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lunedì 19 marzo 2018

Smetto quando voglio- Ad Honorem


Titolo: Smetto quando voglio- Ad Honorem
Regia: Sydney Sibilia
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

È passato un anno da quando la banda di Pietro Zinni è stata colta in flagranza di reato nel laboratorio di produzione Sopox e ognuno dei suoi componenti rinchiuso in un carcere diverso. Da Regina Coeli Pietro continua ad avvertire le autorità che un pazzo ha sintetizzato gas nervino ed è pronto a compiere una strage, ma nessuno lo prende sul serio. Dunque si fa trasferire a Rebibbia per incontrare il Murena, che ha informazioni utili a intercettare lo stragista. Dopodiché Pietro intende rimettere insieme la banda di ricercatori universitari: le menti più brillanti in circolazione in perenne stato di disoccupazione (o detenzione).

Girato assieme a Smetto quando voglio-Masterclass il terzo film di Sibilia sui ricercatori che creano smart drugs arriva al terzo capitolo ovvero quello finale. Alla fine del secondo, i prof ci avevano lasciato con Lo Cascio pronto a prendersi la rivincita con una vendetta nei confronti delle istituzioni universitarie.
Scopriamo il perchè, nel mentre Murena diventa un tassello del film importantissimo, l'azione sorprende, il gruppo abbassa un po la cresta, Leo tiene le redini di tutta la baracca e per finire la sceneggiatura diventa il cordone ombelicale forse staccato troppo prematuramente.
Ad Honorem funziona come il suo predecessore, forse pure meglio per quanto schiaccia il pedale dell'azione, ma porta su di sè alcuni pesi che sembrano macigni come la storia di Walter Mercurio che proprio non si può sentire per quanto di una banalità esagerata.
Senza contare il piano finale per sventare l'attentato, il film ancora una volta funziona più per i dialoghi e la buona miscela tra gli attori che non invece sulle parti drammatiche che non riescono ad essere significative. Lo humor prevale e forse è meglio così per una trilogia che strizza l'occhio alle produzioni americane, ai colpi di Ocean senza essere così elegante e paraculo e allo stesso tempo facendo una metafora comunque divertente ma al contempo drammatica su tanti ricercatori che nel nostro paese fanno la fame o peggio vengono trattati come pecore.