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giovedì 15 giugno 2017

Humidity

Titolo: Humidity
Regia: Nikola Ljuca
Anno: 2016
Paese: Serbia
Giudizio: 4/5

Petar è un uomo d'affari ambizioso, saldamente parte di quella classe sociale denominata dei "Nuovi ricchi", che vive in appartamenti arredati con mobili di design, ed una sicurezza che non li vede mai vacillare nella loro apparente perfezione. Un giorno, sua moglie Mina svanisce. Egli mantiene il segreto sulla sua assenza, mentendo dietro una facciata di serenità per cui decide addirittura di organizzare una cena di famiglia. Intano, sempre più preoccupato, passa le sue giornate tra affari loschi sul posto di lavoro ed eccessi con i suoi colleghi.

L'opera prima di Ljuca è un film impressionante in arrivo dalla Serbia. Questa storia di dolore e devastazione è ambientata in una solitaria e spettrale Belgrado dove ognuno sembra rincorrere il proprio tornaconto e la corruzione generale rimane sempre spaventosa.
Petar rappresenta il Serbian Made di famiglia aristocratica che grazie alla furbizia e al proprio tornaconto è abile nella scalata personale cercando sempre e a tutti i costi di avere sempre tutto sotto controllo soprattutto la vita e gli spostamenti della moglie Mina.
Cosa può succedere quando la normalità viene apparentemente sconvolta? Cosa può fare Peter per nascondere la sua fragilità, l'insicurezza, la frustrazione e la rabbia che cominciano ad affiorare dopo l'apparente scomparsa della moglie. La realtà sociale, la famiglia, le apparenze, i giochi di potere. Tutto sembra per un attimo assumere una forma grazie ad una profetica battuta della sorella del protagonista in una lussuosa Spa "Non ho tempo per essere depressa". Una madre che assieme al marito è impegnata a iniettarsi botox e non vedere che suo figlio, un nativo digitale doc, in realtà più che un ritirato sociale in realtà critica il lusso borghese dei suoi genitori e mostra uno spiccato talento teatrale come nel bellissimo monologo con il nonno materno.
Humidity è scandito dai giorni della settimana e quasi alla fine di ogni giornata la camera si chiude in dissolvenza su una strada notturna e solitaria che ricorda per molti aspetti LOST HIGWAYS di Lynch.
Il regista Ljuca si ritaglia un cameo all'interno del film curioso e ambiguo che sembra mettere in allarme il protagonista rivelandogli in macchina un dettaglio curioso sulle sue amicizie e i valori che dovrebbe condividere con la moglie.
Humidity è qualcosa che come per il bellissimo Clip mostra come la Serbia stia facendo i conti con i demoni del passato dopo i drammi della guerra, di Milosevic e la totale inutilità delle Nazioni Unite in un conflitto che non ha mai compreso a fondo dando spazio ad una società di consumi in cui il capitalismo viene accettato come totem in risposta a tutti gli ideali privati.
Humidity mostra grazie ad un protagonista in stato di grazia con una ghigna fenomenale il dramma dell'identità, della solitudine imposta e accettata per non mostrare fragili e umane sofferenze (il protagonista crolla ad un certo punto in macchina in una scena toccante e più che reale). Una fotografia tutta color crema, tanti primi piani, una messa in scena semplice ma al contempo geometrica nella scelta dell'impostazione della camera e un risultato straordinario per un paese che quando vuole dire la sua riesce grazie ad una critica feroce a non aver bisogno di altro se non di scandire la realtà e approfondire la quotidianità che a volte è più spaventosa di qualsiasi minaccia esterna.
«Durante la Grande Depressione, che io sono vecchio abbastanza da ricordare, la maggior parte dei membri della mia famiglia erano lavoratori disoccupati. Si stava male, ma c'era la speranza che le cose potessero andare meglio. C'era un grande senso di speranza. Oggi non c'è più» (Chomsky)



martedì 27 dicembre 2016

Dora or the sexual neuroses of our parents

Titolo: Dora or the sexual neuroses of our parents
Regia: Stina Werenfels
Anno: 2015
Paese: Svizzera
Giudizio: 4/5

Dora ha 18 anni e soffre di un ritardo di apprendimento. Sua madre Kristin decide di non somministrarle più le medicine che ne sedavano la vitalità. Ora Dora scopre aspetti della vita che le erano preclusi e tra essi, impellente e pervasiva, la sessualità. Incontra così Peter, un ragazzo che non ha nessuna remora nell'approfittare della sua voglia di piacere. Dora rimane incinta proprio mentre i suoi genitori stanno cercando un altro figlio che non arriva.

"Il film è basato sulla famosa opera del drammaturgo svizzero Lukas Bärfuss. L'ho vista nel 2003, e mi ha colpito per le sue qualità controverse e ambivalenti. Mi è sembrato che Lukas mettesse a nudo la nostra società occidentale e la sua ipocrisia. Sebbene viviamo in tempi permissivi e liberali e anche se si dice di dare pari diritti a chi soffre di disabilità mentale, quando si parla di sessualità - e soprattutto di gravidanza - suona il campanello d'allarme. La pièce mi ha permesso di entrare nella zona morale grigia di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, di ciò che è "normale" e ciò non lo è. Mi ha anche dato la possibilità di offrire due forti prospettive femminili sulla fertilità e sulla maternità."
La Werenfels alla sua seconda opera regala un film molto maturo, complesso e originale, uno spaccato che andrebbe consacrato tra i film che trattano il tema della disabilità e della sessualità, unendo tematiche come la gelosia e la rivendicazione del nostro vero io tra emozione e realtà.
Un film che grazie ad un'importante ricerca e analisi sui motivi e le scelte che stanno alla base di alcuni atteggiamenti riesce a staccarsi dallo stereotipo sulla disabilità e creare un'opera di forte impatto emotivo facendo entrare completamente lo spettatore nel dramma e nelle difficoltà che muovono le scelte della famiglia e di Dora.
Un'opera per alcuni con pochissimi freni inibitori e sconvolgente per quanto apre il discorso sul sesso senza essere mai gratuito ma senza neppure negare i corpi nudi e i passaggi intensi e drammatici come quando l'amico di Peter in stanza d'albergo vuole divertirsi anche lui con Dora pensandola un oggetto (Peter solo in quel momento si accorge finalmente che anche lei come qualsiasi altro essere umano è in grado di provare sentimenti veri) ed entrare così nella psicologia della protagonista mossa da una forte volontà e senso di emancipazione.
Questo la rende un personaggio, non una diagnosi, in grado di prendersi la responsabilità delle sue scelte, degli incontri fugaci con Peter in albergo, dal tentativo di vivere in una struttura assieme ad altri disabili con cui all'inizio presenta non poche difficoltà per arrivare infine alla maternità. Victoria Schulz la protagonista è straordinaria. I genitori rappresentano le paure e le nevrosi, in cui il cambiamento repentino del comportamento della figlia li obbliga a confrontarsi con la loro stessa concezione di “normalità” (che si riallaccia tanto alla vita di Dora quanto alla loro) alle gelosie e i limiti di una madre che andrà a ricercare un piacere forse negato per troppo tempo in alcuni contesti estremi e perversi pur di bilanciare lo scompenso che grava su di lei.
"Il film ha avuto una complessa e difficile produzione. Ci sono voluti sette anni, dalla scrittura alla prima alla Berlinale. I finanziamenti sono stati sicuramente la parte più difficile. Significava convincere le persone a dare soldi a un argomento tabù senza che io, come autore, smussassi gli spigoli. La sceneggiatura spaventava le film commission - ma era chiaro che rifiutarlo era più una reazione istintiva che un giudizio sulla sua qualità."
Come detto da Peter “siamo tutti handicappati”, forse non fisicamente o mentalmente come Dora ma lo siamo spesso sentimentalmente, rinchiusi in un guscio di desideri inespressi e necessità ignorate. E questo che Dora ci insegna e quello su cui Stina ci obbliga a riflettere.

Uno dei film più maturi, anarchici e realistici degli ultimi anni sulla disabilità, sulla sensibilità, sulla sessualità e sull'emancipazione.

domenica 20 dicembre 2015

Forza Maggiore

Titolo: Forza Maggiore
Regia: Ruben Ostlund
Anno: 2015
Paese: Svezia
Giudizio: 4/5

Tomas e Ebba sono i genitori di Vera e Harry. Tomas lavora molto, dunque questa vacanza sulle Alpi, hotel di lusso e giornate dedicate allo scii tutti insieme, parte con grandi aspettative. Ma accade un imprevisto. Mentre siedono per pranzo ai tavoli all'aperto di un ristorante panoramico, una valanga si dirige a grande velocità verso di loro e pare destinata a travolgerli. L'istinto di Tomas è quello di mettersi in salvo il più in fretta possibile, l'istinto di Ebba è quello di proteggere i figli ed eventualmente morire con loro. La valanga si arresta prima e i quattro rientrano sani e salvi. Ma qualcosa nella coppia si è incrinato ed è una crepa che è destinata ad aprirsi sempre di più.

"Ha preso i guanti e l'iphone" questa potrebbe essere la log-line del film, la frase che meglio lo sintetizza e che Ebba non si stanca di far notare a Tomas come a volerlo etichettare di un egoismo primordiale.
Un film minimale, astuto, con dei dialoghi eccessivamente monotoni e una location fantastica che riesce a far emergere i contrasti tra la vita borghese e la difficoltà a gestire una relazione e a sapersi prendere delle responsabilità. L'ultimo film di Ostlund è disturbante che mette al muro e mina profondamente alcune certezze maschili.
Nessuno dei due per certi aspetti ne esce fuori bene.
Lui sbaglia e preferisce mettere tutto a tacere, lei invece ha bisogno di affondare la lama e cercare spiegazioni sul gesto del marito parlandone con tutti quelli che li circondano dal momento che se l'uonione fa la forza i non detti rischiano di degenerare velocemente.
La suggestione di un incidente scatenante diventa il motore con cui la sceneggiatura trova un binario da sfruttare al massimo. In questo forse i rimandi ad un certo cinema di Bergman ci sono soprattutto nel mettere a nudo le pulsioni profonde dell'uomo a differenza della donna.
Incompatibilità, noia e stress sono elementi che nel film tornano praticamente sempre, sottolineati da alcuni elementi come il lavaggio dei denti e la cura minimale prima di indossare gli sci e iniziare le discese lungo le piste nonchè l'ordine a tavola.
Ostlund, un talento svedese che sembra sfruttare al meglio alcuni strumenti ed elementi del cinema,
è rimasto colpito dai risultati di una serie di ricerche che osservavano un incremento dei divorzi nelle coppie sopravvissute ad un'esperienza fortemente drammatica.
Se poi cerchiamo per un attimo di vedere questi giovani adulti dal punto di vista dei bambini allora il risultato è davvero interessante.