Titolo: P'tit Quinquin-Season 1
Regia: Bruno Dumont
Anno: 2014
Paese: Francia
Stagione: 1
Episodi: 4
Giudizio: 4/5
P'tit Quinquin è un ragazzino molto
vivace di una dozzina d'anni che vive nella fattoria di famiglia. E'
l'inizio delle vacanze estive e trascorre il tempo coi suoi due amici
e la fidanzatina Eve, girando in bicicletta e facendo scherzi con i
petardi. Ma un evento straordinario sopraggiunge con la scoperta di
un cadavere di una vacca squartata ed esposta spettacolarmente in un
bunker, una spoglia tanto più inquietante in quanto l'autopsia
rivela dei resti umani all'interno. Arriva in città un'improbabile
coppia di investigatori della polizia composta dal comandante Van der
Weyden, pieno di tic, e dal luogotenente Rudy Carpentie, che passerà
tutto il film a fare assurde manovre da pilota di rally. "Non
siamo qui per fare della filosofia", precisa subito uno dei due,
mentre un secondo cadavere (una donna senza testa) fa la sua
comparsa. Moltiplicando le piste false (la coppia di amanti, il
giovane terrorista in erba perduto nel clima di pregnante razzismo
locale) e le divagazioni, da un funerale assurdo a un concorso canoro
radiofonico passando per la fanfara del 14 luglio, le indagini
avanzano in una nebbia resa ancora più fitta da altri tre omicidi
(l'ultima vittima è divorata dai suoi maiali), mentre P'tit Quinquin
prosegue la sua vita di giovane adolescente.
Dumont è ormai da parecchi anni che lo
seguo, rimanendo estasiato e insoddisfatto, allegro e dispiaciuto
allo stesso tempo. Insomma è un regista che mi piace ma con cui non
vado molto d'accordo.
Una serie dunque mi ha colto spiazzato
in tempi dove ormai sembra essere il format preferito e di moda per
tante produzioni e tanti registi.
Dumont però è sempre stato e sempre
sarà originale per diversi punti di vista, oltre che possedere uno
stile davvero atipico e particolare ed essere un autore da non
sottovalutare.
Quindi questa breve serie
autoconclusiva è la summa di tutti gli elementi e i suoi temi cari
anche se per fortuna resi ed espressi in modo più chiaro e meno
metafisico come appare in molte sue opere.
La cosa che più mi ha stupito è stata
la risata, sempre e volutamente assente dal suo cinema, mentre invece
alcuni temi già erano presenti e mischiati con altri a partire
dall'umorismo assurdo, l'autoironia, la parodia di tante recenti
serie poliziesche e non per ultima l'ipocrisia che domina la società
e l'individuo e in fondo l'umanità e la sua intrinseca barbarie
pronta a deflagrare in ogni momento.
A partire da una scelta del cast
assolutamente funzionale e incisiva nella sua maniera di esprimere e
di esprimersi come meglio credono. Volti bene o male sconosciuti o
poco noti, in cui ancora una volta è proprio la mimica facciale, i
tratti somatici e i segni particolari a farla da padrone, sia per i
piccoli che per gli adulti, con la prova straordinaria e davvero
assoluta di Bernard Pruvost nei panni dell'insolito detective.
Stravagante, bizzarro, grottesco,
romantico. Questa piccola serie cult andrebbe vista e rivista per
coglierne tutti gli elementi e soprattutto è doveroso vederla tutta
di seguito.