Titolo: Gretel and Hansel
Regia: Osgood Perkins
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
La trama è sempre quella: due giovani
fratelli - in questa versione di sedici e otto anni, rispettivamente
- si ritrovano all'interno di una foresta cupa, inospitale e
spettrale, soli e costretti a badare a sé stessi. Gretel, la
maggiore, e Hansel, il fratellino più giovane, incontrano Holda, una
donna che si rivelerà essere una potente strega malvagia. Il resto,
più che storia, è la storia
Portare i Grimm su pellicola è sempre
una scommessa. Vuoi perchè alcune storie sono nell'immaginario
collettivo di tutti, vuoi perchè la brevitas impone di doversi
destreggiare trovando altre forme narrative e di stile portando negli
ultimi anni a scenari post-contemporanei in action di revenge che
poco avevano a che fare con l'anima e la drammaticità della fiaba e
del suo essere una crudelissima cautionary tale (in questo caso
nemmeno una delle fiabe più cruente pur essendo un'analisi lucida e
netta sull'abbandono e il cannibalismo).
Perkins non poteva essere che il
regista più adatto dal momento che ha nella sua indole il potere di
mantenere atmosfere malsane e buie, mai scontate, dove l'ambiente
gioca un importante ruolo spesso mettendo in secondo piano i
protagonisti, creando suggestioni orrorifiche e sul terrore, portando
ai massimi livelli la scenografia e la location composta da una
foresta teutonica viva e marscecente che sembra comunicare con i
protagonisti sussurrando l'incubo costante nel quale piomberanno in un
paesaggio mai così macabro e inquietante.
Mantenendo lo scheletro della fiaba
originale, inserendo alcuni cambiamenti del tutto funzionali, il film
dal secondo atto crea un ambiguo e perverso legame di sopravvivenza
tra Gretel e la strega, negando ogni soluzione commerciale ma ridando
enfasi al folk-horror europeo in questo caso attraverso una matrice
germanica sperimentale e funzionale a far comprendere il viaggio
nell'oblio dei due protagonisti.
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