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martedì 14 febbraio 2017

I'm not a serial killer

Titolo: I'm not a serial killer
Regia: Billy O'Brien
Anno: 2016
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

John Clever Wayne ha 15 anni, è imbalsamatore nell'impresa funebre di famiglia con la madre e la zia, è stato diagnosticato sociopatico e con la possibilità di diventare un serial killer. I suoi impulsi sono sotto controllo finché nella cittadina in cui vive iniziano ad accadere dei raccapriccianti omicidi, del cui autore John viene presto a conoscenza, facendosi coinvolgere in un gioco pericoloso.

Di solito non apro mai le recensioni tessendo lodi di un attore. Per Christopher Lloyd tocca fare un eccezione. Un attore magnifico, un caratterista che non ha bisogno di presentazioni, purtroppo preso poco in considerazione e non impiegato mai a dovere anche se con due personaggi è riuscito ad entrare nella storia del cinema.
I'm not a serial killer mi ha fatto venire in mente FOUNDER ma ricorda per certi aspetti la formazione di MARTIN di Romero. Uno di quei film costretti ad entrare dentro le corde dell'anima facendo un male incredibile senza capire bene il perchè dal momento che l'azione è dosata col contagocce. Di nuovo il cinema sul sociale travestito da lupo ma con l'animo di un agnellino destinato ad essere vittima sacrificale e capro espiatorio perfetto.
Indie anomalo, un film d'autore nudo e crudo costretto a mostrare le ferite strazianti della post adolescenza, young adult, e delle regole di una cittadina colpevole di etichettare ciò che sembra diverso per dimenticare i veri orrori travestiti da normalità.
Tratto dal primo di tre romanzi scritti dal britannico Dan Wells, il film ha il "difetto" di non avere mai quel ritmo a cui siamo abituati per pellicole di questo tipo, ma di sondare invece la logica del pregiudizio in uno strano dosaggio di tensione senza contare la difficoltà ad empatizzare completamente con un protagonista silenzioso con la semplice caratteristica di essere curioso e affascinato dai cadaveri.
Il secondo lungo del regista fa centro pur sparando due colpi risicati in canna ( gli amanti dell'azione rimarranno a bocca asciutta) ma sparandoli bene come quando John scopre per la prima volta di cosa è capace il vecchio "mentore"e il finale davvero incredibile, pesante e nerissimo.
O'Brien si prende la responsabilità di osare alcune scelte che a mio avviso sono funzionali ma che rischiano di boicottarlo nel limbo dei fanatici di una mancanza di evoluzione, infatti nel film nessun personaggio "evolve", rimanendo piatto ma allo stesso tempo documentando la sua inesorabile quotidianità e la lotta per cercare di emergere dalla sopraffazione del proprio malessere.

Il film non propina i soliti quattro cliché del caso a base di amori “impossibili” e futuri distopici ma prende subito una strada scomoda, poco abusata e resa infallibile dal manipolo di attori e da una location fredda e glaciale che sembra nascondere velocemente cadaveri e segreti.