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lunedì 29 giugno 2015

Michael

Titolo: Michael
Regia: Markus Schleinzer
Anno: 2011
Paese: Austria
Giudizio: 4/5

Michael, 35 anni, lavora in una società assicurativa in cui è considerato un dipendente affidabile. Vive da solo in una villetta a schiera e incontra molto raramente la madre e la sorella a cui racconta di avere una compagna in Germania. Michael non ha una compagna oltre confine. Ha invece un bambino di 10 anni chiuso nello scantinato insonorizzato della sua abitazione che tiene prigioniero e di cui abusa sessualmente.

Michael è a tavola. Guarda di fronte a lui il bambino/vittima prescelta che mangia e cominciando a ridere si tira fuori il cazzo.
M-"Questo è il mio coltello e questo è il mio cazzo. Quale dei due devo ficcarti dentro?"
B-"Il coltello"
Fedele adepto di Haneke, Schleinzer se ne esce con un concentrato minimale di pura cattiveria, senza ricorrere quasi mai alla violenza fisica ma lasciando tracce indelebili difficili da rimuovere in un film d'autore lento e impressionante. Sceglie un uomo medio qualsiasi, una di quelle persone di cui non si sentirà mai la mancanza e che vivono nascoste senza volersi far conoscere dal resto della società.
E'un film molto complesso e psicologico quello del regista austriaco, in cui il rapporto tra vittima e carnefice si consuma in modo continuativo, facendo in modo che l'odio e lo sconforto vengano a tratti sostituiti da un barlume di fiducia, come terreno fertile, carta d'identità di ogni pedofilo che si rispetti.
Eppure è un mostro diverso dagli altri, che la caratterizzazione cerca quasi, ma senza riuscirci, di comprendere mostrando le umane debolezze con Michael che gioca e nutre il bambino in fondo cercando di volergli "bene" e dall'altra parte tenendo in scacco lo spettatore rendendolo partecipe di una liberazione. Un bene che non può esistere e che destruttura completamente la fisiologia e lo sviluppo della vittima.
Di troppi bambini scomparsi non si parla e chissà quanti potrebbero essere testimonial di drammi così viscerali come quello descritto dal regista con pochissimi dialoghi e insistendo a più riprese su alcuni dettagli. Eppure non cerca mai il sensazionalismo banale, non esagera mai con la portata delle immagini se non in qualche occasione.
Il finale è straziante.