Visualizzazione post con etichetta Tiff. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tiff. Mostra tutti i post

mercoledì 27 marzo 2024

Dream Scenario


Titolo: Dream Scenario
Regia: Kristoffer Borgli
Anno: 2023
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Paul Matthews insegna biologia alla Osler University. È sposato con Janet ed è padre di due figlie, Hannah e Sophie. La sua esistenza è monotona ed è una di quelle persone che solitamente passano inosservate. Da un giorno all'altro comincia a comparire nei sogni degli altri. Sono persone che conosce oppure perfetti sconosciuti. Non ha mai un ruolo positivo. Nei primi sogni non fa nulla quando una persona si trova in pericolo. Ma successivamente, nell'universo onirico degli altri, diventa sempre più violento. All'inizio diventa celebre ma poi l'improvvisa notorietà gli si ritorce contro. Gli studenti non seguono più le sue lezioni, la sua presenza non è gradita nei locali pubblici, gli amici mandano via lui e la moglie a metà cena e anche la sua vita familiare va in frantumi. L'unico obiettivo che gli resta è quello di pubblicare il suo libro.
 
Borgli è un regista norvegese da tenere sott'occhio. Il perchè è semplice, ha già una sua idea di cinema di politica d'autore affermata nonostante abbia diretto pochissimo preferendo scegliere soggetti complessi e ambiziosi. Dream Scenario è un mezzo capolavoro, un film celebrale che ti entra dentro e racconta veramente tanto di questa società, del peso dell'inviduo, dei social e dei media. Sembra una specie di processo kafkiano in chiave post contemporanea.
Il tema dell'identità, dell'immaginario collettivo, di come un sogno possa trasformarsi molto velocemente in un incubo devastando la vita di un semplice uomo comune che vorrebbe finire di scrivere il suo libro continuando ad insegnare all'università conquistando i suoi alunni.
Disturbante ed onirico a tratti soprattutto nelle scene dei sogni, dove compare senza fare nulla ma come osservatore, quando comincia a trasformarsi in un sanguinario omicida come Freddy Krueger attaccando addirittura la figlia oppure raggiungendo scene formidabili di ironia drammatica con trovate tragicomiche e grottesche come nella scena in cui cercando di simulare nella realtà il sogno erotico che la studentessa fa di Paul, questo è così eccitato che dapprima raggiunge l'orgasmo solo perchè viene stimolato e poi scoreggia distruggendo in un secondo ogni piano erotico possibile.

venerdì 8 marzo 2024

Holdovers


Titolo: Holdovers
Regia: Alexander Payne
Anno: 2024
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Paul Hunham è professore di storia in un college del New England. Rigido ed esigente detesta gli studenti mediocri, figli dei ricchi benefattori che aspettano il diploma senza sforzo. Alla vigilia delle vacanze di Natale è incaricato di vegliare e di sorvegliare i ragazzi che non hanno nessun posto dove andare. Tra loro, in altezza e spirito, spicca Angus Tully, allievo brillante e problematico 'dimenticato' dalla madre. Ostinati e diversamente inadeguati al mondo, Paul e Angus sono costretti a socializzare sotto lo sguardo paziente di Mary Lamb, cuoca della scuola che ha perso il suo unico figlio in Vietnam. Ma l'isolamento e il Natale accorceranno le distanze e li costringeranno a 'rompere le righe' e a 'mettersi in riga'.
 
A ripensarci facendolo decantare, l'ultimo film di Payne fa davvero tenerezza ed emotivamente lascia decisamente qualcosa.
Un film di sentimenti, di emozioni, di formazione, di incontri, di fragilità e di come si ha bisogno quando si rimane soli, di avere attorno qualcuno e creare in un qualche modo un concetto di famiglia. Rimanere da soli in un collegio per svariati motivi da chi ha osato attaccare il sistema, da chi viene messo da parte dai propri genitori o ancora da chi ha perso un figlio in Vietnam.
Giammatti è strepitoso gli viene cucito un ruolo congeniale per le sue potenzialità e peculiarità.
Paul Hunham è una versione testarda, stronza e rancorosa di John Keating. Rigido con i suoi alunni e palesemente frustrato e alcolizzato ma ancora più veniale con i rettori e chi non rispetta le regole brandendo un suo personale codice morale pronto a tornargli contro senza mai fargli fare quello scatto che per anzianità e competenze dovrebbe avere. Payne è bravo a sbrodolare a profusione emozioni senza però mai renderle stucchevoli o sdolcinate ma alternando sempre quel leggero sadismo soprattutto tra Paul e Angus supervisionati e messi in riga dalla matrona Mary Lamb

lunedì 15 gennaio 2024

Naga


Titolo: Naga
Regia: Meshal Al Jaser
Anno: 2023
Paese: Arabia Saudita
Giudizio: 4/5

Una ragazza rimasta bloccata nel deserto arabo corre per tornare a casa prima del coprifuoco, terrorizzata dalla minaccia di una violenta punizione da parte del padre, uomo severo e spaventoso.
 
Ci sono film che riescono a rimanere impressi per svariati motivi senza comprenderne la ragione di fondo. E' il fatto di Naga e di questi film horror che arrivano da paesi dove meno te lo aspetti.
La ragione è legata al fatto del folklore locale che spesso non è pervasa dai soliti stereotipi americani o di un certo cinema di genere ma guardandoo oltre descrivendo situazioni culturalmente loro e che noi non conosciamo. Da questo motivo si evince un diverso e originale interesse per queste opere.
Ultimamente è stato il caso di DACHRA, WHEN EVIL LURKS, NIGHTSIREN, OLDER GODS, ENYS MAN, HUESERA, VIRUS 32, TANK, PIOVE, PANTAFA e molti altri ancora.
Sicuramente il fatto di aver rimosso i divieti legati alle sale precedentemente bandite ha permesso ai sauditi di tornare a frequentarle e poi il fatto di poter girare cinema di genere è un enorme passo in avanti probabilmente legato al fatto che l'horror è uno dei generi più amati e apprezzati e quindi era forse ora di farla finita. Naga nelle sue due ore, ci fa aver paura di cosa può succedere in mezzo alle tende nel deserto e cosa si nasconde. L'aver paura di essere lasciati da soli in preda al craving e all'assunzione di droghe trovandosi a diverse miglia di distanza da Riyadh. Un flusso psichedelico dove Sarah sperimenterà di tutto mostrando con ferocia la sua personalità, andando contro il patriarcato e cercando di salvare la pelle dalle regole di quella comunità e soprattutto da un cammello assetato di sangue che vuole vendicare il suo cucciolo brutalizzato

mercoledì 18 ottobre 2023

Bargain-Season 1


Titolo: Bargain-Season 1
Regia: Woo-Sung Jeon
Anno: 2023
Paese: Corea del Sud
Stagione: 1
Episodi: 6
Giudizio: 4/5

Alcuni uomini vengono coinvolti in un traffico di organi venduti all'asta al miglior offerente. Dopo un terremoto, le vittime, i trafficanti e gli acquirenti rimangono intrappolati nell'edificio e devono lottare per sopravvivere ad ogni costo.

“Bargain segue il modello dei videogame polizieschi, con livelli cooperativi e sfide da superare individualmente che richiedono di adattare la regia e la direzione degli attori al frenetico stile videoludico” ha spiegato il regista Jeon Woo-sung
Tutte le certezze crollano nel vero senso della parola alla fine del primo episodio trasformando la serie in tutt'altra cosa. Un inizio esplosivo dopo un primo episodio davvero incalzante, ricco di colpi di scena, di suggestioni e di assurdi. Su tutto aleggia una disperazione di fondo che coglie tutti i personaggi che siano buoni o cattivi anche se questa dicotomia spesso non è così chiara e tutta la serie spesso gioca sulle vere identità dei personaggi per arrivare a chiedere allo spettatore chi siano realmente.
Devo dire che si sviluppa una certa dipendenza da prodotti di questo tipo. Mi ritrovo dopo anni a dire le stesse cose sulla superiorità dei coreani in fase di sceneggiatura e messa in scena oltre ovviamente la recitazione. Se la disperazione, la sopravvivenza e la vendetta sono i trainanti della storia è pur vero che l'autore alla sua opera prima sigilla qualcosa che sembra un piano sequenza per la sua dinamicità. Un ritmo senza freni, intrigante ed enigmatico, riprese pensate con l'effetto di aumentare la tensione. Un'azione roboante finendo con l'esasperare ulteriormente lo stato di eccitazione e coinvolgimento. In tutto questo una perfezione nella scenografia ancora una volta encomiabile. Ma poi è il cambiare da stanza a stanza, nel cadere nel sottosuolo dove scopriamo come una sorta di struttura piramidale, gente alle prese con situazioni grottesche che macellano corpi umani per darli in pasto ai pesci.
E poi quel finale distopico che lascia presagire una nuova minaccia ci lascia tutti ben sperare che possa avverarsi un seguito. Thriller, survival-drama, denuncia sociale, horror videoludico da camera, action, giallo, splatter, combattimenti, colpi di scena.
Questa breve mini serie è veramente oro colato per gli amanti del genere weird grazie soprattutto alla scrittura ferocemente tragicomica di Choi Byeong-yun e Kwak Jae-min che riescono a manifestare diversi stati d'umore nello spettatore e tante, tante risate legate soprattutto all'obbiettivo di Go Geuk-Ryeol

martedì 6 giugno 2023

Nanny


Titolo: Nanny
Regia: Nikyatu Jusu
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Aisha, un'immigrata senegalese senza documenti, trova lavoro come tata di una ricca coppia di Manhattan. Mentre conquista facilmente l'affetto della loro giovane figlia Rose, diventa una pedina nel matrimonio della coppia. Perseguitata dall'assenza del giovane figlio che ha lasciato in Senegal, Aisha spera che il suo nuovo lavoro le dia la possibilità di portarlo negli Stati Uniti e condividere la vita che si sta rifacendo. Ma mentre il suo arrivo si avvicina, una presenza soprannaturale inizia a invadere sia i suoi sogni che la sua realtà.
 
In Nanny a colpire non è il tema dell'emancipazione, della maternità, dell'immigrazione, della perdita, del sacrificio e del dolore ma quello della servitù e di come sia difficile ora più che mai lavorare come "baby sitter" in una casa di gente benestante con un controllo pervasivo che passa dalle uscite, al cibo da mangiare, ai tempi da rispettare e tutto il resto. Questa sorta di sostituzione al ruolo genitoriale senza potersi affezionare più di tanto alla bambina del caso e dovendo fare soprattutto attenzione affinchè proprio Rose non si affezioni troppo a lei creando disagio nella madre. Una tematica relazionale che seppur vista centinaia di volte il film della Jusu, al suo esordio, riesce a trattare meglio della tematica folkloristica del film, la strega sirena, o del pesante ma abbastanza telefonato colpo di scena del secondo atto. Sicuramente un film sulla cultura afro che deve molto a Jordan Peele e di come abbia rimesso in auge alcune tematiche sulla disparità razziale, le disuguaglianze, il politicamente corretto, la mentalità bigotta e ottusa dei bianchi e molto altro ancora

sabato 13 maggio 2023

Colibrì


Titolo: Colibrì
Regia: Francesca Archibugi
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

La vita di Marco Carrera, medico e padre di famiglia, scorre su binari apparentemente tranquilli, in realtà è irta di percorsi paralleli, coincidenze mancate, occasioni non colte e strade non prese. La moglie Marina tradisce il marito compulsivamente e lo accusa di avere una relazione con Luisa Lattes, una donna italofrancese conosciuta al mare in gioventù. E ha ragione, perché da sempre Marco intrattiene con Luisa un rapporto mai consumato, di quelli che la realtà non può contaminare ma che alimentano un desiderio ostinato e una passione segreta. Completano il quadro famigliare la figlia di Marco e Marina, Adele, il fratello di Marco, Giacomo, il ricordo della sorella Irene morta a 24 anni, e due genitori eternamente conflittuali ma incapaci di vivere lontani. In mezzo a loro Marco fa come il colibrì: sbatte forsennatamente le ali per rimanere fermo allo stesso posto, mentre intorno il mondo e i rapporti inevitabilmente cambiano.
 
Il colibrì non è un uccello particolarmente vispo. Rimane in disparte, fa il suo, non si arrabbia mai, rimprovera ancora meno e sembra adattarsi alle circostanze anche se queste prevedono esiti nefasti e conseguenze inattese. Marco è un personaggio spaccato dalle scelte che dovrà fare, che gli altri prendono al posto suo, di un matrimonio fallimentare, di un vero amore mai preso così sul serio e di un affetto e una cura per chi gli sta affianco incredibile senza mai grossi sbilanciamenti d'umore.
Eppure tutto sembra contorcersi, riconducendo la sua stessa esistenza da borghese ad una vita di occasioni mancate e scherzi nefasti del destino. Troppe morti alcune per trovare facili sensazionalismi così come il marcare sempre sul tema del lutto con struggimenti e dialoghi urlati. Un Nanni Moretti come psicanalista che non si può vedere in un film dove nessun personaggio sembra mai essere vivo per davvero, ma sembrano tutti dotati di una passività e di un vivere per circostanza tipico di alcuni drammoni del cinema italiano.


venerdì 3 marzo 2023

Project Wolf hunting


Titolo: Project Wolf hunting
Regia: Kim Hong-sun
Anno: 2022
Paese: Corea del sud
Giudizio: 4/5

Mentre vengono trasferiti dalle Filippine alla Corea del Sud con una nave cargo, alcuni pericolosi criminali provocano una violenta rivolta, finché un mostro non identificato si risveglia dal suo sonno...

E finalmente torna un bagno di sangue con i contro cazzi. Uno di quei film assurdi, pulp, grotteschi, sanguinolenti dove dentro c'è tutto gore, torture, splatter a gogò, miserabili poliziotti, carcerati assassini stupratori e depravati. In tutto questo immette alcune postille prese dalla trama di PHILOSOPHY OF A KNIFE, PREDATOR e CON AIR. Il risultato è semplicemente una bomba a deflagrazione che farà letteralmente sbavare tutti quelli che come me amano alla follia il cinema di genere e che si sono lasciati incantare dalla finta voglia di gore di SADNESS. E i coreani ancora una volta palesando qualcosa di già detto mille volte lo sanno fare meglio e con più forza e spinta negli intenti, nel ritmo e soprattutto nella narrazione e nella messa in scena.
Sicuramente nel suo essere goliardico è uno dei film dell'anno, dichiaratamente fuori dagli schemi ma così inverosimilmente realistico e piacevole che vorremmo averne a centinaia di film così.
Ancora una volta Busan sembra irraggiungibile e ancora una volta usare quello strumento narrativo per cui non fai in tempo a simpatizzare per qualcuno perchè morirà è l'ennesima ciliegina sulla torta.

Venus


Titolo: Venus
Regia: Jaume Balaguero
Anno: 2022
Paese: Spagna
Giudizio: 4/5

Lucía è la ballerina di un nightclub che una notte decide di rubare un grosso carico di droga ai proprietari mafiosi del locale dove lavora. Tuttavia viene scoperta e, dopo una violenta collutazione – dove viene accoltellata a una gamba-, riesce a scappare. Non sapendo dove nascondersi, Lucía decide di rifugiarsi dalla sorella Rocío con cui non ha rapporti da anni e dove non è sicura di non essere cercata. Così approda al Venus, grattacielo popolare circondato da sinistre leggende metropolitane che si erige nei sobborghi di Madrid.
 
Venere è un mix di generi pazzesco che ancora una volta sottolinea il peso specifico di alcuni autori spagnoli davvero in grado di sorprendere con pillole sul cinema di genere originali e piene di forza.
Gangster movie, dramma, esoterismo, maledizioni, splatter, gore, torture, freaks e mostri, creature dell'orrore cosmico, Barker e quella sotto traccia che sembra riportare ai Cenobiti, lo stesso racconto di Lovecraft attualizzato e molto altro ancora.
Lucia è un'altra importantissima final girl forse tra le più affascinanti e cazzute con un dono che non sa di avere in una location che ricorda REC per certi aspetti dove cominciano a succedere cose pazzesche, dove le vecchie sembrano di nuovo come in diversi film dello stesso Iglesia, un mix tra streghe ed Erinni, dove ciò che entra nel palazzo quasi sempre è destinato a non uscire più e dove il ritmo è forsennato senza lasciare buchi o far sì che la struttura del film, più complessa di quello che si creda, possa avere sbilanciamenti o passaggi macchinosi. Il cast poi è stupendo riuscendo a dare quel tocco in più come sempre con l'aggiunta di alcuni personaggi vedi Magui Mira devastante, la stessa Ester Exposito e infine la ragazzina davvero sorprendente.
Uno dei migliori horror del 2022 senza alcun dubbio.

giovedì 2 marzo 2023

Whale


Titolo: Whale
Regia: Darren Aronosfky
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Charlie è un uomo obeso di una cinquantina d'anni. Vive solo, passa le giornate seduto sul divano tenendo corsi di scrittura online, guardando la tv e mangiando compulsivamente. Nella sua vita ci sono Liz, amica infermiera che si prende cura del suo stato di salute sempre più precario, e la figlia Ellie, diciassettenne che ha abbandonato quando era bambina per seguire l'amore della sua vita, Adam, il cui successivo suicidio è alla causa della sua obesità. Sentendo la morte avvicinarsi Charlie decide di spendere il tempo che gli resta per riconciliarsi con Ellie, la quale non gli ha mai perdonato la sua scelta...
 
Aronofsky continua a procedere con una filmografia tutt'altro che scontata passando da un estremo all'altro e confrontandosi con mondi e situazioni marginali. In questo caso sceglie un altro "freaks" che meglio ancora del wrestler Randy, incarna una importante fetta della popolazione americana portando una riflessione sul tema dell'obesità. Perchè Charlie non è nemmeno tra i più obesi del paese a stelle e striscie. In più è un insegnante omosessuale con un brutto lutto e diversi problemi con la famiglia e la religione senza ovviamente parlare di ciò che lo dilania dall'interno.
In tutto questo con una macchina che riprende quasi solo il salone di casa sua e il divano dove rimane per la maggior parte del tempo, l'autore si concentra in due ore a dipanare la galleria di personaggi che si confronta con lui come se fosse una sorta di santone che ormai arrivato al capolinea dispensa consigli a destra e a manca. La figlia ritrovata, il ragazzo scappato dalla setta religiosa, l'ex moglie alcolizzata, l'infermiera che ha perso il fratello. Tutti lo aiutano quando in realtà hanno bisogno di lui. E' fuori c'è sempre la tempesta mentre in casa la calma apparente.
C'è la metafora di Moby Dick, l'anarchia di un professore che esorta gli studenti ad essere se stessi e alcune scene come quella iniziale o quella dell'ingozzamento e il finale stesso che riescono come tutto il mood del film a premere sull'empatia, la sensibilità e l'umanità prima di tutto.

lunedì 20 febbraio 2023

Banshees of Inisherin


Titolo: Banshees of Inisherin
Regia: Martin McDonagh
Anno: 2022
Paese: Irlanda
Giudizio: 4/5

Un’isola irlandese in mezzo all’Oceano. Non c’è luce elettrica né mezzi di trasporto che non siano carri trainati da animali. Un uomo cammina lungo un sentiero per andare a prendere un amico e scendere al pub del paese per una birra. L’amico non gli risponde, non vuole più vederlo. L’uomo rimane perplesso, non se ne fa una ragione. Insiste per vedere l’altro, che invece è concentrato nella sua musica. Colm sta infatti finendo di comporre una canzone con il suo violino e dice di non aver tempo da perdere per amici che lui definisce noiosi come Patraic. È il 1923 e dall’altra parte della costa c’è una guerra civile di cui gli abitanti dell’isola sembrano interessarsi poco. Qualche lampo in lontananza. Qualche colpo di cannone. Ma se una guerra “fratricida” iniziasse anche in quell’isola? Così per un nonnulla?
 
L'ultimo film di McDonagh è qualcosa di assurdo. Un film grottesco, tragicomico, un continuo susseguirsi di provocazioni da una parte all'altra dove giovani adulti sembrano prendere le distanze e farsi torti a vicenda sulla base di un apatia e una noia generale. Tutto questo fino a quando non partono le minacce e i tentativi per dare un messaggio all'altro di prendersi le dovute distanze arrivando ad amputarsi parti del corpo rinunciando alla musica e minando le proprie scelte di vita.
La vicenda trasuda semplicità e allo stesso tempo impiega una scenografia e degli elementi che sembrano collocarlo in un luogo dimenticato in mezzo alle scogliere dove il tempo attraversa le vite dei personaggi sottolineandone il malessere più profondo.
C'è il figlio al prodigo che ritorna nel suo villaggio, quasi medievale, dalla sorella in cui il tempo è fermo. C’è il pub, la pettegola della drogheria, c’è il matto, la strega, l’orgoglio ferito e i rimpianti del passato e a parte questo a farla da padrona una depressione generale: tutti elementi tragici shakespeariani. Eppure nel suo ripetersi, nel suo rincorrere le stesse azioni e gli stessi momenti sarà anche per il lato geografico, ma il film è splendido e sembra non avere mai una dimensione spazio tempo precisa come se procedessimo sempre in un limbo.

lunedì 2 gennaio 2023

Under the open sky


Titolo: Under the open sky
Regia: Miwa Nishikawa
Anno: 2020
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Mikami, ex esponente della Yakuza, che ha trascorso la maggior parte della vita in prigione, viene rilasciato. Inizia cosi a lottare per trovare un lavoro adeguato e per inserirsi nella societa. Ma il codice di condotta di Mikami, profondamente radicato nelle regole e nei codici ai quali apparteneva, non si adatta all'ordinato sistema di assistenza sociale del Giappone. Il mondo in cui viene catapultato e un mondo che non capisce. Essere compatito o disprezzato non fa parte del suo bagaglio culturale, inoltre non comprende la grammatica sociale degli aiuti statali, volti a trovargli lavori saltuari e mal pagati. La sua natura impulsiva e inflessibile e le sue radicate convinzioni rischiano di compromettere anche i rapporti con chi cerca di aiutarlo.

La yakuza non è più quella di una volta, ormai i tempi sono cambiati e la società sembra aver prevaricato sulla mafia lasciandogli solo più le briciole. Questa è la summa del film e del discorso che la sorella del capo yakuza fa a Mikami come a persuaderlo a continuare il suo percorso di redenzione evitando di ritornare sui suoi passi e gli errori commessi.
Il film di Nishikawa è intriso di una poetica e una proposta di contenuti davvero commovente.
Gestisce una tipica storia di redenzione dandogli connotazioni originali, sguardi e scontri culturali tra vecchia e nuova scuola, codici post contemporanei con cui Mikami dovrà a suo modo e con tutte le difficoltà del caso confrontarsi con la modernità e una burocrazia che sembra minare la sua presunta calma apparente. Un uomo poliedrico che come ogni uomo della terzà età non accetta la vecchiaia, volendo fuggire da essa, passando da un estremo all'altro, da un contesto violento ad uno in cui decide di prendersi cura di quegli stessi anziani che in parte lo spaventano.
Un film che procede dipanato su più livelli con tante complessità annesse e raccontate riuscendo a distribuire la narrazione in diverse forme e con attori in stato di grazia in grado di dare la possibilità a Kōji Yakusho di caratterizzare un personaggio ai massimi livelli.
E'un film sui sentimenti, sulla lotta continua contro noi stessi per domare quel demone che sembra risvegliarsi alla prima difficoltà e alla lotta di un uomo che non vuole accettare un conformismo di una società che non tollerà più gli outsider come lui.



martedì 1 novembre 2022

Womb


Titolo: Womb
Regia: Benedek Fliegauf
Anno: 2010
Paese: Germania
Giudizio: 3/5

Rebecca e Tommy si conoscono da preadolescenti e tra loro nasce un sentimento che verrà bruscamente interrotto dalla partenza di Rebecca. Quando, divenuti ormai un uomo e una donna, si incontrano di nuovo, l'amore ha modo di manifestarsi in tutta la sua intensità. Per breve tempo però, perché Tommy muore investito da un'auto e Rebecca si sente in qualche modo corresponsabile dell'incidente. Essendo ormai possibile la clonazione di esseri umani decide di farsi impiantare nell'utero un Tommy che crescerà come un figlio amatissimo. Senza rivelargli nulla della sua origine ma anche con la prospettiva di ritrovarsi davanti, una volta cresciuto, la copia dell'uomo che continua ad amare.
La mancata elaborazione della perdita della persona amata può finire per riversarsi morbosamente su un figlio sotto una strana forma d'incesto?

Questa è molte altre sembrano le domande che Fliegauf sembra porsi con una storia scifi distopica dove affronta la clonazione, l'eugenetica, i rapporti umani, la pratica psicoanalitica, il senso di colpa, le discriminazioni sociali a danno in questo caso delle "copie". Il film poi ha un ritmo molto lento, estremamente patinato, pochissimi dialoghi, senza offrire coordinate spazio-temporali in cui la vicenda prende piede ma lasciando in quelle lande tedesche una sorta di limbo dove crescere, perdersi e ricongiungersi, un luogo nordico freddo e sconfinato come i piani lunghi che spesso l'autore predilige per le inquadrature. Un film complesso e assorto dove tante tematiche si affrontano e quasi tutte riescono nel difficile compito di dare spiegazioni anche dove non necessitano, in questo caso ragionando sul tema della clonazione che nasce dall'incapacità di elaborare il lutto e di accettare il corso naturale di vita e morte. La possessività di Rebecca andrà contro la volontà di Tommy che si batteva proprio contro quel centro dove possono dar vita alle clonazioni. Ne diventerà un prodotto. Una copia, come tante altre, che la gente schiva impaurita da questa nuova generazione dell'onnipotenza scientifica e cosciente di come andrà a finire e del perfetto climax finale che non può per forza di cose prevedere un happy ending.

mercoledì 2 giugno 2021

Shorta


Titolo: Shorta
Regia: Anders Ølholm e Frederik Louis Hviid
Anno: 2020
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5

I dettagli esatti di ciò che accadde a Talib Ben Hassi, 19 anni, mentre si trovava sotto custodia della polizia rimangono poco chiari. Gli agenti Jens e Mike sono di pattuglia nel ghetto di Svalegården quando la radio annuncia la morte di Talib, facendo esplodere la rabbia repressa e incontrollabile dei giovani del quartiere, che ora bramano vendetta. Così all’improvviso i due poliziotti diventano un bersaglio facile e devono lottare con le unghie e coi denti per trovare una via d’uscita dal ghetto.
 
Di Shorta si è parlato molto bene, forse troppo. La storia dello sbirro bravo e quello cattivo, della periferia pericolosa dove è meglio che le forze dell'ordine non entrino, non sono elementi sconosciuti al genere poliziesco e di recente è riuscito ancora meglio a descrivere il dramma sociale e le implicazioni politiche il bellissimo Les Miserables. Come lì anche qui si parte da un action movie con le squadre pronte a compiere i soliti giri, il poliziotto nuovo che dalla sua deve tenere d'occhio il collega violento e così via fino a prendere in "ostaggio" un ragazzino straniero e fuggire assieme a lui per il quartiere cercando di eludere le gang alla caccia dei poliziotti.
Anche in questo le analogie con il film francese sono pressochè identiche, in questo caso poi il ragazzino viene preso dai poliziotti per aver imbrattato l'auto a differenza di altri criminali che avevano fatto di molto peggio. Forse l'unica vera differenza è l'attualità di un fatto di cronaca che qui ritorna su più piani ovvero la morte del ragazzo sotto custodia delle forze dell'ordine per arresto cardiaco. 
Shorta rende il dramma sociale un thriller palpitante, segnato da fughe, sparatorie, combattimenti e inseguimenti in maniera massiccia e spietata diventando l'ennesimo film di guerriglia di periferia messa in scena in maniera quasi perfetta senza edulcorazione in quello che accade nel quartiere.

martedì 11 maggio 2021

Nuevo orden

 

Titolo: Nuevo orden
Regia: Michael Franco
Anno: 2020
Paese: Messico
Giudizio: 4/5

Città del Messico, 2021: il divario tra classi sociali si fa sempre più marcato. Un matrimonio dell'alta società viene interrotto da un gruppo di rivoltosi armati e violenti, parte di una più ampia sommossa dei meno abbienti, che prendono in ostaggio i partecipanti. L'esercito messicano sfrutta il disordine causato dalle rivolte per instaurare una dittatura militare nel paese.
 
E' il popolo divenne l'angelo sterminatore direbbe forse Bunuel. Nuevo orden è un film pieno di azione senza fine e colpi di scena imprevedibili che picchia duro, arrivando come un pugno nell'esofago lasciandoti in ginocchio a cercare di respirare.
Una critica sociale e audace incessante e brutale della disuguaglianza di fortissimo impatto con un livello di violenza a volte esagerato ma mai gratuito nemmeno quando vediamo infilato un manganello in culo ad un prigioniero.
Il cinema messicano come tutta la new generation di film sudamericani sembrano più che mai incazzati e desiderosi di mostrare potenziali scenari nemmeno così utopistici prendendo di mira un ordine dispotico che tiene al guinzaglio la servitù diventando uno straziante dramma senza happy ending, con un finale davvero amaro e per finire una giostra degli orrori in cui il potere, però, è qualcosa di tanto labile da finire per tornare sempre nelle stesse mani. Dall'evolversi all'interno della villa, al viaggio nell'inferno di Marianne che lasciando la villa entra nel cuore dei disordini sociali di una manifestazione contro gli abusi sociali e di potere. La prigionia diventa una macelleria messicana come per la scuola Diaz, dove l'esercito farà ciò che vuole seviziando di continuo con i corpi dei presunti detenuti vittime senza avere una colpa se non quella di appartenere a un ceto aristocratico.

Lucky (2020)


Titolo: Lucky (2020)
Regia: Natasha Kermani
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

La vicenda di una donna aggredita da uno strano uomo che continua a comparirle davanti.
 
Da sempre nell'horror l'home invasion ha saputo portare "oceani"interi al suo mulino.
Un sotto genere, una metafora, un attacco alla famiglia, ai valori di una nazione.
L'home invasion da sempre ha suscitato un certo interesse anche perchè è qualcosa di intimo che succede e si dipana tra le mura casalinghe e quindi crea spesso un'atmosfera claustrofobica per chi è costretto a combattere contro un nemico dentro le mura di casa spesso dovendo difendere anche i propri figli. Solo per alcuni aspetti Lucky della Kermani al suo secondo lungometraggio mi ha ricordato Elle. Se nel film del maestro Verhoeven c'era un darsi al carnefice per una consumazione di corpi e tutta una desamina sull'aspetto erotico e sessuale, qui invece sembra esserci un ciclo a ritroso con il killer che ritorna in loop nonostante la nostra protagonista riesca più volte ad ucciderlo in maniera diversa. Il sogno, la schizzofrenia, la paura di non essere creduta, il cadavere che scompare appena morto. Eppure il vero intento della Kermani è una denuncia sociale che già era sottointesa ed espressa a livelli molto alti con Invisible man (sempre sotto l'ottima Blumhouse), riflettendo sulla paura di rimanere da sole in una società maschilista che sembra sempre sul punto di sottolineare il fatto che la donna in questione se l'è andata a cercare.
Lucky però da un impianto di planting and payoff calzante nel primo atto, finisce senza avere quel guizzo narrativo di diventare un film troppo lento e concettuale e con un climax finale decisamente

martedì 27 aprile 2021

Violation


Titolo: Violation
Regia: Dusty Mancinelli, Madeleine Sims-Fewer
Anno: 2020
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Una donna tormentata e sull'orlo del divorzio torna a casa dalla sorella minore dopo anni di lontananza. Ma quando sua sorella e suo cognato tradiscono la sua fiducia, lei si imbarca in una feroce crociata di vendetta.
 
Chi viola cosa..il rape & revenge al contrario, una donna minuta e spaesata si ritrova a impazzire completamente in una forma più che mai lucida di schizofrenia per disintegrare letteralmente il corpo del cognato dopo una tortura lunghissima ed estenuante capace di mettere a dura prova la sensibilità del pubblico. Violation è un indie low budget interessante più dal punto di vista tecnico e concettuale delle immagini e la struttura dei dialoghi che non nella inusitata violenza con scene di nudo e di tortura e un taglio quasi da snuff movie.
C'è tantissima insopportabile violenza ma ci sono anche altri momenti in un ritmo e una narrazione non lineare suggestivi e molto reali capaci di mettere a confronto coppie apparentemente diverse ma in fondo così simili disillusi dal desiderio e tutte le sue implicazioni come l'appagamento sessuale.
Un film per nulla semplice, un'opera che si colloca in una chiave modernista di un certo cinema horror dove sono sempre più protagoniste le donne (per fortuna) sia come protagoniste ma soprattutto come sceneggiatrici e in questo caso anche registe e attrici.
Una baita sul lago, quattro attori, due salvagenti, un telo di plastica, un cazzo eretto e infine dissanguamento, sezionamento, bollitura della carne, soffocamento e molto altro ancora..

domenica 18 aprile 2021

Buco


Titolo: Buco
Regia: Galder Gaztelu-Urrutia
Anno: 2019
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

In un futuro non così improbabile, Goreng si fa rinchiudere volontariamente in una sorta di prigione tecnologica a livelli verticali. Quello che distingue i vari detenuti è l’abbondanza di cibo, che arriva ogni giorno su una piattaforma mobile ferma a ogni piano per pochissimo tempo. Ci sono più di 100 livelli e più si scende meno resta per chi è sotto. In ogni cella ci sono due persone che non si sono mai conosciute prima.
 
El Hoyo è il tipico film furbetto e ambizioso che con una struttura atipica e una complessa geometria di scenografie cattura subito l'interesse dello spettatore portandolo a farsi mille domande per avere solo in parte alcune risposte. Un film costipato di simbologie e dettagli a cui fare estrema attenzione come poteva essere per un altro film giocato su un discorso simile, il semi capolavoro Snowpiercer. Una struttura atipica, un ritmo vertiginoso, un'atmosfera solida e gelida come la fotografia e le pareti della prigione. Una metafora sul consumismo, su dove si è disposti ad arrivare pur di rincorrere la propria ambizione oppure sfogare i sentimenti più beceri o squallidi oppure giocare all'esperimento sociale per curiosità. Un film sicuramente non esente da difetti, preciso però nell'affondare la critica e le bestialità umane, in un continuo sali scendi voluto per spiazzare lo spettatore e renderlo vittima inconsapevole di cosa realmente sta succedendo o quali siano gli intenti, dall'altro per un gioco o un progetto del quale non si arriva mai a capire il significato ( a differenza invece del film di Bong Joon-ho dove Ed Harris alla fine spiegava a Curtis l'obbiettivo). Sicuramente impreziosito da una cura maniacale per i dettagli, da inquadrature perfette e interpretazioni molto intense, El hoyo non sarà il film dell'anno ma almeno si mette in gioco con uno scopo davvero apprezzabile.

martedì 17 novembre 2020

Into the Inferno


Titolo: Into the Inferno
Regia: Werner Herzog
Anno: 2016
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 5/5

Werner Herzog comincia ad interessarsi di vulcani, cinematograficamente parlando, dal documentario "La Soufriére" del lontano 1977. Into the inferno è una summa delle sue varie riprese attraverso il mondo - dall'Australia all'Indonesia, dalla Corea del Nord all'Islanda - alla ricerca dei vulcani più impressionanti del mondo, raccontati non solo nella loro valenza scientifica, ma soprattutto nella loro dimensione magica, e nella loro straordinaria capacità di informare la visione del mondo delle comunità circostanti.

“Si tratta della cosiddetta catastrofe di Toba, l’esplosione di un super vulcano indonesiano avvenuta tra 70 e 80mila anni fa. Fu un evento davvero catastrofico, probabilmente il più potente degli ultimi 500mila anni, di cui è testimonianza diretta un enorme cratere di oltre 100 chilometri di diametro, visibile dallo Spazio, e i sedimenti di polvere e pomice con la stessa datazione rinvenuti in India e persino in Africa orientale. Le conseguenze dell’eruzione non sono state accertate con sicurezza: secondo alcuni, l’evento fu così forte da spazzare via quasi del tutto la specie umana, lasciando in vita solo poche centinaia di persone.
“Comunque siano andate le cose, la nostra specie è ancora qui, ancora viva, il che la dice lunga sulla resilienza dell’essere umano e sulla nostra estrema adattabilità. Per quanto riguarda il futuro, è ipotizzabile pensare che un evento del genere, prima o poi, si ripeta. Naturalmente, la probabilità è molto bassa. Ed è difficile stimare quando succederà – potrebbero passare altri 100mila anni – e quali sono le zone vulcaniche che più probabilmente ne saranno coinvolte”. Oppenheimer
Clive Oppenheimer che però non c'entra nulla con il regista di Act of Killing, è il narratore di questa nuova avventura del famoso e poliedrico artista tedesco.
Sono anni ormai che ringrazio Werner per darmi la possibilità di scoprire le più desolate e inimmaginabili aree geografiche nascoste al mondo per scoprire così qualcosa di nuovo e magico.
Ecco è proprio la magia quella che l'autore riesce sempre a far scaturire dai suoi lavori mettendo al centro la natura e le immagini e lasciando che siano loro a parlare senza interrompere questo straordinario disegno che piano piano si sta cancellando dalla nostra memoria per lasciare spazio a frame e pixel che mostrano una società e una natura sempre più "liquida".
In questo modo possiamo osservare assieme al regista come spettatori e scoprire così assieme a lui, una guida sacra in territori inesplorati, un Virgilio che risponde proprio al nome del famoso vulcanologo citato prima e che non a caso ci accompagna nel viaggio nell'inferno come il titolo.
I vulcani poi da sempre sono stati qualcosa che ha appassionato il documentarista e allo stesso modo la loro natura e la loro furia sono da sempre tra gli spettacoli più maestosi e imponenti che la natura ci abbia dato modo di osservare e temere. Il documentario si apre in chiave interpretativa ad un messaggio globale sempre attuale e importante. Negli ultimi anni le catastrofi e i disastri ambientali stanno diventando argomenti a cui non si presta quasi più attenzione. Da questo punto di vista i vulcani sono dei termometri perfetti misurando lo stato di salute del pianeta. L'opera diventa allora un percorso di spiritualità antropologicamente molto interessante come le leggende narrate dagli indigeni su cosa rappresenti nel loro immaginario il vulcano.
Se la lava "esprime la rabbia dei diavoli" diventando il sangue del pianeta allora la valenza simbolica attribuita a questi fenomeni può diventare un sistema simbolico organizzatore di senso, una cosmologia perfetta e allo stesso tempo un segnale con caratteri divini.
Immagini nitide, scioccanti, alcune di repertorio, di certo nessuna "modificata" con la cg, dimostrano la passione inesauribile di un ultrasettantenne che apparentemente non sembra aver paura di niente.
Dai più strani, giganteschi e leggendari del mondo, veniamo catapultati in Indonesia, nella Corea del Nord, passando per le montagne di Islanda ed Etiopia. Ovviamente come tutti i lavori del regista non manca una parte che introduce e spiega l’aspetto scientifico della questione come dicevo raccontando l’antichissimo legame tra vulcani, mitologia e spiritualità.
"E sono tornato a occuparmi di vulcani, stavolta per sempre. Ma non solo in senso stretto: mi interessa come la vulcanologia si interfaccia con archeologia, matematica, fisica, biologia, storia”. Oppenheimer

Scomparsa Di Eleanor Rigby-Loro


Titolo: Scomparsa Di Eleanor Rigby-Loro
Regia: Ned Benson
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Eleonor Rigby è stata chiamata così da un ragazzo e una ragazza che si erano incontrati davanti ad un locale dove avrebbero dovuto suonare i Beatles, e forse nel nome scelto per lei, una volta che quel ragazzo e quella ragazza sono diventati una coppia sposata, c'era un'intuizione profonda riguardo al destino della propria figlia. Perchè Eleanor, quando noi spettatori facciamo la sua conoscenza, è una trentenne che ha scelto la solitudine, scomparendo dalla vita del marito Conor e rimanendo virtualmente alla finestra a contemplare tutta la gente sola come lei.

Si è tanto detto e parlato di questo film, anzi di questo lungo progetto. Sinceramente pur senza avere aspettative me lo aspettavo più entusiasmante e meno lungo portando alla luce questa ennesima versione, in chiave meno che mai indie come si poteva pensare, di una crisi di coppia che diventa crisi esistenziale
Scoperto l'arcano mistero che vuole Eleonor e Ruben divisi o pronti a rincorrersi senza mai di fatto perdere del tutto i contatti, ma rimanendo sempre collegati, questo affresco con poche varianti e cambiamenti rispetto allo schema classico, non riesce quando avrebbe dovuto fare quel salto in avanti di sceneggiatura elevando gli intenti e portando ad un buon lavoro di scrittura.
Ed' è davvero un peccato perchè gli elementi ci sono davvero tutti.
Nasceva come un progetto curioso di cui la versione sbarcata sulla Croisette è una riduzione delle due versioni presentate a Toronto sui rispettivi protagonisti.
Un progetto singolare e astuto a livello commerciale con tre film al tempo stesso, Him, Her, Them.
Benson riflette sulla possibilità di scegliere il proprio avvenire, di mettere a fuoco il libero arbitrio, di rispettare l'altro(a) in tutte le sue diversità e di accogliere le fragilità nel modo più spontaneo possibile.
Con un cast che fa la differenza, pensiamo alla Huppert, Hurt, e la travolgente Chastain, il progetto di Benson è un film nostalgico, che muove le corde dei sentimenti senza vibrazioni mai troppo forti ma anzi giocando su un apparente calma che sembra dover esplodere da un momento all'altro.
Un film di non detti, con un montaggio che pur volendo fare la differenza, si concentra troppo su se stesso, così come l'estetismo di fondo che a volte mette in ombra i protagonisti.
E'un film bipolare quello di Benson, che non riesce a scegliere un proprio binario ma oscilla tra dramma coniugale e commedia ironica a volte con dei dialoghi di troppo e la telecamera abbandonata a se stessa.

sabato 8 agosto 2020

Sea Fever


Titolo: Sea Fever
Regia: Neasa Hardiman
Anno: 2019
Paese: Irlanda
Giudizio: 4/5

Una misteriosa creatura ha intrappolato il peschereccio su cui Siobhán, solitaria studentessa di biologia marina, sta facendo delle ricerche. Nella lotta per la sopravvivenza, Siobhán dovrà guadagnarsi la fiducia dell'equipaggio

Le pellicole "degli abissi" da sempre sono stati per me a livello suggestivo qualcosa di ancestrale, rimanendo di fatto come un'esplorazione di mondi e realtà sommerse che mi hanno suggestionato molto più di tante e diverse realtà. Il perchè rimarrà sempre un mistero.
Sea Fever è un'esperimento interessante, difficile da catalogare per quanto non sia a pieni titoli un horror con mostro marino che attacca l'equipaggio (nel senso che per fortuna lo vediamo poco) ma di fatto è così. Un film molto minimale con una lentezza nei movimenti e in parte nel dipanarsi della storia ricercando e ricreando un fascino originale quanto legato a qualcosa che sembra nel bene scaturire dalle pagine di Tim Curran.
Neasa Hardiman al suo primo film a dispetto del suo impiego come mestierante per serie tv discutibili si ricollega in questo modo all’antica paura del mostro marino, dell’ignoto, agli antichi miti e superstizioni che per secoli resero gli equipaggi vittime di fobie, ammutinamenti e paure ancestrali e mai del tutto sopite. Perchè sulla Siobhàn, lo stesso arrivo di Freya sembra sconvolgere l'ordine costituito, dai suoi capelli rossi, dal suo essere pragmatica e scientifica, nel suo soprattutto prendere decisioni e non abbassare mai la testa. Un terror movie femminile e materno dove anche la creatura sembra con quei suoi tentacoli cullare e allo stesso tempo deflorare il peschereccio come a comunicare l'errore che i marinai stanno commettendo avendo varcato un confine.
Dal momento che i pescatori non nuotano, quel paradiso nascosto nel pieno Atlantico, lo captiamo proprio assieme a Freya a quella sua smisurata voglia di sapere, conoscere e comprendere con visioni affascinanti degli abissi. Una regia per certi aspetti claustrofobica sia sopra che sotto dando carattere e prova di riuscire ad essere atipico. Un thriller surreale originale di cui sinceramente ne sentivo tanto il bisogno. Il finale poi che sfugge da ogni happy ending scegliendo di nuovo la carta del sacrificio rende ancora più carattere ed emozione.