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martedì 12 aprile 2016

Revanche- Ti ucciderò

Titolo: Revanche- Ti ucciderò
Regia: Gotz Spielmann
Anno: 2008
Paese: Austria
Giudizio: 4/5

In città o si diventa arroganti o farabutti: con queste parole viene descritto Alex a pochi minuti dall'inizio il quale, occorre dirlo, di certo stando a Vienna non è diventato arrogante. Uscito di galera qualche tempo prima dell'inizio del racconto, ora fa l'autista per il padrone di un bordello e ha commesso il terribile errore di innamorarsi, ricambiato, della prostituta più richiesta. Insieme meditano la fuga per la quale gli occorrono però parecchi soldi, lei infatti è seriamente indebitata. C'è solo un modo per Alex di procurarsi quella cifra e in fretta: una rapina ben fatta. Purtroppo un piccolo ingranaggio del meccanismo non va per il verso giusto influendo sulla fuga dei due amanti dalla città e dando alla storia una seconda parte radicalmente diversa. Nel passaggio da città a campagna (dove il dolore si rimugina tagliando la legna e ha la forma della gigantesca catasta di ciocchi che ne risulta), il silenzio della seconda si contrappone al caos della prima e il noir diventa una dramma a due: la lentissima caccia che l'autoproclamato giustiziere dà al colpevole, suo ignaro vicino di cascina.

Sono appassionato dei viaggi di redenzione e degli anti-eroi.
Diciamo che quando calcano scelte morali che distruggono la psiche per tuttta la durata del film mi piacciono ancora di più. Riesco a vedere più realisticità e poesia in loro di moltri altri personaggi di Fiction o di televisione.
Revanche è un poliziesco classico austriaco, un noire sulla malavita "immigrata", con dei bruschi cambi di struttura che lo risparmiano dall'essere telefonato e scontato e dall'altro inseriscono delle pause di riflessioni interessanti sui cui portare lo spettatore a chiedersi cosa avrebbe fatto al posto di Alex.
Un film che indaga il senso della vendetta senza concedersi in modo forzato ma cercando di mantenere degli intenti che lo collocano come un'opera a tratti esagerata ma sicuramente matura e intensa.
Lo sguardo freddo e distaccato della regia e di Alex sono doverosi per dare un'idea di un luogo, dei grigi confini della periferia e di una quotidianità fatta di nulla e di espedienti.
L'ottica di Spielmann sembra essere proprio questa, molto esistenzialista.

Una convinzione che ci sia un senso a guidare gli accadimenti e l'esistenza, in una prospettiva percorsa da una qualche forma di ottimismo senza lieto fine.