulle uccisioni dei Ceceni sono a dir poco estreme, quasi degli snuff movie) dall'altro la tensione, la paura e il paradosso che alcune minoranze si trovano a dover affontare a causa di conflitti passati e di un odio e di un pregiudizio che forse non guarirà mai sono elementi che il regista non trascura mai.
Al centro della vicenda c'è lei Ilana, una giovane protagonista che sembra assorbire tutta la vicenda trasmettendo enfasi ed empatia in ogni sua espressione. Ed è proprio lei, giovane ragazza ribelle, a cercare di portare un piccolo cambiamento senza mai aver paura delle azioni e del fatto che essendo ebrea continua a non essere vista di buon occhio dagli amici del ragazzo di differente etnia.
Allo stesso tempo tutta la dinamica del rapimento e della difficoltà a riprendersi il proprio figlio, Balagov ne è interessato ma sotto un altro profilo senza seguire quasi mai l'aspetto dell'indagine ma muovendo gli attori e soprattutto Ilana verso altre destinazioni a cui il rapimento è collegato.
E' un film che mostra anche tutti i ruoli all'interno del nucleo con un padre più permissivo a differenza di una madre che detta le regole e non vede di buon occhio la vita "trasgressiva" che Ilana cerca con gli amici.
E alla fine, sarà proprio a lei, Ilana, che verrà chiesto il sacrificio maggiore per poter riabbracciare David. Ma, anche stavolta, la giovane ribelle farà la sua mossa in modo come sempre imprevedibile, sacrificando(si), certo, ma scegliendo lei in che modo.