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mercoledì 18 ottobre 2023

November- Cinque giorno dopo il Bataclan


Titolo: November- Cinque giorno dopo il Bataclan
Regia: Cedric Jimenez
Anno: 2022
Paese: Francia
Giudizio: 3/5

13 novembre 2015. Una data che tutti nel mondo (non solo in Francia) ricordano per gli attentati che ebbero il loro epicentro nella strage del Bataclan. Il film ricostruisce l'intervento dei servizi segreti nei primi cinque giorni di indagini finalizzate alla ricerca degli attentatori.
 
Senza dubbio una vicenda che tutti ricordano e che speravamo di veder espressa in un film.
November seppur condotto molto bene sembra una sorta di reportage, dove purtroppo manca il pathos e l'anima del film. Tutti corrono come schegge impazzite, non ci si focalizza mai veramente su niente e anche parte del cast è così attento e preciso da sembrare allo stesso tempo spaesato.
Quasi non vengono ammesse le colpe di un paese sovrano con tante e doverose responsabilità di quello che ha fatto in passato e che sperava non ritornasse indietro con una furia esplosiva.
Jimenez è un regista molto strano. Parte dall'horror, poi passa alle arti marziali e infine finisce sui polizieschi action come Bac Nord. Sicuramente dotato di talento qui sembra al servizio di una confezione fatta e finita dove non conta il singolo quanto la scatola già premeditatamente sigillata per dare il proprio punto di vista sull'intera faccenda.
L'unica a mio avviso accurata ricostruzione che mostra quanto i collaboratori non contino niente è quello dell'informatrice Lyna Khoudri, una giovane donna musulmana che rivela alcuni elementi a proposito degli attentatori che coloro che indagano faticano ad accettare come veritieri. Proprio lei in un qualche modo finirà con il portare a deflagrarsi la sua migliore amica invischiata con alcuni autori dell'attentato


domenica 3 settembre 2023

Signore e signori...buonanotte


Titolo: Signore e signori...buonanotte
Regia: AA,VV
Anno: 1976
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Un ordinario giorno di follia quotidiana in un emittente televisiva pubblica. Si alternano sullo schermo il telegiornale, condotto da Paolo T. Fiume, e una serie di programmi che riempiono il palinsesto della rete.
 
Un fiume che con la sua corrente trascina l'Italia nel baratro in cui sembra essere sprofondata.
La Cooperativa 15 Maggio è formata da vari autori, cinque registi e dieci sceneggiatori che disegnano l'Italia di allora, purtroppo anche di oggi, con una satira pungente sulla politica.
Un film fatto di episodi molto divertenti ma anche drammatici e diversi tra loro per intuizioni, generi, messe in scena, potendo godere di alcuni tra i migliori attori italiani di sempre.
Quando si hanno a disposizione Tognazzi, Manfredi, Mastroianni, Gassman, Celi e Villaggio è impossibile sbagliare. Le malefatte del nostro paese, la corruzione, la povertà, la sete di potere, l'alto tradimento, passando dalla politica alla religione, al razzismo e alla solitudine
DA MALATA A CONVALESCENTE in cui un gruppo di amministratori imparentati tra loro obesi e squallidi intervistati dallo stesso Fiume sull'amministrazione e la corruzione di Napoli guardando la cartina finiscono per mangiarsela e rubare l'orologio al giornalista.
SINITE PARVULUS in cui viene mostrato un bambino e la sua vita nei bassifondi di Napoli in una famiglia numerosa con madre malata e padre disoccupato in cui nel tentativo di ritirare la roba stesa in balcone cadrà giù
MANGIAMO I BAMBINI in cui Villaggio interpreta un sociologo tedesco che citando Swift parlerà della teoria di disfarsi dei bambini poveri mangiandoli e creando un campo apposito per loro.
GENERALE IN RITIRATA dove il generale Tognazzi comincerà a perdere dei pezzi della sua divisa in un cesso pieno di merda. Come sentenza per la sua condotta finirà per fare una brutta fine.
DISGRAZIOMETRO dove sempre Villaggio come presentatore televisivo ci porta a visionare tre disgraziati in cui vince quello messo peggio. Il concorrente vincente finirà per esplodere.
SANTO SOGLIO in cui nella lotta per incoronare il nuovo papa, tra sotterfugi dei cardinali Piazza-Colonna e Canareggio per essere eletti nel ‘500, entrambi chiedono quel voto mancante a Manfredi caduto in disgrazia e proprio quest'ultimo con scaltrezza finirà per essere eletto e far tagliare la testa ai due usurpatori
BOMBA è insolito e ahimè anche una metafora niente affatto distante dalla realtà dove dopo un falso allarme bomba in una centrale di polizia per aumentare l'audience delle forze dell'ordine contro attentati terroristici e anarchici sovversivi, viene messa dalle stesse forze dell'ordine un vero ordigno
VESTIVAMO ALLA METALMECCANICA dove all'interno di una fabbrica un giornalista scopre che in mezzo al lavoro minorile si nasconde un nano che non riuscendo a trovare lavoro perchè adulto viene scambiato per un bambino.
ISPETTORE TUTTUNPEZZO dove Gassman e Celi, ispettore e imprenditore corrotto conducono le danze in un episodio tutto in rima con la voce narrante dello stesso ispettore
POCO PER VIVERE, TROPPO PER MORIRE dove viene intervistato un pensionato interpretato da Tognazzi che porta il giornalista nella sua vita quotidiana tra stenti e difficoltà ma tutte con il sorriso in faccia. Uno degli episodi più toccanti e meglio studiati, un reportage autentico e commovente
CERIMONIA DELLE CARIATIDI dove vediamo istituzioni sempre più vecchie e decrepite chi con il girello, chi con la bombola d'ossigeno e soprattutto comizi impronunciabili in una sorta di Parlamento rielaborato


giovedì 8 giugno 2023

Holy Spiders


Titolo: Holy Spiders
Regia: Ali Abbasi
Anno: 2022
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5

Siamo a Mashhad, seconda città più grande dell'Iran e importante sito religioso. Nel 2000, un serial killer locale inizia a prendere di mira le prostitute per strada, strangolandone diciassette dopo averle attirate una ad una a casa sua. La stampa lo chiama "il ragno", e tra i giornalisti che coprono il caso c'è Rahimi, una donna che viene da Teheran e si mette sulle tracce dell'assassino. L'uomo si rivelerà essere Saeed Hanaei, ex-militare convinto che Dio gli abbia affidato la missione di liberare la città dalle donne indegne che vendono il proprio corpo.
 
Dopo Shelley e Border, il regista iraniano naturalizzato danese se ne esce con il film più tosto e maturo della sua breve carriera che sicuramente non avrebbe potuto girare in altre circostanze.
Un film apertamente politico su una delle realtà più retrograde e maschiliste della politica iraniana, la donna ancora oggi perseguitata e presa a frustate nelle piazza principali.
Un film coraggioso che parla di un caso di cronaca ormai passato alla storia ma anche e soprattutto di prostituzione, tossicodipendenza e processi. Girato in Giordania per ovvi motivi e destinato a far parlare e discutere di sè, il film è uno spaccato reale diviso in due parti che racconta l'assurdo di come per un fanatismo religioso si possa arrivare a commettere dei crimini a danno di prostitute sole, malate e trattate come esseri inferiori dalla società. Abbasi sembra concentrarsi su tutte le contraddizioni che regnano nel paese mettendo in scena l'arretratezza culturale di un regime teocratico che tende a sminuire e reprimere la figura femminile tollerandola solo in mezzo alle strade per umiliarla maggiormente. Dall'altro senza intervenire su un problema grosso che arriva dall'Afghanistan che si chiama eroina in una città piena di sciiti e cosiddetta Santa che mitizza i discorsi di odio degli ayatollah dove il fanatismo religioso giustifica e sostiene il machismo istituzionalizzato nella società iraniana


lunedì 20 febbraio 2023

Soft and Quiet


Titolo: Soft and Quiet
Regia: Beth de Araújo
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Emily è un'insegnante elementare di una piccola cittadina di campagna, che si butta nel lavoro perché non può avere figli come vorrebbe. C'è anche un'altra attività che la impegna parecchio: quella di indottrinamento "ariano" di un gruppo di donne più o meno coetanee della città, attraverso un club da lei creato che si chiama "Daughters for Aryan Unity". E così, quello che inizia come un normale pomeriggio di riunione del club, finisce fuori casa, in un supermercato dove le donne rimangono coinvolte in un alterco con due giovani sorelle di origine asiatica.
 
Soft and Quiet è un altro pugno allo stomaco arrivato quest'anno dopo SPEAK NO EVIL.
Siamo su un terreno completamente diverso anche se sempre molto disturbante.
L'esordio di una giovane regista regista brasiliana, una metafora socio politica sul potere di un affresco al femminile, nel quale emergono tutte le paure, le insicurezze, le cattiverie e il sadismo gratuito.
Un film anti reazionario quasi fosse una pellicola alla Gus Van Sant, un piano sequenza di 90'
dove l'analisi penetra ancora più a fondo nella psicologia di questo gruppo di donne di cui la loro leader si presenta con una torta con disegnata una svastica e dentro un cuore di mela che sembra sangue come a sancire in una profezia drammatica ciò che avverrà di lì a poco.
Un film che riesce a caratterizzare molto bene alcuni personaggi svelando sia il carattere psicopatico che quello maggiormente manipolabile (per non dire fragile) delle varie protagoniste, in attesa di un epilogo meno straripante del previsto eppure altamente infame che vede anche il risibile ruolo del compagno di Emily, uno degli unici uomini che compaiono nella pellicola, che fino alla fine prova a farle ragionare sulla piega che sta prendendo la vicenda, sulle conseguenze inattese e gli effetti perversi a cui porteranno le loro azioni

lunedì 2 gennaio 2023

Pinocchio di Guillermo Del Toro (2022)


Titolo: Pinocchio di Guillermo Del Toro (2022)
Regia: Guillermo Del Toro
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Durante la Prima Guerra Mondiale, sulle colline toscane, Geppetto e suo figlio Carlo vivono serenamente, finché una bomba non si abbatte accidentalmente sulla chiesa del paese finendo per uccidere Carlo. Passano gli anni e Geppetto, ormai alcolizzato, una notte in preda al delirio ricrea suo figlio in forma di burattino di legno. Una creatura fatata interviene a dargli vita e offre a un grillo con aspirazioni da scrittore di fargli da spirito guida e aiutarlo a essere buono: se ci riuscirà esaudirà per lui un desiderio. L'Italia però è nel mentre precipitata nel regime fascista e il burattino, visto con sospetto dai cittadini, sembra al gerarca padre di Lucignolo un potenziale soldato perfetto. L'impresario del circo Volpe vuole invece farne una star e cerca di legarlo a sé con un contratto di ferro...
 
La metafora di Del Toro è forse una delle forme più alte d'arte nella rivisitazione di un grande classico. Trovare le giuste coordinate per aggiungere metafore storicamente importanti volte ad aderire in maniera semplice e funzionale alle sorti del film dopo tutte queste rivisitazioni non era certo facile ma l'autore più di tutti gli altri in termini di metafore ci è riuscito.
Qui si parla quasi ed esclusivamente del contesto storico, di quel fascismo che come tutti i regimi e le dittature, e Del Toro nel suo cinema ha sempre dimostrato di volerci spendere due parole, diventa un chiodo fisso nella vicenda tanto da assorbirne alcuni passaggi in maniera memorabile (il paese dei balocchi diventa il campo di reclutamento fascista per i govani soldati o quando Pinocchio sbeffeggia il regime, cantando in faccia a Mussolini una canzone sulla cacca al posto dello spettacolo finale di Mangiafuoco qui personificato nella Volpe).
Il 12° film dell'autore è stato dedicato al padre. Per tutta la durata ho trovato deliziosa la narrazione e per assurdo ho dato meno importanza alla stop motion che adoro ma in questo caso l'utilizzo non è sempre stato all'altezza soprattutto quando veniva alzata la posta in gioco e in alcuni scenari dove c'erano da controllare troppi elementi non mi ha particolarmente colpito.
Pinocchio dunque assurge verso una declinazione peculiare di un grande classico della letteratura che troppo a lungo è stata riproposta in salse cinematografiche poco coraggiose e sempre troppo aderenti alla storia originale proponendo per la prima volta un Pinocchio meno passivo e meno vittima delle scelte altrui ma un vero profeta anarchico che disprezza il regime, aiuta gli emarginati (come Immondizia) e a suo rischio e pericolo determina il cambiamento sotto gli occhi dei Guardiani che custodiscono la vita e la morte (anche qui al posto della fata turchina) senza inoltre contare alcuni spunti da favola dark assolutamente magnifici come i conigli scheletro che sono anch'essi Guardiani del regno dei morti. In più se analizziamo i sotto testi e le ispirazioni qui il lavoro è immenso chiamando in cattedra religione, cristologia (Pinocchio come dicevo un nuovo grande e piccolo profeta che vede lo stesso Gesù fatto di legno su una croce) il folclore dove un burattino animato in chiesa viene visto come un preludio maledetto, Shelley, tanti registi italiani pre bellici, e ancora Vajda e Matarazzo.
Forse l'unico apsetto che ho trovato pedante a tratti è l'impiego del sotto testo del musical
Ottima anche la maturità e il ruolo da scrittore del Grillo Parlante Sebastian così come l'incipit con la storia di Geppetto e Claudio.


domenica 20 novembre 2022

Triangle of Sadness


Titolo: Triangle of Sadness
Regia: Robert Ostlund
Anno: 2022
Paese: Svezia
Giudizio: 4/5

Carl e Yaya, una coppia di modelli e influencer, sono invitati su uno yacht per una crociera di lusso. Gli eventi prendono una svolta inaspettata quando si abbatte una tempesta e mette a rischio il comfort dei passeggeri.
 
Triangle of Sadness è la dimostrazione del talento e soprattutto della furbizia di Ostlund che con FORZA MAGGIORE e SQUARE aveva già fatto capire la sua politica d'autore con opere ambiziose e complesse.
Quello che per fortuna non ha mai abbandonato la sua poetica e visione d'intenti è una certa ironia drammatica, giocando con quel senso del grottesco che in questo film, la sua opera più complessa e sontuosa, raggiunge il punto più alto.
Il film può tranquillamente dividersi in due capitoli quello sulla nave e quello sull'isola prima del climax finale così come della parte introduttiva per mostrarci il casting e questa giovane coppia di modelli ad inseguire un conceto estetico e una filosofia dove i soldi e la bellezza regolano i rapporti di potere, dove si discute di soldi ad un tavolo del ristorante e dove il concetto di bellezza e fedeltà è sempre discutibile arrivando a squalificare dalla nave un bagnino semplicemente perchè gira a petto nudo e incappa nello sguardo della disinibita Yaya.
Un film per certi aspetti meno complesso dei precedenti, più goliardico forse, più esasperato e prolisso che continua a proporre una galleria di gag alcune d'impatto ed estremamente incisive mentre altre tendono a ripetersi senza misura. Una riflessione sulla ricchezza e sul denaro, sul vendersi, svendersi e concedersi per frivolezze e infine la rivincita degli oppressi. Una metafora sul condizionamento sociale determinato dal denaro che in alcuni casi cerca e vuole essere ammutinato come nel caso del capitano alcolista, un raro americano socialista in mezzo agli europei, che lascia affondare la barca mentre farfuglia di socialismo, capitale, mezzi di produzione.

domenica 9 ottobre 2022

Athena


Titolo: Athena
Regia: Romain Gavras
Anno: 2022
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Dopo la morte del giovane di origine algerina Idir e la diffusione di un video che sembra indicare alcuni agenti della polizia come responsabili dell'omicidio, nel quartiere parigino di Athena si scatena l'inferno: a guidare la rivolta è Karim, fratello maggiore di Idir e terzo di quattro. Il primogenito Moktar è invece uno spacciatore, che conduce affari proprio ad Athena, mentre Abdel, militare, fa ritorno dal fronte per provare a fare chiarezza su quanto avvenuto e sedare una sommossa che pare destinata a sfociare in tragedia.

Athena è il tipico film francese che vuole farti capire con rabbia e dolore quanto sia difficile gestire il rapporto con l'autorità da parte degli abitanti delle banlieu. Un film feroce e potente che non si ferma mai un secondo se non per accendere qualche molotov oppure mostrare un primo piano di un ragazzo che si dispera perchè sta rischiando più del dovuto. Una pellicola che non demorde ma allo stesso tempo è già da subito votato alla disperazione, alla tragicità delle conseguenze inattese o attese e gli effetti perversi che la vendetta produrrà per entrambe le parti. E' un film che non fa mai un passo indietro e proprio in questo trova per assurdo alcuni importanti limiti che prevalgono su una narrazione sterile e un bisogno di mostrare e distruggere più che raccontare ed esaminare a fondo le cause di come si sia arrivati a quel livello.

martedì 23 agosto 2022

Stuff-Gelato che uccide


Titolo: Stuff-Gelato che uccide
Regia: Larry Cohen
Anno: 1985
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Al fine di salvare la propria fabbrica di gelati, due uomini indagano sul segreto di una crema dolce che dà dipendenza ai consumatori. La coppia si convince che dietro al successo del prodotto si celino diaboliche cospirazioni aliene.
 
The Stuff al tempo è riuscito meglio di chiunque altro a creare un thriller amalgamato ad un package formidabile per quello che a tutti gli effetti potrebbe apparire come uno spot pubblicitario.
Una strana sostanza che agisce sul cervello del consumatore svuotandolo della propria personalità e trasformandolo in una specie di automa non è forse l'elemento più originale, ma a differenza delle invasioni aliene degli anni '50 che suggerivano il rovesciamento dell'ordine costituito nella manipolazione delle coscienze, nello sdoppiamento e nell'alterazione dei comportamenti borghesi come metafora delle tensioni internazionali della guerra fredda e dalla psicosi del "pericolo rosso", qui il racconto allude al consumismo, minaccia tra le più subdole e coinvolgenti del nostro tempo e in questo caso il messaggio riesce a mio avviso ad essere ancora più crudele e spietato. La scena dei banconi con il gelato che và a ruba, lo spot pubblicitario e il bambino che distrugge tutto senza contare il climax finale sono momenti davvero di grande cinema.

domenica 23 gennaio 2022

Don't look up(2021)


Titolo: Don't look up(2021)
Regia: Adam McKay
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una coppia di astronomi si accorge dell'esistenza di un meteorite in rotta di collisione con la Terra. I due scienziati cercano di avvertire tutti sulla Terra che il meteorite distruggerà il pianeta in sei mesi.

Parabola, metafora, precursore di un avvento nefasto che prima o poi sancirà lo zenit dell'ipocrisia mondiale. Se non sarà un meteorite, saremo noi stessi a decidere il nostro destino affidando alle sorti di un miliardario il destino dell'umanità.
Quasi un eco vengeance, un dramma forte, grottesco e maturo che seppur alzando il livello nella caratterizzazione dei personaggi e rendendoli a tratti bizzarri e stereotipati conduce un'analisi attenta e insolita in un cinema più che mai manifesto nel denunciare catastrofi globali.
Con un cast che mette insieme divi del cinema che si danno da fare divertendosi molto, Adam McKay tira fuori dal cilindro l'ennesimo delirio post contemporaneo: i sopragguardisti.
Di questi tempi ormai, in cui tra complottisti e altro, sembra che l'intera civiltà stia facendo sempre più passi indietro. Il film in questione nel suo essere particolarmente drammatico e triste, riesce a bilanciare bene ritmo, azione, interpretazioni e tutto il resto. Dove Peter Isherwell, interpretato dal camaleontico Mark Rylance sembra l'unione di Zuckerberg, Bezos, Cook e Musk, con un personaggio inquietante e potente capace di decidere le sorti del pianeta e in grado di controllare economia e presidenti. La palmetta se la aggiudica assieme a Cate Blanchett, i due più in forma del film, in grado a loro modo di regalare due personaggi e performance indimenticabili.
Gli sceneggiatori devono essersi davvero divertiti molto come il climax finale dimostra, senza regalare nulla in termini di happy ending ma dando un messaggio di amore e solidarietà

Goodbye 20th Century


Titolo: Goodbye 20th Century
Regia: Darko Mitrevski, Aleksandar Popovski
Anno: 1998
Paese: Macedonia
Giudizio: 4/5

Arrivederci, 20 ° secolo! si aprirà nel 2019, dove la guerra ha lasciato il mondo sterile e devastato. Kuzman è stato condannato a morte per blasfemia (il superstizioso del suo popolo crede che le sue esplosioni verbali possano aver portato una malattia alla comunità), ma in qualche modo sopravvive alla sua esecuzione e ha una serie di strane avventure e scappatelle sessuali. Nel frattempo, nel 1999, la gente celebra il capodanno come un gentiluomo abbattuto in abito di Babbo Natale che partecipa a un funerale che degenera in violenza.
 
Film macedoni ne abbiamo? Il duo di registi crea un'opera complessa e ambiziosa.
Un film storico-politico, socio-culturale, socio-economico, una esegesi matura e al contempo folle ed esplosiva in grado di incrinare e di rinarrare le sorti di un paese ad opera di un Cristo interpretato dal sosia macedone di Jude Law. Un film stratificato, una galleria di momenti e di metafore e allegorie della società. Dal consumismo, alla famiglia, alla religione come portatore di un valore specifico mantenendo sempre un certo clima grottesco, un'atmosfera ironica ma anche drammatica e violenta. Maturo quanto fracassone, ingenuo quanto complesso. E' un film che sembra voglia essere un manifesto politico con toni alla Monty Pyhton che incontrano Kusturica ma con un voler ritrasformare alcune figure iconiche come appunto questa sorta di Cristo/Kuzman immortale, un Babbo Natale ormai messo in sordina, un Profeta deriso dalla massa e una brutta copia del Joker. Tutti personaggi emblematici ma spogliati della loro spettacolarità per renderli più che mai umani e soprattutto soli, costretti a vagare senza una metà vera e propria trovandosi in situazioni quanto mai assurde come tutto il teatrino legato al funerale.
Bizzarro e brillante, un film per pochi di chi sa apprezzare il cinema d'autore e un certo tipo di umorismo e slapstick. Un film che dalla sua cerca di essere simbolico come può, riuscendoci in diverse scene molto significative.

venerdì 21 gennaio 2022

I am all girls


Titolo: I am all girls
Regia: Donovan Marsh
Anno: 2021
Paese: Sudafrica
Giudizio: 3/5

La storia è incentrata sulle detective Ntombizonke e Jodie Snyman, costrette a "lottare contro i loro oscuri segreti" mentre danno la caccia a un'organizzazione che gestisce un giro di prostituzione minorile. Un giro che coinvolgeva anche importanti figure politiche.

I am all girls è un film spiazzante. Da un lato ha un sacco di cose da dire, da denunciare e tocca tematiche che seppur già affrontate sono sempre attuali e interessanti nella loro drammaticità.
La vendita di bambini presi da villaggi poveri da usare come toy boy o toy girl da parte di borghesi di ogni forma e luogo. Lo straziante mercato che c'è dietro e tutte le dinamiche che col denaro sembrano chiudere un occhio e tollerare questo abominio. La difficoltà a seguire con le indagini affari così delicati dove spesso dietro ci sono persone di potere difesi dalle istituzioni.
E poi c'è questa brutale vendetta da parte di una delle orfane vittime di questa "tratta" che ha deciso di giustiziare i responsabili marchiando sul petto dei colpevoli le iniziali delle vittime.
Molto sbilanciato nella sua messa in scena, nell'individuare le direzioni da prendere e sapendole incanalare nella maniera più esatta. Poliziesco, thriller, dramma, denuncia sociale, revenge, storie personali e sentimentali. E' un peccato vedere intenti così ambiziosi e attuali alla deriva di una messa in scena che alla fine si riassume con un revenge movie anche abbastanza inverosimile per alcuni aspetti. Eppure ha il merito di rimanere impresso nella memoria.

mercoledì 15 dicembre 2021

Casa de antiguidades


Titolo: Casa de antiguidades
Regia: João Paulo Miranda Maria
Anno: 2020
Paese: Brasile
Giudizio: 4/5

Cristovam lavora in un caseificio del ricco sud gestito da austriaci, ma lui viene dal nord del Paese dove la povertà lo ha spinto all’emigrazione. Vive da solo, con un cane. Ma nella sua casa si materializzano le memorie sepolte del passato, i riti antichi e le forme misteriose di una animalità che si fa umana.
 
Medium di una casa abbandonata, xenofobia, folklore, razzismo della società brasiliana, ritorno alle origini, maschere, senso di isolamento, capitalismo, contrasto nord-sud, ricchi-poveri, insomma l'opera dell'autore seppur con uno stile lento e minimale, riprende tutto un corollario di contenuti proponendo una storia misteriosa e silenziosa, con un protagonista che sembra sempre fuori dal tempo come se vivesse in un'altra dimensione.
Intellettuale anche se su un piano prettamente metaforico diventando solo nella seconda parte visionario e surreale con una società che sembra minacciare e minare costantemente la libertà del protagonista violando continuamente la sua privacy e la sua casa. Il film riesce con rimandi potenti e un uso meticoloso degli effetti speciali, in realtà poi solo l'ombra dell'animale totemico e quel luccichio negli occhi di chi riesce a mettere a fuoco Cristovan, a far sì che João Paulo Miranda Maria porti un altro ottimo esempio di cinema autoriale impegnato e politico dove negli ultimi anni i brasiliani stanno davvero dimostrando di aver tanto da dire e mettere in scena senza mai farsi prendere da sensazionalismi, ma rimanendo fedeli a delle storie classiche e più che mai catalizzatrici di mali sociali ancora molto radicati e intensi.

Hellbound-Prima stagione


Titolo: Hellbound-Prima stagione
Regia: Yeon Sang-ho
Anno: 2021
Paese: Corea del Sud
Stagione: 1
Episodi: 8

Una storia di esseri ultraterreni che appaiono dal nulla per emettere sentenze e condannare certi individui all’inferno. Questi eventi soprannaturali scatenano il caos e consentono all’organizzazione religiosa Nuova Verità di aumentare la propria influenza. Alcune persone però si insospettiscono delle attività di questa setta e iniziano a indagare sul suo coinvolgimento nei misteriosi eventi.
 
Yeon Sang-ho è un regista che ormai possiamo già tranquillamente inserire tra i veterani del cinema horror contemporaneo coreano. Ed uno dei migliori inoltre. Train to BusanPeninsulaSeoul StationKings of Pigs, PSYCHOKINESIS, Fake, dimostrano come l'autore riesca a smarcarsi in diversi contesti che siano horror, grottesco, denuncia politica, super eroi, disfunzionalità e temi sociali e infine l'animazione per adulti. Per questo la serie Hellbound che sembrava assurda almeno per ciò che concerne gli intenti e il trailer con quei mostri che dall'aldilà punivano i cittadini, sembrava qualcosa di apocalittico quasi impossibile da poter trattare con seriosità e rimanendo sempre avvincente. Certo la storia è davvero assurda, in grado di mischiare politica sociale, religione, aldilà, sette, paura del divino, rabbia sociale che sfocia nella tragica metafora per cui gli esseri umani quando perdono la ragione diventano più pericolosi e brutali di qualsiasi decreto dei messaggeri dell'aldilà.
Dalla Nuova Verità metafora delle new religion più singolari e manipolatrici che si possano pensare, alla Punta di Freccia come reparto criminale ed estremo che manda i suoi ragazzi a uccidere la gente con mazze da baseball senza scrupoli anche quando massacrano una vecchietta in un parcheggio spaccandole la testa.
Un film che parla di cospirazioni che alza sempre la posta in gioco immettendo personaggi e facendoli scomparire per poi solo in alcuni casi riprenderli e trasformarli in qualcos'altro.
Una serie che non accenna mai a incursioni ironiche o a qualche battuta per stemperare i toni ma anzi diventa sempre più drammatica e senza remore, mettendo da una parte la razionalità e dall'altra il volersi rendere succubi di esseri ultraterreni che agiscono seguendo una logica che non ci è dato sapere almeno non in questa prima stagione.


venerdì 9 luglio 2021

Crumbs


Titolo: Crumbs
Regia: Miguel Llanso
Anno: 2015
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

Un supereroe s'imbarca in un epico viaggio surreale che gli farà attraversare il paesaggio post-apocalittico etiope in cerca di un modo per ottenere il veicolo spaziale che da anni è diventato un punto di riferimento nei cieli.
 
Un viaggio dell'eroe in Etiopia in un mondo post-apocalittico condito da una cultura nerd del passato vista come lungimirante dove un collezionista porta alla scoperta cimeli trash appartenenti al passato che in una bella metafora sul consumismo, ora seppur deprezzati, hanno un valore altissimo. Partendo dalla miniatura della tartaruga ninja Donatello, al quadro di Michael Jordan, al disco di Michael Jackson, alla spada di He-Man, Llanso in suggestive location, crea questo viaggio sperimentale e surreale dove un freak vero e proprio, interpretato da Daniel Tadesse, per garantire un futuro alla sua bellissima compagna deve recarsi nei luoghi più remoti per ottenere un veicolo spaziale. Incontrerà streghe, demiurghi vestiti da Babbo Natale, soldati con cimeli nazisti in cui la particolarità è che nessuno di loro sembra nè buono e neppure cattivo.
Il film è un corollario di quadretti molto interessanti esteticamente, dove il linguaggio sperimentale cerca di rendere ancora più inusuale un film con una durata di 68' e un messaggio storico politico su cosa rischiamo in termini di valori di lasciare ai nostri successori. Il paradosso dunque di un modello culturale occidentale, che invece di esportare la sua alta cultura, decide di proposito di esportare solo la sua superficialità capitalistica vista dal collezionista e dagli altri gregari come elementi simbolici dotati di senso. Se ci mettiamo pure una nave spaziale disattivata, che è stata sospesa nel cielo per decenni, mostrando segni di riattivazione e una squisita connotazione romantica per cui il protagonista non conosce odio e sentimenti ostici, l'opera di Llanso riesce come una fiaba post contemporanea a interpretare tante cose senza dover inserire troppi dialoghi ma lasciando una sua personale e fedele impronta autoriale.

Run hide fight


Titolo: Run hide fight
Regia: Kyle Rankin
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Zoe Hull ha 17 anni ed è in guerra con il mondo. La madre è morta dopo una lunga malattia e il padre, veterano dell'esercito, insegna a sua figlia a cacciare, ma la invita anche ad affrontare quella rabbia interiore che condizione ogni suo gesto. Quando però nel liceo che la ragazza frequenta entrano quattro studenti armati e intenzionati a fare una strage il training da combattente di Zoe e la sua rabbia esistenziale torneranno utili, non solo a lei ma anche ai suoi compagni e ai suoi insegnanti.
 
Bisogna ammettere che soprattutto i festival quando incontrano opere che raccontano di tragedie contemporanee come possono essere le stragi nelle scuole americane o di altri paesi annettono a prescindere come se fosse un passo del vangelo da rispettare.
C'è da dire che il terzo film di Kyle Rankin dopo il b movie divertentissimo Infestation, si prende maledettamente sul serio, troppo direi. Una ragazza anche qui a riprova che ormai abbiamo da più di un decennio sdoganato le donne come protagoniste (e ancora una volta direi per fortuna) e con un male interiore dovuto alla morte della madre, da sola, stanerà i cattivoni complessati che tengono in scacco la scuola e gli studenti.
Un film banale nella logica, nello svolgimento, negli intenti camuffati ma che in parte sono reazionari come a dire che con questa gente non bisogna parlare ma stanarli e in questo caso e ancora più imbarazzante se a farlo è proprio una ragazzina che sembra quasi prenderci gusto.
Gli intenti poi dei "teen-terrorist" sono quelli di essere promossi dai social, millenial allo sbando che trovano nella diretta dei cellulari a cui obbligano gli studenti a filmare, la riprova di come tutto stia andando allo sbando e allora avere gli occhi dei media solo su di loro crea l'apripista per renderli leggendari e popolari. Senza contare poi sotto storie come quella del padre di Zoe, ex militare, che appena saputo che la figlia è in pericolo, prende il fucile e come un cecchino fuori dalla scuola, uccide alcuni gregari del leader carismatico dei "teen-terrorist" senza che la polizia locale se ne accorgano (se non nel finale).
Un film sicuramente con un ritmo sostenuto, senza sbalzi per quanto concerne un montaggio in alcune parti frenetico e dove Zoe, da sola, salva intere classi, crea corridoi per salvare professori ( i quali anch'essi si immolano per la causa) e via dicendo.
Run hide fight è un film che dice davvero poco in termini di critica sociale su un argomento delicato e complesso, rendendolo un b-movie d'azione dove una ragazzina disturbata agisce come un felino attaccando e uccidendo tutti.

mercoledì 2 giugno 2021

Shorta


Titolo: Shorta
Regia: Anders Ølholm e Frederik Louis Hviid
Anno: 2020
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5

I dettagli esatti di ciò che accadde a Talib Ben Hassi, 19 anni, mentre si trovava sotto custodia della polizia rimangono poco chiari. Gli agenti Jens e Mike sono di pattuglia nel ghetto di Svalegården quando la radio annuncia la morte di Talib, facendo esplodere la rabbia repressa e incontrollabile dei giovani del quartiere, che ora bramano vendetta. Così all’improvviso i due poliziotti diventano un bersaglio facile e devono lottare con le unghie e coi denti per trovare una via d’uscita dal ghetto.
 
Di Shorta si è parlato molto bene, forse troppo. La storia dello sbirro bravo e quello cattivo, della periferia pericolosa dove è meglio che le forze dell'ordine non entrino, non sono elementi sconosciuti al genere poliziesco e di recente è riuscito ancora meglio a descrivere il dramma sociale e le implicazioni politiche il bellissimo Les Miserables. Come lì anche qui si parte da un action movie con le squadre pronte a compiere i soliti giri, il poliziotto nuovo che dalla sua deve tenere d'occhio il collega violento e così via fino a prendere in "ostaggio" un ragazzino straniero e fuggire assieme a lui per il quartiere cercando di eludere le gang alla caccia dei poliziotti.
Anche in questo le analogie con il film francese sono pressochè identiche, in questo caso poi il ragazzino viene preso dai poliziotti per aver imbrattato l'auto a differenza di altri criminali che avevano fatto di molto peggio. Forse l'unica vera differenza è l'attualità di un fatto di cronaca che qui ritorna su più piani ovvero la morte del ragazzo sotto custodia delle forze dell'ordine per arresto cardiaco. 
Shorta rende il dramma sociale un thriller palpitante, segnato da fughe, sparatorie, combattimenti e inseguimenti in maniera massiccia e spietata diventando l'ennesimo film di guerriglia di periferia messa in scena in maniera quasi perfetta senza edulcorazione in quello che accade nel quartiere.

martedì 11 maggio 2021

Nuevo orden

 

Titolo: Nuevo orden
Regia: Michael Franco
Anno: 2020
Paese: Messico
Giudizio: 4/5

Città del Messico, 2021: il divario tra classi sociali si fa sempre più marcato. Un matrimonio dell'alta società viene interrotto da un gruppo di rivoltosi armati e violenti, parte di una più ampia sommossa dei meno abbienti, che prendono in ostaggio i partecipanti. L'esercito messicano sfrutta il disordine causato dalle rivolte per instaurare una dittatura militare nel paese.
 
E' il popolo divenne l'angelo sterminatore direbbe forse Bunuel. Nuevo orden è un film pieno di azione senza fine e colpi di scena imprevedibili che picchia duro, arrivando come un pugno nell'esofago lasciandoti in ginocchio a cercare di respirare.
Una critica sociale e audace incessante e brutale della disuguaglianza di fortissimo impatto con un livello di violenza a volte esagerato ma mai gratuito nemmeno quando vediamo infilato un manganello in culo ad un prigioniero.
Il cinema messicano come tutta la new generation di film sudamericani sembrano più che mai incazzati e desiderosi di mostrare potenziali scenari nemmeno così utopistici prendendo di mira un ordine dispotico che tiene al guinzaglio la servitù diventando uno straziante dramma senza happy ending, con un finale davvero amaro e per finire una giostra degli orrori in cui il potere, però, è qualcosa di tanto labile da finire per tornare sempre nelle stesse mani. Dall'evolversi all'interno della villa, al viaggio nell'inferno di Marianne che lasciando la villa entra nel cuore dei disordini sociali di una manifestazione contro gli abusi sociali e di potere. La prigionia diventa una macelleria messicana come per la scuola Diaz, dove l'esercito farà ciò che vuole seviziando di continuo con i corpi dei presunti detenuti vittime senza avere una colpa se non quella di appartenere a un ceto aristocratico.

mercoledì 24 marzo 2021

Virus letale


Titolo: Virus letale
Regia: Wolfgang Petersen
Anno: 1995
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il colonnello Daniels viene inviato dal governo in Africa per indagare su un virus sconosciuto che sta decimando gli abitanti di un villaggio
 
Più attuale di così con una pandemia in corso da più di un anno non poteva essere.
Virus Letale è un film interessante con un budget faraonico e un cast stellare, fatto e confezionato per il grande pubblico diventando un blockbuster perfetto.
Dramma, azione, tensione, cospirazione. Tanti elementi funzionali a dare sostanza e ritmo ad una storia che parte da elementi chiari e precisi nonchè classici per trascinare i suoi personaggi in un caos mediatico e passare da un assurdo all'altro arrivando addirittura a controvertire le scelte del proprio paese affidandosi ad una abnegazione di fatto sancendo come il governo di solito sia marcio e corrotto. Scienziati al posto di politici e funzionari del governo che dovranno da soli gestire la patata bollente, dimostrando come i valori onesti e puliti prevalgano sulle scelte scellerate di chi alla fine ragiona solo in termini di numeri e consensi.
Il virus Motaba dimostra poi la solita paura occidentale nei confronti di qualcosa di estraneo che finchè è confinato in Africa e devastando la popolazione non è un problema per nessuno basta bombardarlo come nella scena iniziale. Quando arriva in California a bordo di una nave quasi fantasma la paura si materializza con effetti immediati.
Alcuni momenti di eccessiva enfasi e sdolcinati intenti rendono il film paradossalmente ridicolo come la lotta tra i coniugi per avere l'esclusiva sulla coppia di cani.




mercoledì 1 luglio 2020

Carandiru


Titolo: Carandiru
Regia: Hector Babenco
Anno: 2003
Paese: Brasile
Giudizio: 4/5

A Carandiru, la prigione piú grande del Brasile, il potere è in mano ad assassini, stupratori e drogati. Ma il giorno della rivolta 300 poliziotti fecero irruzione nel carcere uccidendo 111 detenuti disarmati. La storia vera del massacro di Carandiru nell'ottobre del 1992.

Carandiru è stato attaccato duramente dalla critica. Uno dei due importantissimi film di Babenco assieme a PIXOTE racconta le dinamiche del più grande carcere del Brasile nonchè il più affollato, il più degenerato e il più violento. Come un organismo, tutto al suo interno fatica a mantenere un ordine prestabilito, un'umanità feroce e disperata, che lotta per la sopravvivenza quotidiana, tra ordinaria sopraffazione e squarci di solidarietà, violenza onnipresente e rara speranza, secondo regole non scritte di convivenza. Il governo agisce tardivamente e male, l'incidente finale che a reso tragica una delle pagine più vergognose dei penitenziari ci mette molto tempo a decollare prima del doloroso terzo atto.
Un film molto romanzato, dove Babenco si prende tutto il tempo che gli occorre come uno storytelling per ascoltare e vedere le storie dei protagonisti, raccontando senza lesinare violenza e linguaggio con sofisticata leggerezza, matrimoni, tradimenti, screzi e quant'altro, tutto attraverso noi/lui, il protagonista, dottor Drauzio Varella chiamato a controllare i casi di Hiv presenti nella struttura.
Con il teorema del flashback assistiamo alle gesta a volte grottesche e spregiudicate di alcuni personaggi, del loro modo di prendere ciò che vogliono dalla vita vivendo e seguendo precisi codici d'onore.
“Attraverso quale sistema d’esclusione, eliminando chi, creando quale divisione, attraverso quale gioco di negazione e di rifiuto la società può cominciare a funzionare?”. Questa è una della domande centrali che Michel Foucault si pone nella sua trattazione di “A proposito della prigione d’Attica” e che sembra essere a tutti gli effetti la matrice alla base del film, la domanda che continuamente siamo chiamati a porci.




22 Luglio


Titolo: 22 Luglio
Regia: Paul Greengrass
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La strage di Utoya avvenuta nel 2011 per mano del terrorista Anders Breivik, in cui morirono 69 giovani tra i 14 e i 20 anni.

Greengrass è un mestierante particolarmente preso sul serio nell'action americano.
Jason BourneBourne UltimatumCaptain Phillips-Attacco in mare aperto, erano film sempre in un qualche modo inflazionati da una scrittura e una messa dove gli intenti e la politica d'autore rimanevano in secondo piano, piazzando l'estetica e la macchina da presa come unici punti di riferimento.
La strage di Utoya è una questione complessa, un vero incubo a cui un paese come la Norvegia non avrebbe mai potuto credere e che ancora oggi è una ferita aperta e un trauma senza parole.
Lasciare dunque ad un americano che accetta la sfida di Netflix di approfondire il dramma, di per sè era già un'operazione discutibile e delicata. Il film dura due ore e mezza, di cui i primi 24' sono legati alla strage vista dal punto di vista di Breivik e una delle vittime. Il resto del film è tutto sulla ricostruzione del processo, degli interrogatori, della riabilitazione da parte delle vittime, dell'importanza degli affetti e della famiglia in una comunità che non si arrende e infine con accenni politici sparpagliati tra gruppi di estrema destra e decisioni del primo ministro, un film corale con troppi rimandi confusi.
La questione è che il film seppur confezionato molto bene, assimila in maniera feroce il dramma iniziale per poi sciogliersi su se stesso, diventando a tratti addirittura patetico soprattutto nella descrizione della famiglia di Viljar e il suo bisogno di "vendetta". Allo stesso tempo la descrizione di Breivik quando viene arrestato, sembra quasi involontariamente comico per quanto gli venga dato importanza e su quanto la stessa opinione pubblica sembra aver paura chiedendosi se veramente possa esserci un qualche disegno terroristico dietro.