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venerdì 21 febbraio 2014

East

Titolo: East
Regia: Zal Batmanglij
Anno: 2013
Paese: Usa/Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Sarah Moss è una giovane determinata e brillante. Ex agente dell'FBI, lavora come infiltrata per conto di un'agenzia privata di spionaggio, la Hiller Brood, che cura gli interessi di grandi aziende americane e multinazionali. Sarah viene scelta per un'importante missione sotto copertura: dovrà infiltrarsi in un collettivo anarchico chiamato "The East", responsabile di operazioni di disturbo e piccoli raid terroristici ai danni di compagnie accusate di crimini ambientali o pratiche contro la salute dei cittadini, in particolare nell'industria farmaceutica. Inizialmente circondata dal sospetto dei membri del gruppo rivoluzionario, Sarah conquisterà a poco a poco la loro fiducia, ritrovandosi parte di un mondo totalmente diverso dal suo e mettendo progressivamente in discussione le proprie certezze.

Siamo in un momento storico di piena crisi morale e poi economica e moltissimi registi emergenti, come Batmanglij, si chiedono e di domandano come si muove la società al giorno d'oggi.
Con SOUND OF MY VOICE aveva creato un ibrido tra le new-religion e qualcosa che ricordava le due più importanti religioni dualiste. Per essere un film indi, aveva dalla sua delle ottime intuizioni e un finale certo discutibile. Con il suo secondo film, il regista riprende la sua musa, Brit Marling, e fa un'esperienza reale, condotta nel 2009, in cui entrambi hanno vissuto per due mesi all'interno di una comunità dedita al freeganismo, stile di vita anticonsumistico, basato sulla condivisione e sul recupero degli scarti, come il cibo in scadenza dai supermercati.
Partendo con una spinta di denuncia, il film si dipana narrando le gesta di questo in sieme di persone. Come per tutti i gruppi di attivisti, che attualmente nel mondo sembrano crescere di giorno in giorno, per denunciare tutto il possibile e sfruttando la tecnologia come pleroma per la comunicazione, questo pone l'accento sul taglio thriller-ambientalista, amplia la coralità del progetto e si pone con degli obbiettivi e una presa di posizione molto interessante.
Qualcuno ha definito il film carico di ingenuità filosofico-politiche.
Da un lato è vero, cioè che il quantitativo di elementi con cui il regista permea il suo film sono davvero troppi e alcuni andavano diluiti o forse non andavano trattati, per non incappare nel problema di dover sbrogliare una matassa troppo complessa. Il risultato è una perfetta via di mezzo, in cui il timoniere ci prova, da prova di sapere il fatto suo con una buona messa in scena e un pantheon di giovani attori funzionali allo scopo, ma dall'altra parte ci sono tutta una serie di dati, scelte,scene e ritmi pesanti che si fermano nella loro corsa senza dare sempre una risposta convincente.