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martedì 17 ottobre 2023

Let Us Prey


Titolo: Let Us Prey
Regia: Brian O'Malley
Anno: 2014
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

Un misterioso straniero viene fermato all'interno di una stazione di Polizia dove comincera' a controllare le menti di chi gli sta accanto.
 
Gli horror nelle prigioni sono sempre affascinanti, perchè hanno un'unica location dove sembra entrare il marcio che c'è in giro. DISTRETTO 13 su tutti, poi i vari Last Shift, EATER di Stuart Gordon. Ora trovandoci di fronte ad una produzione british mi aspettavo davvero molto di più.
E'un film sbagliato secondo me negli intenti dove il punto più debole per assurdo è proprio il misterioso straniero che non comunica e non riesce a empatizzare con lo spettatore.
Lo stesso discorso vale anche per la protagonista, per i suoi incubi, per il fatto di essere stata mandata lì dove trova colleghi che la scherniscono e dove il superiore ad un certo punto deraglia del tutto tale da diventare un villain quasi sotto certi aspetti improvvisato per la dinamica con cui si sviluppa la narrazione nel film. Le vittime fanno a gara per cercare di far più schifo e nascondere colpe inenarrabili come aver investito da ubriachi una povera fanciulla, aver massacrato di botte la propria moglie. In tutto questo con una coppia di agenti che appena può cerca di scopare il più possibile. L'uomo misterioso che all'inizio del film arriva direttamente dal mare con i corvi che sembrano vegliare su di lui e questa sua calma e capacità di leggere le menti altrui.
Un film pasticciato, vuoto e sterile per il fatto di ingranare marce nel nulla cosmico.

sabato 13 maggio 2023

E fu sera e fu mattina


Titolo: E fu sera e fu mattina
Regia: Emanuele Caruso
Anno: 2014
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Ad Avila, piccolo comune agricolo in provincia di Cuneo, durante la festa della santa patrona arriva dalle tv un messaggio che terrorizza la comunità: nel giro di pochi giorni il sole esploderà e il pianeta Terra verrà distrutto. Nell'imminenza della fine, ognuno nel paese reagisce a modo suo, forzato a ragionare o meno sulla propria transitorietà in questo mondo. Il parroco sui generis Don Francesco cerca di riconciliarsi con la vocazione e il passato. Gianni, il ragazzo ateo e scontroso che in seguito ad un forte trauma personale vive con il sacerdote in canonica, usa l'arma del sarcasmo e dell'indifferenza; Anna, supplente nella scuola elementare locale, è terrorizzata ma trova conforto nell'amore per Marse, compagno che convive con lei nel disprezzo di alcune malelingue. La barista Francesca nonostante tutto sogna una nuova prospettiva di vita per riscattarsi da un dolore recente. Il gruppo procede insieme verso l'ultimo giorno in una molteplicità di atteggiamenti ed emozioni, mentre i paesani si misurano con l'evento.
 
Adoro le scommesse del cinema italiano indipendente. Da tempo sapevo di questa piccola opera semi amatoriale raccolta in una bolla di mistero soprattutto toccando una tematica interessante e con una bella trama di fondo, mostrare le reazioni di una comunità cattolica paesana di fronte all'approssimarsi dell'Apocalisse. Si possono apprezzare alcuni sforzi di Caruso nel suo adattamento girato nei pressi di Novara con attori non professionisti. Ci sono riusciti diversi autori come Diritti e tanti altri. Il problema del film è un altro. Manca lo spessore drammaturgico, mancano le ambizioni, le caratterizzazioni dei personaggi, tutto è depositato nel limbo dell'incertezza dove in quasi due ore non mancano nemmeno alcune scene piuttosto noiose. Ci sono troppi facili moralismi, una politica d'autore limitata che peraltro sembra rendere questa comunità come dei semi bifolchi ancorati ancora a delle usanze arcaiche e antiquate ma senza connotarle o farcele scoprire. Si potevano usare i canoni della tragedia greca, inserire alcune figure emblematiche per sortire un effetto diverso e con più spessore mentre invece qui è tutta calma piatta e quando arriva il climax finale anzichè spronare con l'atmosfera e delle conseguenze inattese si punta alla scelta più ovvia.

domenica 27 novembre 2022

Peaky Blinders- Season 2


Titolo: Peaky Blinders- Season 2
Regia: AA,VV
Anno: 2014
Paese: Gran Bretagna
Stagione: 2
Episodi: 6
Giudizio: 4/5

Sono passati due anni. Scopriamo che il buon Freddy è morto e la prima puntata si apre proprio con il suo funerale mentre vediamo Ada in lacrime tenere in braccio il loro bambino.
Proprio Freddy è stato quel personaggio nella prima stagione a battersi contro i Peaky, a cercare di rendere giustizia a quella democrazia ancora in pasta soprattutto tra i lavoratori nelle fabbriche e nei cantieri. Al suo contorto rapporto di odio e rispetto verso Thomas, all'amore per la sorella di quest'ultimo e ha cercare di spezzare parte dei legami della famiglia Shelby.

Questa seconda stagione parte proprio dai lutti, da quello di Freddy a quello della scelta di non poter avere un'amore con Grace da parte di Tom decidendo l'espansionismo e gli affari a discapito delle scelte del cuore.
Cominciano a delinearsi alleanze importanti con individui spregiudicati come Alfie Solomons, capo della comunità ebraica, il villain di turno e antagonista Darby Sabini, mafioso italiano in una dura e aspra lotta proprio con il criminale zingaro irlandese. La famiglia pur perdendo colpi cresce con l'arrivo inaspettato del figlio creduto perso di Molly, Finn Cole, che diventerà presto una mente matematica perfetta e un allibratore che grazie all'osservazione e sotto la supervisione di Thomas rischia di diventarne l'erede per quanto poi la narrazione e l'evolversi della storia puntino su molto altro. C'è la questione sulle scommesse dei cavalli, gli allibratori, l'uccisione inaspettata di Campbell soprattutto per l'identità del suo carnefice. Nella seconda stagione viene ribadito come la scrittura di Stephen Knight riesca nel difficile compito, pur mettendo nel piatto diverse situazioni diverse, (ebrei, italiani, irlandesi, polizia, governo) di mantenere una struttura chiara, solida e coesa con tutte le pedine messe nel posto giusto e al momento giusto. E questo intersecando molto spesso momenti e circostanze completamente distanti tra di loro. Insomma un piccolo capolavoro storico/narrativo.

sabato 18 giugno 2022

ABCs of death 2


Titolo: ABCs of death 2
Regia: AA,VV
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Sequel della più ambiziosa antologia cinematografica mai realizzata. Ciascuno dei 26 registi coinvolti - tra i massimi talenti a livello mondiale del cinema contemporaneo - dirige uno dei 26 capitoli individuali, libero di scegliere una parola - che inizia con la lettera a lui assegnata - per creare una storia dedicata alla morte.

Anche qui troviamo alcuni dei master dell'horror contemporaneo: Robert Morgan , Aharon Keshales e Navot Papushado, Jim Hosking, Jen e Sylvia Soska, Vincenzo Natali, Steven Kostanski, Julien Maury e Alexandre Bustillo. Nonostante la critica abbia bocciato il primo capitolo per dare risalto a questo secondo penso invece che in un modo o nell'altro siano sullo stesso piano anche se in questa seconda tranche sicuramente si verte meno sul weird quindi sulle flautulenze e le merde assassine del primo capitolo.
A is for Amateur (di E. L. Katz) è assolutamente ironico e grottesco allo stesso tempo dove un killer rimane imprigionato nell'impianto di ventilazione ma riuscirà lo stesso, anche da morto, a svolgere la propria missione.
B is for Badger (J. Barratt) Barratt al suo esordio dirige un mockumentary sulle radiazioni e delle talpe cannibale in pochissimi minuti se non fosse che non le vediamo mai..ma di per sè la prova non è affatto male
C is for Capital Punishment (J. Gilbey) un uomo viene incolpato ingiustamente per la morte di una ragazzina di cui non è il responsabile. Finirà davvero molto male..
D is for Deloused (R. Morgan) R.Morgan non compare tra i registi eppure il suo corto in stop motion è forse uno dei risultati più originali, malati che meglio coglie lo spirito del progetto
I is for Invincible (E. Matti) sembra la parodia dei classici risultati in cui si cerca di uccidere i parenti per avere l'eredità..ma con gli ultracentenari sarà molto difficile.
J is for Jesus (D. Ramalho) un torture porn lgbt su un omosessuale che come Gesù torna in vita per vendicare il suo compagno..blasfemo ma originale
O is for Ochlocracy (H. Ohata) una corte di morti viventi giudica una donna per aver ucciso alcuni di loro..
W is for Wish (S. Kostanski) chi, da bambino, non ha mai desiderato di vivere le avventure del suo eroe preferito?
Ecco, gli (s)fortunati ragazzini protagonisti di questo corto scopriranno, a loro spese, che il loro sogno è diventato realtà. Crudelissimo, violentissimo, bellissimo dall'autore di Psycho Goreman e Manborg.


mercoledì 15 dicembre 2021

Visitant (2014)


Titolo: Visitant (2014)
Regia: Nicholas Peterson
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Una madre protegge i suoi figli da un demone all’interno della loro casa
 
Visitant è un corto di soli 7 minuti con un ritmo incredibile e una solida metafora alla base tale da designarlo come un dramma sociale su famiglie disfunzionali (in questo caso la madre) e la componente soprannaturale. Un mostro che viene visto solo dalla madre e due bambini che fuggono dalla stessa che armata di coltello minaccia di ucciderli. C'è molta disperazione e sofferenza in questa opera la quale vanta alcuni intenti su cui poter scrivere un lungometraggio.

domenica 17 ottobre 2021

Fargo- Prima stagione


Titolo: Fargo- Prima stagione
Regia: AA,VV
Anno: 2014
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 10
Giudizio: 4/5

La prima stagione di Fargo è ambientata nell'inverno del 2006 tra le cittadine di Bemidji e Duluth (Minnesota). Questi due luoghi sono stati segnati dall'arrivo del violento delinquente Lorne Malvo, che durante un casuale incontro a Bemidji trascina in un piano criminale un sempliciotto assicuratore senza successo, Lester Nygaard. Ad indagare sugli intricati avvenimenti è la giovane e intraprendente agente di polizia Molly Solverson
 
Per qualche strano motivo mi sono imbattutto tardi in questa serie figlia di un piccolo gioiello che aveva portato ai fasti il cinema autoriale dei Coen. Bisogna ammettere che questa serie ha la verve giusta per rimanere impressa in tempi ormai scanditi dalle serie tv. Nonostante tutto forse siamo sulle vette per quanto concerne storia, caratterizzazione dei personaggi e svolgimento nonchè epilogo, colpi di scena, incidenti scatenanti e tutto il resto.
Rimane fin dal primo gelido episodio, un'atmosfera imperniata di un umorismo macabro, nero e grottesco, politicamente scorretto e originale, spiazzante e ambiguo, un cinema dove tutto è il contrario di ciò che sembra intarsiato infine da ellissi e sottrazioni. Con una galleria di attori straordinaria contando tutti i co protagonisti, tutto riesce di fatto ad asservire due protagonisti che sembrano scambiarsi continuamente di ruolo. In tutto questo ognuno di loro non viene mai deresponsabilizzato ma i comportamenti e il bene o il male che compiono viene sempre da loro stessi subendo le conseguenze delle proprie azioni in modo arbitrario senza provare quasi mai a sfuggirvi. Da un lato Lester un personaggio pavido e bistrattato che viene a contatto, quasi per pura casualità, con qualcosa di più grande di lui, e cerca per tutta la durata della storia di evitare le conseguenze dei suoi gesti. E quasi la fa franca. Dall'altro Malvo il puro male, un deus ex machina che non ha paura di niente e nessuno in grado di seminare e provocare caos e distruzione nel mondo anche con chi apparentemente non c'entra nulla con lui, per poi vedere come gli uomini rispondano alle sue azioni.



domenica 22 novembre 2020

Oltre il guado


Titolo: Oltre il guado
Regia: Lorenzo Bianchini
Anno: 2014
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

L'etologo e naturalista Marco Contrada rimane intrappolato all'interno di un villaggio su cui regna una misteriosa maledizione.

E poi arrivano le sorprese quelle belle. Un ottima prova quella di Bianchini, un horror low budget che sfrutta quanto di meglio possa regalare, strizzando l'occhio ad un certo tipo di found footage e mockumentary, usando la mdp nella maniera più funzionale possibile, azzerando attori e recitazione e giocando tutto con un atmosfera inquietante e un senso di smarrimento che accompagna protagonista e spettatore. Un luogo imprecisato in una campagna nebbiosa dove la solitudine imperversa e dove il nostro Marco svolge un lavoro quasi da eremita documentando i danni di cinghiali e riprendendo delle non meglio precisate situazioni in cui comincerà a vedere sembianze anomale. Ombre di quelle che a tutti i versi cominciamo a scoprire come una maledizione a danno di alcune bambine in una località sconosciuta oltre il fiume. I pro sono tanti a riprova che con una buona idea si possono confezionare un buon lavoro puntando su ciò che si ha senza montarsi la testa. Alcune scene creepy funzionano a dovere e alcune immagini con le bambine riescono davvero a incutere paura e creare un mood inquietante. Pochi, quasi nessuno, gli errori di script e di messa in scena tra i quali è doveroso ammettere una lacuna come nella scena del furgone che misteriosamente sparisce (non saranno state le bambine spero..) forse volendo lasciare quel senso di mistero e sospensione dell'incredulità.
Per il resto ci troviamo di fronte ad un'opera matura fatta di silenzi, dialoghi a zero se non contiamo la coppia di vecchi sloveni e l'unità presente nel finale a supervisionare ciò che sta accadendo.




martedì 17 novembre 2020

Scomparsa Di Eleanor Rigby-Loro


Titolo: Scomparsa Di Eleanor Rigby-Loro
Regia: Ned Benson
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Eleonor Rigby è stata chiamata così da un ragazzo e una ragazza che si erano incontrati davanti ad un locale dove avrebbero dovuto suonare i Beatles, e forse nel nome scelto per lei, una volta che quel ragazzo e quella ragazza sono diventati una coppia sposata, c'era un'intuizione profonda riguardo al destino della propria figlia. Perchè Eleanor, quando noi spettatori facciamo la sua conoscenza, è una trentenne che ha scelto la solitudine, scomparendo dalla vita del marito Conor e rimanendo virtualmente alla finestra a contemplare tutta la gente sola come lei.

Si è tanto detto e parlato di questo film, anzi di questo lungo progetto. Sinceramente pur senza avere aspettative me lo aspettavo più entusiasmante e meno lungo portando alla luce questa ennesima versione, in chiave meno che mai indie come si poteva pensare, di una crisi di coppia che diventa crisi esistenziale
Scoperto l'arcano mistero che vuole Eleonor e Ruben divisi o pronti a rincorrersi senza mai di fatto perdere del tutto i contatti, ma rimanendo sempre collegati, questo affresco con poche varianti e cambiamenti rispetto allo schema classico, non riesce quando avrebbe dovuto fare quel salto in avanti di sceneggiatura elevando gli intenti e portando ad un buon lavoro di scrittura.
Ed' è davvero un peccato perchè gli elementi ci sono davvero tutti.
Nasceva come un progetto curioso di cui la versione sbarcata sulla Croisette è una riduzione delle due versioni presentate a Toronto sui rispettivi protagonisti.
Un progetto singolare e astuto a livello commerciale con tre film al tempo stesso, Him, Her, Them.
Benson riflette sulla possibilità di scegliere il proprio avvenire, di mettere a fuoco il libero arbitrio, di rispettare l'altro(a) in tutte le sue diversità e di accogliere le fragilità nel modo più spontaneo possibile.
Con un cast che fa la differenza, pensiamo alla Huppert, Hurt, e la travolgente Chastain, il progetto di Benson è un film nostalgico, che muove le corde dei sentimenti senza vibrazioni mai troppo forti ma anzi giocando su un apparente calma che sembra dover esplodere da un momento all'altro.
Un film di non detti, con un montaggio che pur volendo fare la differenza, si concentra troppo su se stesso, così come l'estetismo di fondo che a volte mette in ombra i protagonisti.
E'un film bipolare quello di Benson, che non riesce a scegliere un proprio binario ma oscilla tra dramma coniugale e commedia ironica a volte con dei dialoghi di troppo e la telecamera abbandonata a se stessa.

Jamie Marks is dead


Titolo: Jamie Marks is dead
Regia: Carter Smith
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Nessuno sembrava preoccuparsi di Jamie Marks fino a quando non è morto. Sperando di trovare l'amore e l'amicizia che non ha mai avuto in vita, il fantasma di Jamie visita l'ex compagno di classe Adam McCormick, attirandolo nel tetro mondo che si trova tra i vivi e i morti.

Un teen movie di stampo quasi “queer” con delle interessanti atmosfere ma che cede troppo all’introspezione risultando noioso e a tratti ingenuo contando l’età dei protagonisti. Ormai sta quasi diventando una moda in Usa girare questi pseudo-horror con venature e tinte da drammoni psicologici che tendono a psicanalizzare ogni cosa. In questo caso poi Jamie porta i suoi ospiti in luoghi non meglio precisati che potevano contribuire a qualcosa di interessante mentre invece tutto è lasciato all’immaginazione all’interno di un armadio… Alla seconda opera, il regista del buon Rovine si lascia conquistare da una novella di Christopher Barzak, intitolata One for Sorrow, che nell’atmosfera e nel make-up ha il suo maggior punto di forza, ma oggi come oggi non basta, soprattutto in territori in cui al reparto tecnico e tutto il resto non manca nulla. Il problema per cui il film non convince e in diversi momenti crea l’effetto sbadiglio, è proprio quello di non essere così accattivante e il ritmo davvero centellinato e minimale certo non aiuta. Rimangono alcuni buoni momenti, una regia che si sa muovere e un cast che risulta quasi convincente soprattutto grazie alla buona performance del giovane Noah Silver. Un triangolo amoroso spettrale, così è stato definito!

martedì 14 luglio 2020

Lupin III-Lapide di Jigen Daisuke


Titolo: Lupin III-Lapide di Jigen Daisuke
Regia: Takeshi Koike
Anno: 2014
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Lupin e Jigen progettano il furto di un tesoro chiamato Little Comet, custodito nel paese di Doroa Est, ma si ritrovano invischiati nel conflitto spionistico con Doroa Ovest: Jigen viene preso di mira da un misterioso cecchino chiamato Yael Okuzaki, che si dice prepari la tomba alle sue vittime prima di eliminarle.

A Koike è stato dato il progetto di mettere in scena la trilogia dei film di Lupin. Una serie di lungometraggi (divisi in due episodi caduno) che prendono un personaggio in particolare e disegnano una storia fatta a puntino e scandita da una profondità nello stile e nella messa in scena.
I risultati sono stati meglio di quanto potessi desiderare a parte qualche sospensione dell'incredulità nel battere il nemico finale, trovando sempre quella strategia assurda e in fondo appartenente a questo tipo di genere e alla mente folle e ai piani ingegnosi di Lupin.
Il character design poi riesce a rendere in maniera sublime l'estetica oltre che un lavoro incredibile di scenografia nella ricostruzione dei paesaggi e degli edifici.
Uno degli elementi che ho apprezzato di più è la libertà concessa al regista, la violenza che non lesina mai, il sangue che scende copioso e dei dialoghi mai fine a se stessi ma funzionali a dare carattere e polso alla storia. Una trilogia che rimarrà impressa e che continua una carriera artistica incredibile di un regista che si era fatto apprezzare per Redline e Animatrix.
Lupin III-Lapide di Jigen Daisuke è il primo dei tre a cui faranno seguito Lupin III-Uno schizzo di sangue per Goemon Ishikawa e Lupin III - La menzogna di Fujiko Mine


martedì 7 gennaio 2020

Son of Batman


Titolo: Son of Batman
Regia: Ethan Spaulding
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Batman scopre di aver avuto un figlio dalla relazione con Talia Al Ghul. Si tratta di Damian, un letale e geniale ragazzino cresciuto e addestrato dalla Lega degli Assassini. Investigando sul rapimento di Kirk Langstrom e della sua famiglia, il Cavaliere Oscuro deve tenere a bada la sete di vendetta del figlio per la morte di Ra’s Al Ghul, ucciso da Deathstroke. Scegliere tra la propria brama di sangue e gli etici ideali di Batman potrebbe fare di Damian il nuovo Robin.

Come per Justice League vs Teen Titans e Batman vs Robin, rispettivi sequel cronologicamente, il Robin quello cazzuto finalmente fa la sua comparsa, mettendo subito tutti in riga su quello che sarà un cambio d'intenti decisivo soprattutto nel rapporto complesso con Bruce e di vederci chiaro sulla storia della discendenza famigliare.
Spaulding è un mestierante abbastanza novizio anche aveva girato Justice League-Throne of Atlantis in questo piccolo ma sempre più interessante universo Dc tutto animato dove continua il lavoro svolto dai leggendari Oliva e Liu capaci da soli di risollevare l'animazione dei comics.
La storia del film è abbastanza complessa e stratificata vedendo una rosa di nomi decisamente importanti che hanno saputo dare enfasi e carattere alla storia a partire da Il Figlio del Demone, scritta da Mike W. Barr e disegnata da Jerry Bingham, al termine della quale si scopriva che il Cavaliere Oscuro aveva avuto un figlio con Talia Al Ghul fino a Grant Morrison per dare inizio della sua lunga run sulla serie regolare di Batman nel 2006 con la story-arc Batman e Figlio e infine tenetevi pronti come sceneggiatore niente poco di meno che il prolifico e leggendario Joe R. Lansdale (di cui credo di essere uno dei pochissimi ad aver letto tutto e possedere tutti i suoi libri, nonchè fumetti) il quale essendo avvezzo alla materia riesce a creare un nuovo intreccio mantenendo i punti essenziali dell’opera originale senza alterarne contenuti e personaggi.

giovedì 18 luglio 2019

Loreak


Titolo: Loreak
Regia: Jon Garano, Jose Maria Goenaga
Anno: 2014
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

La vita di Ane cambia completamente quando, settimana dopo settimana, riceve un mazzo di fiori a casa. Sempre alla stessa ora e sempre senza mittente.

E'vero fin da subito Loreak (Flowers) ci porta all'interno di una storia che non sembra avere molti elementi d'intrattenimento, con uno stile molto lento, quasi minimale, che si prende i suoi tempi per poi arrivare ad alcuni passaggi districati in maniera geometricamente perfetta e portando a galla uno schema corale fatto di indizi e particolari che nel climax finale troveranno tutte le loro collocazioni.
In parte sembra di vedere Almodovar meno spigliato e meno preso da quella smania di dover comunicare e colpire lo spettatore. Il primo atto è sicuramente delizioso per come la coppia di registi indaga e osserva le dinamiche di una coppia che vive un rapporto passivo dove lei scopre nella scena iniziale di aver raggiunto la menopausa e di un marito che sembra preso da tutt'altro senza darle stimoli e apprezzamenti, se non la tipica gelosia di qualcosa (i fiori) che rompono l'abitudinarietà della monotonia di coppia.
Ed è proprio quel salto fuori dalla normalità, quell'apprezzamento da parte di uno sconosciuto che ogni giovedì le manda un mazzo di fiori, a farle riaccendere la voglia di vivere, la passione di essere desiderata, di una cinquantenne ancora molto bella che necessita di essere vista, amata e apprezzata (se non dal marito, allora dallo sconosciuto dei fiori). Il tutto però senza mai arrivare di fatto a nulla, senza mai far ricorso a scene di sesso o di violenza.
Questi indizi o questo giallo iniziale, sempre con toni da commedia senza mai intraprendere altri percorsi, o inserire un certo cinema di genere, si dipana incontrando altre storie in uno schema quasi corale, dove le traiettorie dei personaggi dovranno scontrarsi e avvicinarsi, senza però mai danneggiarsi come a confermare il bisogno del film di rimanere un dramma moderno complesso e stratificato.
Il punto di forza del film è di rendere interessante una storia che dalle prime scene potrebbe sembrare persino insignificante, mostrando con molta profondità e attenzione cosa può succedere quando ci mancano le parole per esprimere i nostri sentimenti.



sabato 8 giugno 2019

Godzilla(2014)


Titolo: Godzilla(2014)
Regia: Gareth Edwards
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

A Tokyo un segnale elettromagnetico ignoto causa scosse sismiche su vasta scala, compromettendo il funzionamento di una centrale nucleare. Nell'incidente Joe Brody perde la moglie e non si darà pace fino a che non avrà scoperto le ragioni del disastro, nascoste dalle versioni ufficiali. Quindici anni dopo la sua ricerca porterà alla verità, alla più incredibile e distruttiva delle verità.

Godzilla sta dalla parte degli umani, come un Dio che ci protegge dai mostri che vogliono distruggere la terra.
Lui non la vuole distruggere, la vuole fare sua costruendoci un'alcova dove andare in letargo.
Come uno dei Grandi Antichi riposa sul letto dell'oceano e si fa i fatti suoi, magari ogni tanto succhiandosi fino al midollo una centrale nucleare per restare in vita e sparare non si sà bene cosa dalla bocca (fuoco radioattivo).
Sembra di vedere a tratti Pacific Rim, film difficilissimo reso fantastico grazie all'estro di Del Toro, è un compendio di tutti i capitoli di Godzilla del passato, creando in un unico ibrido, nascita, crescita, sviluppo (non suo ma delle altre due creature) e poi uno scontro con altri esseri senza dimenticare l'amore per gli umani (in una scena il protagonista sta per essere attaccato da una delle due bestie, ma Godzilla arriva perfino a salvarlo...)
Alla fine non si sà se arrabbiarsi con Edwards che si era fatto apprezzare per l'indie british del 2010, o con la Legendary e la Warner che forse hanno diretto loro il film.
Per ora Godzilla è il peggior film del 2014.
Vediamo se si riesce a fare di peggio con un budget di 160 milioni.
Credo di sì contando che ci sono Bay e gli altri, che quest'anno daranno vita a tutti i loro scempi cinematografici.
Chissà Ishiro Onda cosa ne pensa, chissà perchè Godzilla, protettore degli equilibri mostruosi che si nascondono sulla terra (dal momento che gli oceani sono sempre più inquinati) non si ribella con noi scimmie meno evolute dei dinosauri, e chissà ancora perchè Aaron Taylor-Johnson, il protagonista, con la solita matassa famigliare e un padre pazzo, l'ottimo Cranston, che ovviamente è il primo a sapere, riesce sempre a guardare tutti i mostri negli occhi come se si fossero innamorati di lui.
Io so solo che Godzilla è stata nel passato una metafora scomoda che avrebbe, come in questo film, dovuto far riflettere su altre cause e non bombardare di effetti e c.g, rincoglionendo lo spettatore fino alla fine dei suoi 120'.
Un merito però il film di Edwards sembra averlo. Ci fa vedere la creatura col contagocce.

Goal of the dead


Titolo: Goal of the dead
Regia: Benjamin Rocher
Anno: 2014
Paese: Francia
Giudizio: 3/5

Sabato 18 aprile 2012. A Caplongue - un piccolo villaggio nel nord-est della Francia con una centrale nucleare, un'agricoltura industrializzata, una chiesa e un basso tasso di disoccupazione - la squadra di calcio locale è riuscita a raggiungere con coraggio e talento i trentaduesimi di finale della Coppa di Francia. Tutti sono in fibrillazione per l'arrivo del Paris Olympic, formazione di massima serie con giocatori ricchi e famosi, ma allo stesso tempo non desiderano perdere la partita. L'incontro, più che una semplice formalità, rappresenta lo scontro tra la campagna e il mondo urbano, tra il calcio dilettante e quello professionista, tra una città di provincia e la capitale e tra i poveri e i ricchi. Mentre i dilettanti di Caplongue danno del filo da torcere ai professionisti, una strana epidemia trasforma lentamente giocatori, spettatori e abitanti del posto, in creature strane ed infuriate.

Ormai quando si parla di zombie movie bisognerebbe fare due precisazioni, almeno.
La prima concerne chi ancora cerca di dare originalità al genere provandoci senza per forza riuscirci ma almeno sforzandosi.
La seconda invece è quella di chi non ha bisogno di essere originale attingendo da almeno una decina di titoli che hanno a loro modo fatto la storia.
Goal of the dead fa parte della seconda precisazione.
Gli europei a volte hanno delle idee davvero bislacche. Amo Rocher e il suo Horde è stata quella perla splatter sugli zombie che tutti chiedevamo in ginocchio. Poi prima di passare a prodotti commerciali per il cinema Antigang ha pensato bene di fare un mezzo esperimento, per fortuna riuscito.
Unire gli zombie al calcio in una commedia grottesca nera e ironica che riuscisse a tenere alti entrambi gli elementi, e quindi far ridere e far schifo allo stesso tempo.
Ci è riuscito, come ci era riuscito (film con cui vedo delle profonde analogie) quella chicca british del 2009 Doghouse di West.
Come dicevo Rocher insieme ai suoi colleghi se ne frega delle regole puntando su un film difficile e stratificato, scritto da troppe persone e con una fase di gestazione complessa dove ad esempio il secondo tempo è stato diretto da un altro regista.
I francesi mostrano però ciò che vogliono come gli inglesi e parte di un cinema indipendente europeo, per cui non devono andare troppo per il sottile e se ne infischiano della censura.
Se prendiamo il manipolo di personaggi, ognuno deve prendersi da solo così tanto tempo che non abbiamo, tutti a loro modo interpretano un clichè senza però portarlo quasi mai all'eccesso che invece Rocher poteva far sperare.

lunedì 3 giugno 2019

Cruel


Titolo: Cruel
Regia: Eric Cherrière
Anno: 2014
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Pierre Tardieu è un lavoratore part time che vive in una vecchia casa insieme al padre malato. Nessuno sembra accorgersi della sua esistenza ma Pierre è in realtà un serial killer, le cui vittime sono persone comuni dalla vita ordinaria: uomini e donne che vivono, lavorano e soffrono fianco a fianco nella grande città.

Cherriere al suo esordio punta su un film con una trama piuttosto abusata e i soliti dettami del genere (la routine di un serial killer) inserendo però all'interno delle dinamiche e dei rapporti con le vittime piuttosto insoliti e particolari dove Pierre anzichè accanirsi sulle vittime preferisce mantenere un profilo più elegante chiacchierando e offrendo loro la cena.
Partendo dal fatto che la messa in scena è pulita, precisa in ogni dettaglio riuscendo a dare importanti segnali anche solo illuminando un anfratto di una cantina grazie ad una sontuosa fotografia che trova alcuni momenti sublimi e di inusitata violenza come la strage nella villa a danno di un gruppo di borghesi e in particolare del giovane festeggiato e la sua passione per il bondage.
Innegabile e colta la citazione non solo al celebre dialogo tratto da "The Wild Bunch" di Sam Peckinpah, ma anche in altri squisiti momenti dove Pierre sembra tormentato dai dubbi e dalle angosce come un serial killer malinconico perseguitato dagli immancabili traumi infantili.
L'aspetto decisamente più interessante al di là dell'ottima caratterizzazione del personaggio di Pierre, interpretato da Jean-Jacques Lelté, è quello di interrogarsi continuamente e dare una caratterizzazione molto intimista e dal tipico folle che riesce però a gestire la sua pazzia con precisione senza mai lasciare una prova dietro di sè fino all'epilogo finale, colto ed emozionante.



venerdì 24 maggio 2019

Sale della terra

Titolo: Sale della Terra
Regia: Wim Wenders
Anno: 2014
Paese: Francia
Giudizio: 5/5

Il film racconta l’universo poetico e creativo di un grande artista del nostro tempo, il fotografo Sebastião Salgado. Dopo aver testimoniato alcuni tra i fatti più sconvolgenti della nostra storia contemporanea, Salgado si lancia alla scoperta di territori inesplorati e grandiosi, per incontrare la fauna e la flora selvagge in un grande progetto fotografico, omaggio alla bellezza del pianeta che abitiamo. La sua vita e il suo lavoro ci vengono rivelati dallo sguardo del figlio Juliano Ribeiro Salgado, che l’ha accompagnato nei suoi ultimi viaggi, e da quello di Wenders, fotografo egli stesso.

Wenders è un po come Herzog.                                                                                                                  Due nomi che hanno fatto la storia. Due registi a 360° che soprattutto negli ultimi anni hanno saputo sposare e incanalare bene la tecnologia nella settima arte.                                           
Dalla fotografia, al 3d, alla capacità di ottenere fondi e permessi quando sarebbero negati a qualsiasi altro essere umano. Questi sono solo alcuni degli aspetti per cui le loro “opere” suscitano e lasciano basiti per l’interesse e i temi che vanno a trattare oltre la delicatezza con cui toccano i sentimenti del pubblico. Il Sale della Terra di cui ci parla Sebastiao Salgado, è un’esperienza durata tutta una vita.    Un percorso e un dovere sociale, dinamico, variopinto, necessario, pericoloso e invidiabile.                  Così, anche se andrebbe scritto un saggio solo sul fotografo e il suo pensiero, è davvero toccante poter avvicinarsi alle mille avventure che lo hanno portato nel momento giusto in alcune parti del mondo in cui la natura e l’uomo continuano a combattere uno scontro che forse non finirà mai.            Dalla violenza, ai volti, al modernismo, fino ad arrivare agli emigrati e poi agli animali, queste sono solo alcune delle tematiche su cui Salgado, con l’aiuto del figlio e con alcuni racconti del padre, crea il suo universo e ci da la possibilità di ammirarlo come quando guardiamo una fotografia e rimaniamo esterrefatti.
Ci si commuove, si spalanca la bocca, si fa fatica ad accettare quello che l’obbiettivo cattura e tutto questo dura il tempo di un film, strutturato, bilanciato e montato in modo semplicemente squisito, come un’opera d’arte che risulterà precisa in tutti i suoi meccanismi.
Salgado diceva che l'uomo è l'animale più crudele, ma capace anche di elevarsi al di sopra di se stesso.

domenica 28 aprile 2019

Preda perfetta


Titolo: Preda perfetta
Regia: Scott Frank
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Matt Scudder è un ex-poliziotto con alle spalle anche un passato da alcolista. Vite entrambe archiviate, la New York che vive adesso la vede sotto gli occhi di un detective irregolare (non ha la licenza), sempre attratto dal sottobosco, in questa sua lotta costante al crimine seppur al limite della legalità. Un giorno Scudder incappa nell’efferato omicidio di una ragazza, ritrovata a pezzi in un laghetto: da quel momento parte la sua caccia al killer. Anzi, ai killer.

Il detective Matt Scudder che vanta al suo attivo diversi romanzi di genere, è l'ennesimo di una nutrita serie di detective abbastanza gregari nel comparto hollywoodiano senza guizzi di scrittura o una psicologia alla base che lo renda diverso o banalmente originale.
I punti saldi di questa scrittura sono evidenti e forzati oltre a nascondere intenti reazionari poco condivisibili. Come tanti altri cugini, diventa presto un melodramma imbracciando armi e bandiera americana risultando quasi sempre sopra le righe diventando quel thriller scialbo che commette svariati passi falsi in termini di credibilità della storia e di coesione narrativa.
Diventa metaforicamente come un videogioco in 2d dove anche a occhi chiusi dopo averci giocato tanto e averne visti troppi simili, sai bene dove saltare e dove fermarti prima di un burrone.


lunedì 11 marzo 2019

Last days


Titolo: Last Days
Regia: Kathrin Bigelow
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

'Un elefante scompare ogni 15 minuti'
Si parla sempre poco del fenomeno del bracconaggio. Forse perchè in Africa, forse perchè sembra non appartenerci, ma in fondo questa pratica ha modificato le sorti di questo pianeta.
La Bigelow è una regista molto coraggiosa che negli ultimi vent'anni ha dato uno scossone al suo cinema, già interessantissimo, interessandosi di politica, scandali, corruzione e terrorismo.
Nel 2014 si è presa a cuore l'idea di produrre questo importante corto animato realizzato in collaborazione con Annapurna Pictures e WildAid e avvalendosi della scrittura di Scott Z. Burns e realizzato in collaborazione con il concept designer Samuel Michlap
"L'anno scorso sono stata messa al corrente della reale connessione tra il bracconaggio di elefanti e il terrorismo. Per me rappresentava l'intersezione diabolica tra due problemi che sono di enorme preoccupazione, ovvero l'estinzione della specie e il terrorismo globale. Entrambi comportano la perdita di vite innocenti ed entrambi richiedono un intervento urgente. Per fare un film su un simile argomento ci vorrebbero probabilmente anni, anni in cui ancora più elefanti morirebbero, così ho invece incontrato una squadra di colleghi cineasti e abbiamo fatto Last Days come un pezzo d'animazione, idea che abbiamo pensato potrebbe presentarlo ad un pubblico più vasto (Internet è piena di immagine grafiche di elefanti macellati eppure la strage continua), ci sono cose reali che tutti noi possiamo fare per fare in modo che finisca la scomparsa degli elefanti selvatici dal nostro mondo, vedi il tagliare fondi ad alcune delle reti terroristiche più famose al mondo".

mercoledì 6 febbraio 2019

Blood lake-L'attacco delle lamprede killer


Titolo: Blood lake-L'attacco delle lamprede killer
Regia: James Cullen Bressack
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dopo aver decimato la fauna ittica, migliaia di lamprede affamate iniziano ad attaccare i cittadini di una sonnolenta località in riva al lago, costringendo la comunità a lottare per rimanere in vita.

Tra i tanti esseri che hanno dominato i film dalla b alla z le lamprede killer mi mancavano.
E chi meglio meglio della scassonatissima Asylum poteva pensare a colmare questa lacuna.
Blook Lake a parte il cameo di Lloyd che si prende una mega lampreda che gli entra nel culo, è davvero penosetta come storiella.
Qualche spunto in cui le cose migliori sono le copiature da altri film di genere più fortunati e che hanno segnato un'epoca senza per forza dover stare a citarle tutte.
Alla fine sono delle specie di sanguisughe che attraverso una ventola "magica" raggiungono gli umani dal momento che hanno divorato tutto il loro ecosistema.
La parte legata alla caratterizzazione come quella del biologo è penosa, ma parliamo di Asylum dove il tasso di intrattenimento deve essere molto alto, con budget risicati, attori che non c'è la fanno più, come la Doherty, e alcuni non sense di base che risultano l'unico elemento ironico del film, proprio quando invece il film cerca facendo il possibile per sembrare il contrario.

mercoledì 23 gennaio 2019

Felt



Titolo: Felt
Regia: Jason Banker
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Amy è una giovane donna che sta provando a superare sia un trauma passato sia le aggressioni che subisce quotidianamente dagli uomini che la circondano. L’unica via di fuga sono per lei un progetto artistico sempre più scandaloso e degli alter ego che la isolano dai pochi amici rimasti ma che almeno le placano il dolore. L’incontro con Kenny, un ragazzo dolce e premuroso, le darà per un po’ l’illusione di un futuro migliore.

Non ho mai visto così tanti cazzi come in questo film. O meglio uno su cui gravita tutta la storia e su cui si concentra parte del trauma della protagonista.
L’attrice e co-sceneggiatrice sembra abbia riversato nel film la sua esperienza di vita e il suo modo di elaborare il trauma dovuto ad una violenza sessuale avuta in precedenza.
Il mio amore per il cinema indie non finirà mai. Aspettavo, certo non trepidante, il secondo film di Bunker dopo il già recensito Toad Road.
Di nuovo l'incubo e di nuovo l'orrore, qui nella sua quotidianità spostandosi da caverne dove assaggiare droghe sintetiche, a parchi, case sugli alberi e una città dove ormai non si ha più vergogna di nulla.
Bunker racconta l'orrore del mondo giovanile ormai privo di valori e completamente allo sbando. Le azioni e i comportamenti anti sociali di Amy fanno davvero impressione durante la visione diventando al limite dell'eccesso e al confine con ciò che è lecito mostrare.
Bunker avvezzo al genere, regala forma e dimensione con un budget molto ridotto e facendo ricorso a pochi elementi, ma studiati alla perfezione, tantissimi dialoghi che ad una prima impressione sembrano improvvisati ma solo in parte, i diversi e grotteschi costumi di Amy e infine la sua passione per l'arte fetish (ma è azzardato definirla così).
Un film che nell'ultimo atto, il rapporto con Kenny, colpisce meno duro ma Bunker è uno tosto e il finale non potrà che distruggere in senso positivo quanto seminato da Kenny.