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martedì 22 marzo 2011

Ho solo fatto a pezzi mia moglie

Titolo: Ho solo fatto a pezzi mia moglie
Regia: Alfonso Arau
Anno: 2000
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Texas. Tex un macellaio, uccide la moglie perchè lo tradisce continuamente con mezza città. L’uomo la taglia a pezzi e nasconde il cadavere fuori città vicino ad un albero.
Il cadavere viene diviso in sette pezzi, ma l’ultimo, una mano con il dito medio alzato, finisce tra le mani di una donna cieca del villaggio che subito dopo aver trovato la mano ci vede di nuovo.
L’arto reciso viene attribuito alla vergine che comincia a compiere miracoli nella cittadina del New Messico guarendo storpi, allungando falli ad un nano negretto, rinforzando le tette di una ragazza, togliendo i brufoli al ragazzo della ragazza.
Dopo questa catena di miracoli, la cittadina diventa una fiera grottesca dei miracoli, dove non esiste più una fede ed ognuno è libero di inventarsi quella che più gli garba purché aumenti il turismo o le entrate locali.

Difficile da giudicare questo film che si limita, per buona parte, ad essere niente di meno che una cozzaglia di luoghi comuni, adattando personaggi sempre più stereotipati verso una storia allucinata che fatica a rimanere in piedi.
Il regista ha puntato molto sul cast che alla fine riesce ad essere piacevole.
Logico ma strano vedere un master come Allen che dichiara di aver preso parte solo per problemi economici. Il resto del cast in ogni modo gigioneggia con i soliti ruoli, in questo caso il poliziotto Sutherland caratterizzato con due o tre espressioni e basta, la Cucinotta che non si sa per quale motivo sia stata presa, circola un po’ questa moda a volte di scegliere strafiche italiane da condire con un cast tutto americano.
David Schwimmer, l’idiota “Ross” di Friends, di certo non si salva e non è assolutamente capace. Lo salva solo una faccia da ritardato e mollaccione che per un prete in crisi può anche andare bene.
Insomma un film che si lascia vedere, ma niente di più, gettando frecciatine a più non può contro la fede cattolica senza riuscire neanche a diventare blasfema ma divenendo ridondante nella vanificazione di mostrare cliché e senza saper andare fino in fondo con una critica appropriata.