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venerdì 13 settembre 2024

Dead don't hurt


Titolo: Dead don't hurt
Regia: Viggo Mortensen
Anno: 2023
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

The Dead Don't Hurt, ambientato negli anni Sessanta del XIX secolo, racconta di Vivienne, che inizia una relazione con l'immigrato danese Holger Olsen. Dopo averlo conosciuto a San Francisco, Vivienne accetta di trasferirsi con lui nella sua casa vicino alla tranquilla cittadina di Elk Flats, dove iniziano una vita insieme. La guerra civile però li separa, lasciando Vivienne a cavarsela da sola in un territorio controllato dal potente proprietario di ranch Alfred Jeffries e da suo figlio Weston.

Dead don't hurt è il secondo film alla regia di Mortensen. Apparentemente con le sembianze di un western classico, in realtà il film sembra voler raccontare molto di più. Soprattutto è prima di tutto una grande storia d'amore, di indipendenza, di emancipazione, di vendetta e di una donna alla ricerca della propria autonomia in un mondo misogino dove non è consentito mostrare la propria indole. Seppur lento, il film procede esplorando sempre sentieri e orizzonti diversi, cercando la terra promessa quando non esiste, la casa solitaria in Nevada, cercando sempre di tirare fuori un sorriso quando si avverte una minaccia onnipresente legata proprio al controllo di una certa parte di borghesia ai danni della donna e dei più poveri costretti ad auto imputarsi delle colpe per non far pagare i reali colpevoli. Nel film c'è pochissima azione, centellinata, per renderla più vivida e funzionale come l'incontro finale tra Weston e Holger, così come le angherie subite da Vivienne e lo stesso strano rapporto che si crea e che lega padre e figlio e il percorso di formazione di quest'ultimo orfano di madre. In numerose scene Mortensen deve aver fatto un lavoro artistico ed estetico legato alla fotografia enorme perchè sembra proprio di vedere dei quadri per un artista che tra le sue mille intuizioni è anche un pittore di un certo livello

Chiamavano Trinità


Titolo: Chiamavano Trinità
Regia: Enzo Barboni
Anno: 1970
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Trinità ritrova il fratello lestofante che, sceriffo, sta preparando un furto di cavalli ai danni di un ricco allevatore. Costui, a sua volta, sta tentando con i suoi sgherri di far sloggiare una comunità di mormoni da una zona su cui ha delle mire. Trinità, innamorato di una ragazza mormone, organizza la resistenza dei coloni che non portano armi per scelta religiosa.
 
Terence Hill, Trinità, al netto di tutto possiede una delle più grandi facce da schiaffi della storia del cinema. Quell'aria provocatoria che sembra sempre potersi permettere di prendere in giro tutto e tutti è da antologia. L'operazione muove di nuovo la nostra coppia temeraria in un film che sorprende per quanto poteva rischiare di essere un flop clamoroso contando che il western ormai stava diventando inflazionato e l'idea di avvicinarlo sul genere della commedia caricaturale poteva avere ben altri esiti. Invece vuoi le trovate, l'ironia, la freschezza, il ritmo, le scene epiche d'azione, la soundtrack, gli scontri nei saloon e molto altro ancora hanno dato solidità ad un film che di fatto ha saputo diventare un piccolo cult nella memoria di tanti cinefili.


Continuavano a chiamarlo Trinità


Titolo: Continuavano a chiamarlo Trinità
Regia: Enzo Barboni
Anno: 1971
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Nuova avventura di Trinità e Bambino, i due fratellastri maestri nei pugni, nell'uso della Colt e nell'imbroglio dei "desperados". Hanno promesso al padre moribondo di smettere di aiutare il prossimo e di fare d'ora in avanti i bravi banditi. Ma non c'è niente da fare: la loro indole è buona. Quando giungono a Tascosa e s'imbattono in un certo José, in apparenza gran gentiluomo, in realtà capo di una banda di contrabbandieri, non resistono alla tentazione di raddrizzare i suoi molti torti, guadagnandosi così la gratitudine dei cittadini e di una banda di attori ambulanti cui hanno più volte salvato la pelle

Così come il precedente, anche questo sequel, stessa formula non si cambia, riprende dopo il successo enorme del primo capitolo. I fatti continuano da dove gli avevamo lasciati è in questo caso contando come l'impianto dovesse rimanere tale, inserendo solo alcuni personaggi e aiutanti in più, il film sembra buttarla più sulla comicità del buddy movie piuttosto che su toni un pò più seriosi da western che il primo garantiva. E' vero che quando si parla di Bud Spencer e Terence Hill spesso il pubblico è diviso tra coloro che apprezzano maggiormente i lor film spaghetti-western e chi invece preferisce altri loro classici perchè di fatto la loro filmografia è una sorta di unicum nel nostro paese e devo dire che non sono di certo tra i suoi fan più sfegatati tant'è che ci ho messo un bel pò di tempo prima di concedermi questo duo di film che andava sicuramente visto per tanti motivi.

venerdì 9 agosto 2024

Mio nome è nessuno (1973)


Titolo: Mio nome è nessuno (1973)
Regia: Tonino Valerii
Anno: 1973
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Nessuno è un abile pistolero ma è anche pronto alla beffa. Il suo modello è Jack Beauregard, al quale propone un'impresa leggendaria: sterminare il Mucchio Selvaggio, e cioè 150 fuorilegge che seminano il terrore.
 
Valerii seconda linea di Leone gira con l'aiuto del maestro e le musiche stupende di Morricone il suo meta western dove ormai dopo John Ford e alcuni miti il western è stato del tutto sdoganato anche in Europa rendendo il genere accessibile alle nuove generazioni. Girotti/Hill continua tre anni dopo il suo più grande successo CHIAMAVANO TRINITA' e CONTINUAVANO A CHIAMARLO TRINITA' a trovare una miniera d'oro in queste trasposizioni con un personaggio all'apparenza semplice ma molto deciso e inarrestabile. La trama è forse l'elemento che ha meno da dire ma la scena della sparatoria finale vale da sola il prezzo del biglietto e Henry Fonda da solo trasforma l'intera operazione del film dando lustro, eleganza e spessore al tono e alla drammaticità della pellicola.

mercoledì 3 luglio 2024

Los Colonos


Titolo: Los Colonos
Regia: Felipe Gálvez, Felipe Gálvez Haberle
Anno: 2023
Paese: Cile
Giudizio: 4/5

Cile, inizio del XX secolo. Un facoltoso latifondista assume tre uomini a cavallo per delimitare il perimetro della sua vasta proprietà e al contempo inaugurare una rotta verso l’Oceano Atlantico attraverso le sterminate distese della Patagonia. Composta da un giovane mezzosangue cileno, un mercenario americano e da un tenente britannico, che ne è anche il comandante, la spedizione si trasforma presto in una missione «civilizzatrice».

«Gli eventi narrati nel film non rientrano nella storia ufficiale del Cile, né sono inclusi in qualsivoglia programma scolastico. Non avevo mai sentito parlare del genocidio del popolo Selk’nam, chiamato dai bianchi del nostro paese Ona, fino a quando quindici anni fa ho letto l’articolo che menzionava questa verità nascosta. A scuola apprendiamo la storia del Cile fino al 1973, non si fa menzione della dittatura militare che ne seguì. Ancora oggi non esiste una versione ufficiale della storia del regime autoritario. Raccontare quella storia è dunque un obiettivo degno di essere perseguito? E, cosa ancora più importante, come si può raccontarlo? Queste domande mi hanno condotto a riflettere sugli eventi precedenti, all’inizio del XX secolo, che furono parimenti trascurati. Che cosa accade a un Paese quando un’intera pagina della sua storia viene cancellata?».
Ed effettivamente quando mai si sente parlare del Cile, della sua storia, degli aborigeni, delle conquiste e dei genocidi. Los Colonos è un film storico pazzesco e molto accurato che ci porta alla scoperta di luoghi incredibili, di colori, forme, avamposti, personaggi al limite del disumano come il colonnello Martin e la sodomia, l'autoritarismo di Menendez che nascosto nel suo castello osserva i fantasmi del passato, di un giornalista che non è chiaro quale causa abbia in mente come Vicuna e di uno stranissimo trio alla conquista di una nuova rotta dove Segundo comprenderà la crudeltà dell'uomo bianco. Con un finale semplicemente fantastico e marcatamente di intento politico nella sua plateale denuncia, quell'abnegazione di Kiepja rappresenta la rabbia e la ribellione di tutto il suo popolo Selk'nam.

domenica 19 novembre 2023

Strange way of life


Titolo: Strange way of life
Regia: Pedro Almodovar
Anno: 2023
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Silva attraversa il deserto per raggiungere colui che è stato suo compagno di avventure e amante Jake. I due non si incontrano da venticinque anni e ora il secondo è diventato sceriffo. La passione tra loro non si è mai davvero estinta ma Jake sospetta che il vero motivo di questo incontro sia un altro.
 
Una storia gay ambientata nel western. Un mediometraggio dove Silva per salvare la vita di suo figlio dall'arresto imminente del suo amante ricorrerà a tutto.
Una storia già vista e rivista attraversata da quel pathos inestinguibile dell'autore spagnolo dove dal cowboy che suona la chitarra ad alcune confessioni d'amore viene siglato il suo marchio di fabbrica. Grazie a due attori che non hanno bisogno di presentazioni, Almodovar filma un esercizio di stile come a dire guardate cosa ancora non avevo fatto e presentando una storia di fatto banalissima diretta tecnicamente molto bene e quasi inverosimile per quanto sia così esageratamente patinata.

domenica 20 novembre 2022

Terror on the prairie


Titolo: Terror on the prairie
Regia: Michael Polish
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Nelle pianure del Montana una donna deve proteggersi da una banda spietata di fuorilegge che cercano vendetta.
 
Revenge movie e western. Un sodalizio che da sempre tende a rincorrersi dove il film di Polish non fa differenza in merito sfruttando quasi un'unica location, una sorta di baracca dove un capo famiglia nasconde un segreto e decide di rintanarsi lì con la moglie e i due figli (un maschietto e una femmina in fasce). Siamo nel post guerra di secessione dove i ribelli girano armati e pericolosi facendo incetta di scalpi di poveri soldati attaccandoli come trofei sui propri cavalli. Ed è proprio questo l'elemento che farà venire i dubbi alla nostra eroina che pur di difendere il proprio amor per la patria e la famiglia si metterà da sola contro una banda di incalliti criminali arrivando a dar fuoco alla casa a prendersi pallottole, ad attraversare il guado e vedere sacrificati i prori amici.
Un film che vive tanto di espressioni, di silenzi, di scenografia e costumi, dove purtroppo il ritmo a volte stenta a decollare rimanendo troppo ingessato soprattutto per la sua durata. Non mancano i bei momenti, uno su tutto l'incontro con gli indiani dove la protagonista deve cucire una brutta ferita ad una ragazza con l'ago a freddo tra le urla e i fiumi di sangue, ma nemmeno quella difficoltà a puntare di più sulla caratterizzazione dei personaggi e in particolare a quel sacrificio che lega indissolubilmente il capo famiglia al leader dei criminali per quel sacrificio da vendicare a tutti i costi.

domenica 18 aprile 2021

Mio corpo vi seppellirà


Titolo: Mio corpo vi seppellirà
Regia: Giovanni La Parola
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

1860, nel Regno delle due Sicilie, all'alba dello sbarco delle truppe garibaldine, in una terra ancora senza legge, quattro bandite chiamate le Drude sono alla ricerca della loro personale vendetta. E di sangue ne scorrerà tanto.
 
Donne, donne e ancora donne. Incazzate peraltro e pronte a tutto e disposte a fare anche di peggio pur di difendere i propri ideali e farla pagare a chi di dovere.
Il mio corpo vi seppellirà è un film sui generi, un western che strizza l'occhio al passato con un budget importante ma non faraonico, figlio di una produzione che non vanta i soliti nomi noti che detengono il potere e forse proprio per questo, riesce in un'impresa davvero ambiziosa e tutt'altro che semplice.
Quando vidi tempo fa il trailer avevo paura che fosse una cagata pazzesca, certo con qualche buon intento ma in fondo amatoriale quando vedevo un massiccio impiego di effetti speciali e c.g.
Invece così non è stato. Figlio di un intrattenimento disimpegnato ma in grado di non mollare mai la presa, l'esordio di La Parola, è un altro di quei tasselli che vogliono insistere sul fatto che anche in Italia con i dovuti limiti di budget esiste un certo cinema di genere.
Sboccato, violento, ricco di dialoghi scoppiettanti e un uso modellato dei vari dialetti, con una galleria di personaggi spietati, da brigantesse a soldati caduti in disgrazia, bifolchi, rapitori e poi i Savoia che rappresentano la ciliegina sulla torta per nefandezze e loschi piani. La trama a suo modo lineare cerca di adottare una struttura mai troppo scontata con flash back e sezioni temporali alternate, create a tavolino per dare maggior ritmo e serrare un montaggio in alcune parti piuttosto elaborato e intriso di combattimenti e sparatorie.
Un revenge movie che nel climax finale rivelerà gli intenti della protagonista e il suo piano con una preparazione mai macchinosa ma che bisogna ammettere carente in alcuni passaggi di una sceneggiatura fluida rimaneggiata in fase di post produzione da tanti accessori tecnici sempre con l'obbiettivo di rendere il quadro generale quanto più dinamico possibile.

giovedì 15 aprile 2021

News of the world


Titolo: News of the world
Regia: Paul Greengrass
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Nel 1870, nel Texas ancora ferito dalla sconfitta nella Guerra civile, Jefferson Kyle Kidd, ex capitano dell'esercito confederato, gira di città in città per leggere ad alta voce, durante affollatissime assemblee, le "notizie dal mondo" pubblicate sui giornali americani. Durante un trasferimento si imbatte nell'unica sopravvissuta all'agguato a una carovana, una bambina di origine tedesca vestita come una indiana. Il nome della bambina è Cicada, e prima ancora Johanna, orfana di una famiglia di coloni sterminata dai Kiowa e poi adottata dalla tribù. Deciso a consegnarla a un avamposto dell'esercito, Kidd sarà invece costretto ad accompagnare la bambina da alcuni suoi zii nel nord dello stato, attraversando con lei un territorio selvaggio e pericoloso.
 
Quando ci si trascina di città in città a portare notizie dal mondo ci si può imbattere in una causa che darà finalmente uno scopo alla propria vita. News of the world è un film molto equilibrato, un western tradizionale e monumentale, lineare e solido che non cerca mai sensazionalismi e anche gli incidenti o il climax appaiono sempre adeguati e mai esagerati come in una trama di questo tipo ci si poteva aspettare.
Hanks come tutti i veterani porta sulle spalle tutto il peso del film con poche e sofferte espressioni. Per tutto il resto ci pensa una bambina Helena Zengel assolutamente meravigliosa e delle location che catturano l'occhio e sorprendono per bellezza e magnificenza.
E'un film solitario che piega i destini dei poveri cittadini in destini ineluttabili, mostrando come il concetto di giustizia e la difesa degli abitanti, dai soprusi dei bifolchi o di tiranni improvvisati, crei dei sipari davvero drammatici come la fuga di Jefferson e Cicada da tre redneck che vogliono a tutti i costi la bambina.
Una fuga e una battaglia che riesce davvero a mostrare la disperazione a cui arrivano certe persone pur di accaparrarsi ciò che vogliono arrivando a lottare con i denti.
Un film che non abusa mai della violenza, preferendo puntare su tensione sottesa a sguardi, mura macchiate di sangue e frasi non dette, in grado di regalare quadri magnifici e immagini iconiche di una brutalità senza eguali come quando Jefferson torna a vedere come sta Cicada nella nuova famiglia e la trova come una bestia legata ad un albero vicino agli animali, oppure tutto un rapporto in cui i due protagonisti non si capiscono perchè parlano lingue diverse e via discorrendo.

sabato 1 agosto 2020

Pronti a morire

Titolo: Pronti a morire
Regia: Sam Raimi
Anno: 1995
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il dispotico ras di Redemption organizza un torneo a eliminazione di sedici duelli alla pistola.

Sam Raimi è un regista che stimo molto avendo dato vita a capolavori intramontabili e cult di tutto rispetto. Come molti autori ha avuto un incursione nell'universo Marvel prendendosi le sue giuste distanze, dimostrando di saper essere un artista in grado di sguazzare perfettamente tra film d'azione e horror originali e pieni di ritmo o come in questo caso omaggi profondi e di solo intrattenimento e non così originali come darsi allo spaghetti-western.
Pronti a morire a parte essere una parata di star è un film in fondo già visto con un torneo tra pistoleri per vedere chi sia il migliore, con l'antagonista perfido e glaciale (Hackman che vola alto sopra tutti gli altri attori) facendo una sorta di ricalco parodistico sui film di Leone in primis e attingendo a piene mani dai classici stereotipi del genere, riproponendo formule già viste con tanta azione fracassona, buchi nelle teste e di fatto un ritmo che non rallenta mai dando almeno azione a profusione a raffica senza mai fermarsi per quanto i personaggi siano molto stereotipati e i dialoghi tagliati con l'accetta.
Pur non dicendo molto, riesce ad essere semplice, d'effetto e divertente, vedere così tanti buoni attori fa sempre piacere, in più era uno dei momenti in cui Sharon Stone (una delle più belle attrici del cinema di sempre) era lanciatissima in carriera arrivando a co-produrre il film di cui è protagonista assoluta.

sabato 16 maggio 2020

True history of Kelly Gang


Titolo: True history of Kelly Gang
Regia: Justin Kurzel
Anno: 2019
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Australia, 1867. Ned Kelly è un bambino nel mezzo del nulla dove la madre vende il suo corpo per denaro e il padre sta a guardare. È un'infanzia brutale la sua, spesa su una terra arida e venduta a un bandito ubriacone che ha deciso di farne un uomo. Rientrato cresciuto (e vissuto) in seno alla famiglia qualche anno dopo, Ned deve decidere che tipo d'uomo vuole diventare. Provocato da un poliziotto pappone e da una madre che ama visceralmente, il ragazzo sposa la 'causa irlandese' contro il nemico inglese

Kurzel è un regista che ho sempre tenuto d'occhio. Il suo esordio Snowtown Murders era un pugno allo stomaco fortissimo sui rapporti sociali e famiglie disfunzionali. Un dramma sociale che sfociava nell'horror per parlare di un serial killer. Il suo penultimo film è stato ASSASSIN'S CREED (che proprio non sono riuscito a vederlo).
E poi arriva questo True History of the Kelly Gang, il suo top, la sua opera migliore, matura, energica, drammatica e grottesca. Un film complesso maturo, viscerale che non si limita a inquadrare le gesta di Edward Ned Kelly, ma riesce ad espandere fino ad arrivare a coglierne tutte le "maestranze" dal tessuto sociale, l'umanità corrotta folle e perversa, l'ambiente, le difficoltà, una terra dominata da estranei tra aborigeni e coloni, le classi sociali che rivendicano diritti mai esistiti. Insomma esamina molto di più di quanto ci si poteva aspettare, lasciando la gang di Kelly solo per l'ultima mezz'ora.
Il protagonista è pluri stratificato risultando a tratti consapevole e non, messo in mezzo ad un intricata ragnatela tra forze dell'esercito, nuclei familiari, e tanto altro ancora passando da un estremo all'altro nel suo essere contraddittorio, folle e radicale e non sapendo mai fino ad un punto cruciale da che lato schierarsi e come far rispettare il suo ideale di giustizia.
In un'epopea matriarcale dove la figura più disfunzionale risulta proprio il punto di forza è la vera debolezza di Ned ovvero sua madre, Kurzel stilizza e sporca allo stesso tempo un western estremo e allucinato dove il dramma nell'atto finale diventerà tragedia pura, una lotta contro i mulini a vento di un manipolo di disperati che trovano rifugio e desolazione nella foresta di "Sherwood" prima di fare i conti con un male che semplicemente non possono contrastare.
Il cast merita una menzione speciale perchè chiama in cattedra la meglio gioventù e la vecchia scuola australiana con i migliori George MacKay ispiratissimo che sembra una bestia incontenibile un Peter Pan e Robin Hood fusi assieme e a spronarlo la miss Babadook per eccellenza Essie Davis che continua a stupire per stile, bravura e seduzione mettendo a sedere tutta la pletora maschile. Subito dopo Russel Crowe, Nicolas Hoult (mai così figlio di puttana) assieme a Charlie Hunnam.
True history of Kelly Gang è impregnato di così tante atmosfere dove a svettare su tutte è questa sorta di barbaresco punk abbinato alla stravaganza della gang con l'atteggiamento accusatorio verso l'autorità dove nel combattimento finale diventerà un grido di speranza e libertà messo a tacere da un'elite di potenti che semplicemente strappano l'essenza anarchica alla radice.


sabato 16 novembre 2019

Wind(2018)


Titolo: Wind(2018)
Regia: Emma Tammi
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Una donna si trasferisce in un luogo isolato in cerca di una nuova vita. Per lei la realtà si trasformerà in incubo.

Il fatto che negli ultimi anni l'horror abbia come protagoniste personaggi femminili è un fatto innegabile. Una fortuna direi..
La Tammi sembra volerci dire che l'orrore può arrivare dappertutto, anche in lande desolate dove non sembrano quasi esserci nemmeno alberi e anima viva, fatta eccezione per una coppia da poco arrivata, qualche animale della fattoria, un prete e un branco di lupi.
Tammi gira un western horror, un thriller psicologico sospeso tra allucinazioni e presenze soprannaturali, tra fobie e credenze, ritagliato su pochi personaggi portandoli all'isteria, in particolare le donne perchè loro sanno, credono e sentono mentre i maschi no.
Con una resa visiva coinvolgente e attenta, il film parte in maniera minimale cercando i dettagli e gli sguardi profondi di Lizzy vera protagonista della pellicola, su cui il film si concentra, la quale inizierà un vero e proprio calvario, un viaggio nell'orrore cercando di raccapezzarsi e cercando di capire chi sono veramente le persone che gli stanno attorno.
Demons of the Prayer, libri, entità oscure che poi diventano quattro tipologie di demoni differenti, tutto lascia ben sperare nell'inserire nuovamente questo calderone ai giorni nostri visto che la maggior parte degli horror moderni e commerciali trattano l'argomento come se fossero mele ad un bancone della frutta.
La Tammi deliziosamente non ci fa vedere quasi niente ma ci porta a comprendere il dramma che sta avvenendo. Porta a casa una scena squisita, nel primo atto, che ricorda il finale di VVitch dove presumiamo di vedere quella cosa anche quando la visione è coperta e celata. Il tempo, vero fattore che mette i bastoni tra le ruote, non segue un percorso lineare o razionale con salti temporali che però non sono nemmeno così complessi ma che incidono sul ritmo e sull'immedesimazione legata a quanto sta succedendo. Qualche elemento sconclusionato c'è, lo script per quanto accattivante compie alcune ingenuità, ma senza esagerare mai, tenendosi il fucile sempre vicino.
Wind abbatte alcune porte, cerca un sodalizio nel genere con protagoniste per lo più femminili e ha qualcosa, nel suo essere estremamente indipendente e autoriale che fa sempre piacere visionare.
Un film che parte molto lentamente concentrandosi sulle scene partorite come veri e propri quadri con pochissima e centellinata azione, puntando molto sulla suggestione con alcuni momenti decisamente notevoli e qualche colpo di scena abbastanza inaspettato.





giovedì 24 ottobre 2019

Afro Samurai

Titolo: Afro Samurai
Regia: Fuminori Kizaki
Anno: 2007
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 5
Giudizio: 3/5

In un Giappone futuristico con in vigore ancora il sistema feudale, si dice che colui che brandirà la fascia chiamata Numero 1 sarà il combattente più fiero al mondo e avrà tra le sue mani un potere al pari di quello degli dei. Il solo modo per ottenere tale fascia è quello di sfidare il possessore attuale in un combattimento. Tuttavia, soltanto chi possiede la fascia Numero 2 può permettersi di sfidare il possessore di Numero 1, mentre chiunque può fronteggiare chi tiene con sé la Numero 2, rendendo il possessore di questi condannato ad affrontare continue lotte. Tra le montagne, il combattente Justice, indossante la fascia Numero 2, duella con il possessore di Numero 1, Rokutaro, il quale rimane decapitato durante la lotta prima che l'avversario entri in possesso della sua fascia. Afro Samurai, figlio di Rokutaro, è testimone del combattimento e giura vendetta contro Justice, che gli dice di cercarlo solo quando sarà "pronto per fronteggiare un dio".

L'incidente scatenante di questa breve mini serie di cinque episodi mi ha ricordato il duello tra Roland e O'Dim, diciamo lo scontro tra il bene e il male che il cinema in modi diversi ci ripete sovente sotto profili diversi.
Western post-apocalittico con sprazzi di universi conosciuti e in parte bazzicati.
Duelli e scontri che sembrano ricordarci a partire dai film di Kurosawa, lo stile di Mahiro Maeda visto nella clip del film di Tarantino, e tante altre maestranze e una libertà che riescono a dare quel tocco di personalità ad un soggetto che è un pretesto per un revenge-movie dove Numero 2 dovrà affrontare tutti i nemici per diventare il Numero 1.
Afro Samurai ha avuto una gestazione molto importante, illustrato da Takashi Okazaki, uscito nel 2000 per la Panini Comics come manga, nel 2007 , grazie alla produzione dello studio giapponese Gonzo è finalmente uscita la miniserie anime divisa in cinque puntate con musiche del rapper e produttore Rza del Wu-Tang Clan.
Violenza a profusione, sentimenti pari a zero come quasi i dialoghi, un ritmo adrenalinico, invenzioni visive interessanti, personaggi stilizzati al massimo con alcune contaminazioni funzionali (come il protagonista afro con lo slang tipico dei gangster e dei rapper statunitensi) il taglio spettacolare dei disegni, Samuel Jackson e Ron Perlman al doppiaggio, l'ambientazione e l'uso di improbabili ed elementi tipici e non dello steampunk (armi da fuoco come le granate e le pistole oltre che i telefoni cellulari) il puro cinismo, un viaggio mistic e infine un crossover che sa il fatto suo.
Afro Samurai è un diversivo interessante, un cartone che esce dai soliti binari per aderire ad un filone molto violento, con alcuni sprazzi di originalità ma che di fondo lascia aperti molti canali per come la storia potesse aggiungere qualcosa senza essere così banale e semplice.

lunedì 21 ottobre 2019

Tombstone

Titolo: Tombstone
Regia: George Pan Cosmatos
Anno: 1993
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

L'ex sceriffo Wyatt Earp raggiunge i suoi fratelli Virgil e Morgan a Tombstone, cittadina in pieno sviluppo economico, con lo scopo di stabilizzarsi e di raggiungere facili guadagni attraverso una attività commerciale. Ben presto, però, sarà costretto a scontrarsi con un gruppo, i Cowboys, che seminano il terrore in città. Lo scontro sarà inevitabile, e porterà a conseguenze devastanti anche per la famiglia Earp

Tombstone per me è un cult del western. Un flm imperfetto con alcune scelte discutibili, ma potente al punto giusto e con un manipolo di attori che è riuscito a dare il meglio e dove Kilmer si trova ad interpretare uno dei personaggi più interessanti e discussi della sua filmografia, Doc Holliday ovvero il pistolero più forte in circolazione, amante delle belle donne, malato terminale e provocatore nato.
La venerazione di Kilmer nei confronti di Russel emerge tutta dai suoi diario dove sembra che pur non essendo accreditato, abbia girato Kurt stesso il film, in un progetto in cui ci credeva molto. Un film di genere dove come in altre situazioni il western fa da sfondo per un film action con pochi dialoghi, situazioni didascaliche, personaggi tagliati con l'accetta e tante sparatorie e scontri tra due fazioni diverse. Il taglio politico con la descrizione dei Cowboys, di "Curly Bill" Brocious amante dell'oppio e dal suo braccio destro Ringo e del loro segno di riconoscimento, anticipava i cartelli del narcotraffico imponendo la loro supremazia e il loro controllo a suon di uccisioni e soprusi. Earp in realtà fin dall'inizio è un personaggio detestabile che pensa solo a fare i conti con il faraone, un gioco di carte europeo che ebbe grande diffusione nel far west, volendo dare un taglio al codice morale che lo impegnava a cercare di far vincere la legge su tutto. I colpi di scena del film sono telefonati, la ricostruzione rimane inequivocabilmente non male, ma siamo anni luce distanti come anche il biopic uscito l'anno seguente da opere veramente western e molto più epiche come SFIDA INFERNALE di John Ford e SFIDA ALL'OK CORRAL di John Sturges.

lunedì 7 ottobre 2019

C'era una volta...a Hollywood

Titolo: C'era una volta...a Hollywood
Regia: Quentin Tarantino
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Rick Dalton, attore televisivo di telefilm western in declino, e la sua controfigura Cliff Booth cercano di ottenere ingaggi e fortuna nell’industria cinematografica al tramonto dell’età dell’oro di Hollywood.

Il nono film del regista americano, sempre sulla bocca di tutti, ci regala il film più ambizioso e meno cinematografico della sua carriera ma anzi metacinematografico.
Un film che sembra un testamento di un regista ancora in forma che racconta e si racconta omaggiando uno dei suoi generi preferiti e alcuni dei nostri autori italiani dello spaghetti western. Un genere che proprio in quegli anni ormai saturo  stava cedendo il posto alla nuova Hollywood, agli hippy riscrivendo così una generazione odiata e schifata dal protagonista, quell'anno zero della società. In quel microcosmo dove tutti cercano lo sballo bevendo e fumando, il totale disfacimento diventa uno dei simboli chiave del film, che ruota attorno a Rick come ai fantasmi nel'armadio di Booth guardando alla totale distruzione della società dove tutto è lecito e dove dietro la bellezza c'è tanto smarrimento e solitudine.
Un'opera da un lato ambiziosa, la tragedia di Sharon Tate, dall'altro nostalgica e per alcuni aspetti in più punti anche difficile da sopportare (i deliri e i monologhi di Rick Dalton sul set). L'ultimo film di Tarantino a differenza di tutto il resto del suo cinema, non sembra avere una trama vera e propria, dura moltissimo, si prende i suoi tempi allargandoli, dilatandoli e deformandoli, divertendosi a ricostruire con spirito più o meno filologico la Hollywood degli anni Sessanta e i suoi prediletti film di serie B ed è il terzo film della sua filmografia che riscrive la storia come succedeva per INGLORIOUS BASTARD e Django Unchained perchè solo in questo modo può avvenire il suo riscatto.
Tuttavia ci sono alcuni momenti che non possono essere definiti solo deliziosi ma di più, riescono a far andar fuori di testa qualsiasi amante del grande cinema e parlo ovviamente di quel finale riscritto, quell'ultima mezz'ora dove finalmente si arriva al dunque, con Cliff vero protagonista e forse del vero finale (la scena in cui Dalton viene invitato ad entrare nella Hollywood che conta) dove per un attimo ho pensato che potesse e volesse rimanere aperto per farci credere che forse accantonato un nemico, quello vero sta per arrivare.
Un regista che da sempre ha fatto quello che ha voluto ( in pochi ci sono riusciti) uccidendo il cinema, i suoi protagonisti, i suoi eroi, a volte arrivando ad uccidere il cinema che lui stesso ama e glorifica. E'forse l'opera più anomala di tutte che si distacca dai suoi precedenti lavori dove il sangue è centellinato, ma la scena finale è pregna di sanguinolenti minuti dove di nuovo le fanciulle non fanno una bella fine, così come le scene di combattimento e le linee temporali sfasate, qui tutto coincide pienamente è viene riassunto in quel fatidico '69 da febbraio ad agosto.
Se pensiamo che la parte più bella dura mezz'ora e coincide con il climax rimangono davvero tanti dubbi e forse una pretenziosità in altri momenti ormai sfuggita di mano.
L'aver preso a pugni in faccia e spappolato le facce dei componenti della Manson family è cosa grata di cui sarò sempre felice, Polanski forse per questo, trattandosi di un gioco non ha detto nulla, Tate sprecatissima dove il culmine arriva laddove lei entra in un cinema per guardarsi e lasciando tutti sgomenti per l'assoluta inconsistenza della scena, e un Brad Pitt immenso, il vero cuore pulsante del film, uno psicopatico che non si vedeva da tempo che quando entra nel covo della bestia mette tutti in riga come dei morti viventi di romeriana memoria.

mercoledì 10 luglio 2019

Sisters brothers


Titolo: Sisters brothers
Regia: Jacques Audiard
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Oregon, 1851. Eli e Charlie Sisters sono fratelli e pistoleri virtuosi al servizio del Commodore, padrino locale che li lancia sulle tracce di Herman Warm, cercatore d'oro fuggito in California. L'uomo ha messo a punto un processo chimico per separare l'oro dagli altri residui minerali su cui il Commodore vuole mettere le mani. A cavallo, i Sisters avanzano verso il loro obiettivo per torturarlo e poi piantargli una pallottola in testa. A precederli nella caccia è John Morris, investigatore umanista che ha il compito di rintracciare Warm e trattenerlo fino all'arrivo dei due sicari. Ma il chimico è pieno di sorprese e finisce per sorprendere Morris, coinvolgendolo nella sua impresa: trovare l'oro e costruire una società ideale a Dallas.

Audiard (Deephan, Profeta, Sapore di ruggine e ossa) è uno dei registi francesi contemporanei più talentuosi sulla piazza.
Tutti i suoi film hanno sempre una continuità sulle tematiche e sull'esplosione della violenza da parte dei suoi protagonisti. Da sempre nell'hinterlad francese, il suo primo film yankee con un budget incredibile, racconta e narra una storia abbastanza originale cercando di dipingere la dura vita ai tempi dei cercatori d'oro.
Con un cast che non merita presentazioni e rifuggendo la più ovvia mitologia insita nella cinematografia western, che negli ultimi anni continua a sfornare film a profusione, Audiard come sempre nel suo cinema si interessa a fare uno scavo ancor più intimistico sulla natura dei rapporti umani e suoi suoi personaggi in particolar modo il complesso rapporto tra i due fratelli e la loro devastante storia familiare.
Il risultato è un film che sin dalla prima inquadratura si mostra come deve e sarebbe stato ai tempi, ovvero uno sguardo molto violento dove i due fratelli sanno fare bene solamente una cosa: uccidere


martedì 2 luglio 2019

Never grow old


Titolo: Never grow old
Regia: Ivan Kavanagh
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un impresario irlandese trae profitto dalla conquista di alcuni fuorilegge di una pacifica città di frontiera americana, ma la sua famiglia viene minacciata e il numero delle vittime continua ad aumentare.

Ivan Kavanagh è un nome forse sconosciuto ma per gli amanti dell'horror indipendente e sinonimo di forza e coraggio. Al TFF avevo ammirato il suo primo film Canal, un interessante ibrido di tante cose suggestive e inquietanti con una messa in scena pulita e minimale. Un film che strizzava l'occhio all'horror soprannaturale con Lovecraft e il j horror in primis.
Il regista aveva dato vita ad un interessante esordio che vista la tematica, nelle mani di un qualsiasi mestierante, sarebbe diventata robetta con qualche jump scared forse d'effetto e basta.
L'atmosfera è rimasta la stessa anche in questo western, dove la narrazione procede lenta e in maniera efficace, studiando passo per passo le motivazioni che portano alla sciagura finale, al vero orrore come sempre nella politica d'autore del regista nascosto dentro ognuno di noi, anche in questo caso nella veste di un giovane padre che dovrà fare delle scelte spaventose.
Never grow old è quel western indipendente che cerca di fare il grande salto mettendosi al livello delle ultime importanti opere di genere uscite negli ultimi anni.
Da questo punto di vista il genere è una metafora perfetta per un'America sanguinaria i cui intenti non sono mai cambiati.
Il genocidio dei nativi americani è stato solo l'inizio prima di arrivare all'altro lato oscuro del "sogno americano", della "ricerca della felicità" a tutti i costi e l'ipocrisia di una città oppressiva e patriarcale, che fu costruita dopo l'espulsione violenta e assassina dei nativi americani locali.
Kavanagh però a parte inserire tutti questi temi sembra andare oltre entrando nel vivo dell'oppressione e dello sfruttamento delle donne e del loro impiego nei bordelli.
Tutta questa parte racchiude e si prende la briga di toccare il fondo per quanto le leggi del "wild west" facessero schifo oltre che essere orrendamente sessiste. Cusack finalmente dopo tanti ruoli inutili riesce a dare enfasi ad un personaggio diabolico che conferma le sue ottime doti da villain dopo la prova iconica nel bellissimo Paperboy




lunedì 17 giugno 2019

Kid


Titolo: Kid
Regia: Vincent D'Onofrio
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un ragazzo, Rio, è costretto alla fuga attraverso il Southwest americano nel disperato tentativo di salvare sua sorella dal suo crudele zio. Lungo la strada, incontra lo sceriffo Pat Garrett, che sta dando la caccia al famigerato fuorilegge Billy the Kid. Rio si ritrova suo malgrado sempre più intrecciato nelle vite di queste due leggendarie figure, mentre il gioco del gatto col topo dell’ultimo anno di vita di Billy the Kid si dipana. Alla fine, Rio sarà costretto a scegliere il tipo di uomo che intende diventare, un fuorilegge oppure un uomo valoroso, e userà questa sua auto-realizzazione per un ultimo atto teso a salvare la sua famiglia.

Alcune storie non moriranno mai e ogni tanto si sente il bisogno di disotterrarle trovandone elementi nuovi o cercando di fare luce su qualche non detto. Altre volte il bisogno è dato dalla spinta a reinterpretare alcuni passaggi che sembravano storicamente sbagliati.
Billy the Kid è stato ripreso diverse volte nel corso degli anni dal cinema americano con una saga forse la più celebre di recente a fine anni '80, YOUNG GUNS, senza stare a scomodare i classici di Vidor, Penn o Peckinpah. Nel caso del regista l'idea sembra nata dopo aver collaborato con parte del cast per il bruttissimo remake dei Magnifici sette
D'Onofrio è sempre stato un buon attore, negli ultimi anni più una maschera o un caratterista.
Arriva alla sua seconda regia dopo un esordio ancora inedito da noi (un horror per giunta)
Kid come Billy the Kid, fanno parte di uno strano triangolo dove assistiamo al racconto della storia da un terzo personaggio, questo Rio, che percorrerà una parte della sua strada assieme al criminale e allo sceriffo Pat Garret. Un viaggio di formazione che come obbiettivo ha la scelta finale del protagonista che a seconda dei mentori dovrà scegliere da che parte stare (la legge o la criminalità).
Dal punto di vista della ricostruzione, del west che negli ultimi anni è tornato in auge, del fatto che il cast funzioni a parte il mefistotelico DeHaan che scimmiotta troppo nei panni del famigerato fuorilegge e un Ethan Hawke assolutamente in parte dimenticando alcuni brutti film e prove attoriali dell'ultimo periodo.

mercoledì 6 febbraio 2019

Devil's Reject


Titolo: Devil's Reject
Regia: Rob Zombie
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Assediati dai poliziotti nella loro fattoria, i Firefly accettano lo scontro a fuoco. La madre viene arrestata, mentre Otis e Baby riescono a scappare. I due, raggiunti da Captain Spaulding, cercano di fuggire dalla morsa dello sceriffo Wydell, che, nel frattempo, ha ingaggiato anche due brutali tagliagole.

A dimostrazione che Zombie è uno dei registi horror più interessanti e prolifici, capace di destreggiarsi abilmente tra i generi, come la pellicola in questione, una delle sue perle, sequel di un filmetto che si presta ad essere soltanto citazionista.
Devil's Reject è un western che parla di bifolchi, potere, corruzione e violenza.
Figlio di quella contaminazione estetica e musicale che riesce ad aggirare lo spettro della copiatura o del già visto per tessere ragnatele che portano il suo stile ormai pienamente riconoscibile.
L'America di Zombie è il male assoluto, costellato di personaggi di cui è difficile empatizzare non essendoci spaccature tra buoni e cattivi, mettendo sullo stesso piano e come nel caso dei protagonisti creando alleanze tra figlie e padri, rifiutando la morale dell'autorità, qui sotto il cappello di uno sceriffo spietato impossibile da dimenticare, forse uno dei villain più interessanti del cinema horror.
Con una colonna sonora in grado di creare l'effetto lacrimuccia (a questo giro si supera per immensità dei brani scelti) ci troviamo di fronte ad un film che andrebbe visto e rivisto più volte per quanto indaghi appieno l'animo umano in tutta la sua ferocia e bisogno di vendetta.
Il secondo film del regista è uno degli horror più disturbanti, esagerato in senso ampio del termine, funzionale a far salire quel senso di rabbia e stupore per come prenderanno vita gli eventi, di cui nessuno può portare a niente di buono. Nel cinema di Zombie sono sempre tutti condannati, non essendoci quasi mai, e in questo caso ancora di più, buoni e cattivi assoluti.



giovedì 30 agosto 2018

Generi



Titolo: Generis
Regia: Marcello Macchia
Anno: 2018
Paese: Italia
Serie: 1
Episodi: 8
Giudizio: 3/5

Gianfelice Spagnagatti è il protagonista interpretato dallo stesso Capatonda, è un uomo sulla quarantina che vive la sua vita monotona e senza balzi, gli si propone una donna, Luciana, e un lavoro, che lui rifiuta per ritornare ad essere se stesso, fare la sua solita vita piena di film e serie TV. Ma all’improvviso una porta si apre e lo stesso protagonista si trova catapultato in un genere cinematografico dove dovrà salvare la pelle e cercare la porta per ritornare nel suo mondo, anche se a fine episodio lo catapulterà semplicemente in un altro genere.

Dopo la fallimentare serie del 2016 Mariottide-Season 1, Macchia torna dietro la macchina da presa per dirigere, scrivere e interpretare lo stesso personaggio in questa divertente serie a episodi.
A differenza però rispetto alle precedenti produzioni qui può beneficiare di un'attenzione maggiore dal punto di vista produttivo con la Lotus Production, società della Leone Film Group, che non ha badato a spese nel ricreare in ogni episodio un'ambientazione diversa e Now TV, della piattaforma Sky, per Sky Generation.
Ambientazioni diverse, location suggestive, una piccola galleria di figuranti speciali abbastanza noti, un'ottima colonna sonora e una fotografia e una color correction che sanno il fatto loro.
Otto episodi da '40 che passando attraverso il genere comico, demenziale e la commedia esplorano un genere cinematografico diverso:Western, horror, fantasy, commedia sexy all’italiana, super eroistico, quiz e il noir.
Di sicuro quello che brilla di più per ironia e trovate e l'episodio horror sul friggitore dove Gianfelice sembra attingere da tutto il suo repertorio comico e con alcune scelte tecniche e una messa in scena coraggiosa senza farsi mancare il teatro dell'assurdo, le gag e il non sense generale. Inoltre l'episodio è talmente ben strutturato da far ridere con poco ed è qui la vittoria e il pregio più grosso dell'ultima fatica del comico. A differenza della serie dove l'esagerazione portava all'effetto inverso della risata qui tutto assume uno spirito e un'idea propria di cinema che assieme al suo secondo film Omicidio all'italiana speriamo continui su questa strada.