Titolo: Tekno-Il respiro del mostro
Regia: Andrea Zambelli
Anno: 2011
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
Il film intende
partire da una breve analisi storica dall'origine della scena rave (inizio anni
'90 in Gran Bretagna) fino all'espansione e al consolidamento nell'Europa
Continentale da fine anni '90 al 2005, utilizzando soprattutto materiale di
repertorio girato da tribe storiche come 'Spiral tribe’ durante i rave parties.
Cuore del documentario sarà poi la Festa e tutto ciò che ruota attorno
all’organizzazione dell’evento ‘teknival’seguendo i punti: a) ricerca degli
spazi da occupare per le feste b) occupazione dello spazio c) costruzione
dell'apparecchiatura musicale e della scenografia d) musica, ballo e trance e)
performance artistiche f) ruolo del dj g) situazioni di socialità tra i
partecipanti h) gestione tecnica della festa (gasolio ai generatori, controllo
delle apparecchiature) I) interviste alle persone coinvolte nelle attività Le
interviste ai personaggi coinvolti serviranno ad affrontare le tematiche: il
nuovo nomadismo, l’interazione con le istituzioni, luoghi dei teknival fino
allo stato attuale (un po’ degenerato) delle feste.
Mancava un documentario sui rave almeno questo va detto.
Che il lavoro di Zambelli abbia svariate pecche
concernenti gli obbiettivi che il documentario forse si era prefissato è
evidente ma il secondo lavoro del regista del bel documentario sulle MONDINE è
come minimo coraggioso soprattutto parlando di un tema ancora quasi sconosciuto
e che molti condannano a priori senza conoscerne i punti cardine.
Eppure proprio quella semplicità amatoriale unita ad
alcuni scoppiati davvero eccezionali nella loro naturalezza unito ai discorsi
che fanno merita assolutamente di essere visto.
I punti sviluppati riescono solo in parte negli
obbiettivi prefissati. Purtroppo i protagonisti delle vicende, le voci narranti
che spiegano le vicende, sono sempre gli stessi senza riuscire ad andare oltre
alcuni classici discorsi che tendono a cercare di valorizzare il microcosmo
degli ideali e dei valori dei bonci.
Il fenomeno della cultura rave andava ampliato un po’ di
più se non altro per cercare di ridurlo sempre e solo ad una cozzaglia di
persone che si trovano solo per consumare sostanze e ballare di fronte ad una
cassa. La spiritualità che sembra emergere da alcuni dialoghi evidenzia altri
piani di concepire e di assimilare lo sballo.
Due sono gli aspetti particolarmente interessanti. Il
primo è legato alla socialità e i presupposti che fanno sì che questi “nomadi”
aprano le porte a tutti coloro che abitano nelle vicinanze dei posti occupati.
In questo caso dal momento che tutto il documentario è una continua location
che si sposta tra i paesi dell’Europa dell’Est,
il ballo con alcuni rom, le danze generazionali e il peso formidabile
dei ragazzini è commovente e spezzano anche un messaggio sull’accoglienza di
quello che solo apparentemente viene visto come un “diverso”da alcuni
pseudo-partiti del nostro paese..
In secondo luogo è qui la cosa più importante, ovvero la
denuncia circa l’uso pericoloso delle sostanze, i cocktail che spesso portano a
mortalità certa piuttosto che le porcherie tagliate con la merda.
Se a raccontarla è la vecchia guardia (i duri e puri, non i ragazzini che vanno alle
feste per svoltare, per collassare, per fare i grandi) giusto per usare alcune
parole di uno dei protagonisti, che cerca di avvertire i più giovani sui pericoli
e sulla completa disinformazione, allora alcune responsabilità ci sono e qui il
lavoro dei centri sociali sull’importanza dell’informazione è doverosa a
dispetto di tutti quelli che pensano che non ci sia contro-informazione e
controcultura anche su questi argomenti. Lo
sballo da soli, l'opposto della condivisione e della fratellanza come dicono
alcuni raver.
Vedere poi l’outsider Don Gallo e i suoi discorsi e la
paura delle madri che pensano che incoraggi i giovani alla droga fanno capire
molte cose e allora il respiro del mostro c’è ed è ancora una volta
l’ignoranza, i metodi coercitivi della polizia e i luoghi comuni creati ad hoc
per le masse che masticano consensi senza sapere alle volte neppure di cosa si
parla.