Visualizzazione post con etichetta Remake. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Remake. Mostra tutti i post

venerdì 26 aprile 2024

Road House


Titolo: Road House
Regia: Doug Liman
Anno: 2024
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Elwood Dalton è un ex combattente di arti marziali della UFC (Ultimate Fighting Championship) ritiratosi a causa del tragico esito di un incontro, il cui ricordo lo perseguita. Per tirare avanti si guadagna da vivere prendendo parte a match clandestini nei quali prevale senza difficoltà, finché la proprietaria di un Road House in Florida non gli propone l'incarico di buttafuori nel suo locale, messo sempre più a rischio dalle ripetute risse e violenze. Seppure riluttante, Dalton accetta e si ritrova presto a fare i conti con un boss criminale intenzionato a far chiudere il locale (per poi acquistare il relativo appezzamento di terreno) servendosi della propria banda di delinquenti e di un folle e pericoloso picchiatore.
 
Alla fine per essere una sorta di remake non è poi così male. Cambiano pochi elementi e tutti in negativo tranne quella scheggia impazzita di McGregor che recita se stesso e l'assenza di un villain vero e proprio. Mancano le donne, per assurdo la vecchia pellicola si sforzava di inserire molte più scazzottate mentre qui sono abbastanza centellinate, il pre finale nella barca è imbarazzante e alcune scelte di Dalton come quella di portare dei bifolchi in ospedale dopo avergli menati a dovere fanno storcere il naso. E' intrattenimento ma senza avere il brio e il ritmo giusto, dura tanto e alcuni momenti sono veramente tiratissimi dando al film una noia mortale che sinceramente da un film del genere non meritiamo. L'incontro finale tra Dalton e Knox riprende tanto dagli ultimi film di arti marziali indonesiani.

sabato 13 maggio 2023

Casa-Risveglio del male (2023)


Titolo: Casa-Risveglio del male (2023)
Regia: Lee Cronin
Anno: 2023
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Nella periferia di Los Angeles, in un grande e fatiscente condominio prossimo alla demolizione e quindi con lo sfratto incombente, Ellie è una mamma single - il marito se n'è appena andato via - che si arrabatta per tirare su i suoi tre figli: Danny, Bridget e la piccola Kassie. Beth, sorella di Ellie e tecnica delle chitarre per un gruppo rock, si è accorta di essere incinta e viene a far visita alla sorella per trovare consiglio. Pessima scelta del momento, però. Una scossa di terremoto di 5.5 gradi di magnitudo apre un buco sul pavimento del garage e permette a Danny di trovare una cassetta di sicurezza contenente alcuni dischi misteriosi oltre a un involto con un antico libro. L'edificio era infatti una banca e quanto Danny ha trovato è propedeutico alla liberazione di un'entità malvagia che prende possesso di Ellie con conseguenze terribili di cui non tardano ad accorgersi i malcapitati figli e la sorella, subito coinvolti in un sanguinoso turbinio di orrore.
 
Ennesimo remake che dopo quello di Alvarez, merita di nuovo un'insufficienza nonostante rimanga un pregevole lavoro tecnico da mestierante. Purtroppo la struttura è quanto di peggio si potesse immaginare. Spoilera fin da subito il finale del film solo per mostrare la catapecchia al lago e citare così i capolavori di Raimi. Interessante il background e la scelta di portare tutto in chiave post contemporanea dentro un appartamento e diramare lì tutta la vicenda ma la scena del terremoto e del ritrovamento con libro e vinile appresso è davvero troppo, così come la scelta del fanciullo di ascoltarlo. Anche qui un prete che al tempo stesso svela la frase propiziatoria per la possessione e poi subito dopo se ne pente dicendo che i monaci stanno morendo è quanto di più sbagliato in termini di drammaturgia. Nel finale poi con la trasformazione del demone e figli associati in quell'ibrido che sembra uscire direttamente dalle schifezze di RESIDENT EVIL e la motosega che per forza di cose viene inserita in maniera non lecita così come il camion per triturare i corpi anche lui fermo nel parcheggio ad aspettare lo scontro finale.

domenica 27 novembre 2022

Hellraiser (2022)


Titolo: Hellraiser (2022)
Regia: David Bruckner
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Belgrado. Per conto del milionario Roland Voight, Serena, recupera la "Configurazione del Lamento", un rompicapo a forma di cubo consegnatole da Lorenz. Nella sua lussuosa villa, in Massachusetts, Voight tiene un festa durante la quale sacrifica il gigolò Joey, facendo uso del cubo maledetto, che permette a creature mostruose di accedere alla nostra dimensione.
Sei anni dopo. La tossicodipendente Riley, vive assieme al fratello Matt, il suo compagno Colin e la coinquilina Nora. Fidanzata con Trevor, Riley si lascia convincere a partecipare a un furto in un grande magazzino, ma quello che i due rubano è proprio il cubo in grado di evocare i Cenobiti. Riley riesce a completare una delle diverse configurazioni, diventando inconsapevole responsabile della scomparsa del fratello Matt, a sua insaputa torturato e ucciso dai Supplizianti. Nel tentativo di rintracciare Matt, Riley contatta Serena, attuale proprietaria del "cubo" rubato, e apprende di Voight, scomparso nel frattempo misteriosamente, senza apparente ragione. Riley decide di recarsi nella villa di Voight, venendo presto raggiunta da Trevor, Colin e Nora.

Che fosse difficile, che negli ultimi anni il progetto ha visto sfumare al timone nomi pretigiosi questo lo si sapeva e da un lato ce lo si poteva anche aspettare contando che a differenza di tante saghe, quella di Clive Barker è una delle più complesse da trattare contando che non ha una narrazione tradizionale e un mostro che va avanti uccidendo e così via. Qui da sempre come tutto ciò che concerne il prolifico autore siamo di fronte ad una perla di sadismo, sadomaso e body horror soprattutto nello sdoganamento di un capitolo che sembra come intenzioni voler assorbire i primi tre capitoli inserendo una galleria appunto di Cenobiti particolarmente suggestiva. Dove il sangue torna a scorrere a fiumi e dove l'horror diventa perverso e allucinante tutto votato in fondo alla ricerca del piacere che per gli umani è troppo limitato mentre per i Cenobiti assurge a qualcosa che potrebbe sembrare un martirio continuo. Da questo punto di vista è speculare il milionario Voight in quella sua spregiudicata ricerca del piacere, dell’ossessione di andare oltre ogni limite estremo attraverso il dolore cambiandola con una più vaga e “spirituale”, un raggiungimento verso una forma altissima di potere per arrivare ad un colloquio diretto col Leviatano che passa ovviamente per il raggiungimento e il superamento risolvendo tutte le configurazioni della scatola di Lemarchand che dovranno essere vergate con un sacrificio umano per passare alla successiva fase.
Il progetto targato Hulu sicuramente rispetto a quello del '87 ha diverse e svariate differenze tutte in un qualche modo legate anche ai tempi post contemporanei, ad un cast di giovani, ad un andare incontro a scenografie (il palazzo-cubo come trappola alchemica) ed effetti speciali molto più complessi (le torture a cui vengono confinati alcuni di loro in particolar modo Voight e lo sfasamento temporale quando si viene trafitti dalla scatola).
In più di due ore il film alterna comunque un ultimo atto molto più frenetico quando finalmente tutta l'azione viene, con i pro e contro, gestita dentro il palazzo-cubo, ad un primo atto quasi votato sul sociale dove conosciamo fin troppo bene Riley, i suoi problemi dalle dipendenze e la sua paranoia quando si impossessa della scatola.
Forse uno degli elementi che più mi ha lasciato basito, anche se il film mi è piaciuto pur senza farmi impazzire, è quello di aver infilato questa postilla per cui si possono anche sacrificare gli stessi Cenobiti alla Configurazione dei Lamenti, andando totalmente contro il meccanismo di “sacrificio” e di sangue che i demoni stessi chiedono. Allo stesso tempo però la scena finale è così crudelmente deliziosa da accantonare alcune ingenuità.

lunedì 16 agosto 2021

Alba dei morti viventi (2004)


Titolo: Alba dei morti viventi (2004)
Regia: Zack Snyder
Anno: 2004
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Di fronte ad un attacco di zombie un gruppo di persone si barrica all'interno di un centro commerciale nel tentativo di difendersi.
 
Il remake del cult di Romero è affidato a quello Snyder che divide critica e pubblico come Michael Bay e altri mestieranti di Hollywood che amano farcire e fare un uso esagerato di c.g a dispetto della classicità con cui gli autori affrontano le proprie opere. In questo caso per quest'horror-buster lo stile di Snyder ci poteva anche stare, seguendo per fortuna non in maniera copia/incolla il film del 1979 ma rendendolo più pop e pulp per alcuni aspetti. Di sicuro non annoia anche se alcuni personaggi risultano caratterizzati male, le scene d'azione sono violente ma mai spettacolari e il bimbo-zombie sortisce l'effetto inverso risultando di pessimo gusto. Allo stesso tempo la donna obesa così come il vicino del palazzo accanto sono scelte funzionali per un film che di fatto racconta la mattanza tra umani rimasti intrappolati in un centro commerciale e zombie.
L'elemento che poteva fare la differenza era la sceneggiatura di quel pazzo di James Gunn dove infatti quel poco di buono si salva grazie ai colpi di scena e non ad una regia pubblicitaria e videoclippara per amanti vidioti dei colpi bassi

martedì 12 gennaio 2021

Nightwatch-Il guardiano di notte


Titolo: Nightwatch-Il guardiano di notte
Regia: Ole Bornedal
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Per mantenersi agli studi, Martin Bells fa il guardiano notturno all'obitorio. Diventa il bersaglio di un assassino periodico di prostitute che ha l'abitudine di cavare gli occhi alle sue vittime: il maniaco prima cerca di incastrarlo come autore degli omicidi, poi tenta di ammazzarlo con la sua ragazza e il suo amico.

Pur essendo un remake uguale all'originale film danese, Nightwatch cerca come può di creare suspance e brividi con una location sempre interessante, cercando in modo derivativo e con troppa enfasi di scopiazzare Hitchcock, sfoderando un buon cast dove Brolin e Nolte danno il meglio a differenza di un McGregor troppo stralunato nel mondo dei sogni.
Si parte bene, i colpi di scena a parte quello dell'identikit dell'assassino sono funzionali e le morti seppur centellinate servono a creare il climax finale che dalla sua cerca di essere piuttosto violenta (l'amputazione del pollice ad esempio). Se la caratterizzazione dei personaggi fosse stata meno scontata, dove una delle parti più interessanti del film non è nemmeno all'interno dell'obitorio ma nello scambio d'identità per i giochi con la prostituta, la regia di Bornedal cerca come può di siglare un accordo commerciale un pò come succedeva per quel capolavoro di Funny Games(2007) girato dal maestro indiscusso Haneke prima in Austria e poi identico per il mercato statunitense.

martedì 17 novembre 2020

Rebecca


Titolo: Rebecca
Regia: Ben Weathley
Anno: 2020
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Monte Carlo, anni ’30-’40: la dama di compagnia della ricca signora Van Hopper conosce l’aristocratico Maxim de Winter, vedovo da circa un anno della moglie Rebecca. L’uomo si sente attratto fin da subito dalla giovane donna, della quale apprezza freschezza e spontaneità. Tra i due nasce un’intensa storia d’amore che li conduce presto al matrimonio. Dopo una romantica luna di miele, i neo-sposi tornano a casa nella maestosa residenza di Manderley. L’idillio però si trasforma ben presto in un incubo: nella casa si sente la presenza opprimente della defunta Rebecca, da tutti descritta come la più bella creatura che sia mai nata. La seconda signora de Winter vive difficoltà crescenti e viene sottoposta ad un confronto continuo con il fantasma della prima moglie. A renderle la vita difficile è soprattutto la signora Danvers, la governante, determinata a destabilizzarla in ogni modo poiché non accetta queste seconde nozze.

Rimango basito quando si provano a fare alcune comparazioni. Al di là della mia venerazione per Ben Weathley che considero una sorta di Re Mida per numerosi progetti (Kill List su tutti), non ritengo necessario paragonare la sua recente versione di Rebecca con il capolavoro del maestro del brivido. Credo che non abbia proprio senso. Rebecca è un buon film con una messa in scena forse troppo patinata (parlo della fotografia e la color correction) una storia in continua evoluzione, location bellissime, la magione di Manderlay su tutte, nonchè una parte finale processuale e una costruzione di personaggi solidi e ben caratterizzati. L'evoluzione della protagonista interpretata da Lily James, la sua apparente fragilità, spensieratezza e ingenuità a contrasto con lo spessore e la serietà che la contraddistingue nel terzo atto, la trasformazione di Maxim così solido per perdere le staffe nel finale, la granitica signora Danvers e tutti i segreti che partono da ognuno di loro per evolversi e coincidere a Manderlay vera matrioska russa di tragedie e segreti sepolti.

Due ore in cui dal ritmo veloce del primo atto si passa ad un dipanarsi della narrazione, dei tempi dilatati, di una sorta di sogno/incubo sempre alle porte e dei rigidi comportamenti da tenere e mantenere nei confronti e riguardi di una famiglia e una corte sempre più col fiato sul collo della protagonista. Una storia con una buona pressione psicologica, colpi di scena, momenti inaspettati, luoghi nascosti, elementi gotici e panorami mozzafiato. Un film di donne, sulle donne, dove il buon Maxim come personaggio e come attore viene meno, affossato dai fantasmi e da due donne che sanno imporsi sulla scena regalando delle ottime interpretazioni. Weathley un pò meno a suo agio in una storia che non riesce a fare proprio sua mischiandola con i suoi tipici ingredienti magici e grotteschi.

Streghe(2020)


Titolo: Streghe(2020)
Regia: Robert Zemeckis
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Rimasto orfano dopo un incidente, un bambino di otto anni va a vivere a Demopolis, in Alabama, con la nonna. È il 1968, per gli afroamericani la vita non è semplice, ma per nonna e nipote il pericolo viene soprattutto dalla scoperta che le streghe - creature malvagie e orribili che odiano i bambini sopra ogni cosa - sono tornate. Convinti di sfuggire alla persecuzione, si rifugiano in un hotel di lusso dove lavora un loro cugino, senza sapere, però, che proprio in quel luogo sfarzoso si terrà l'annuale raduno delle streghe. E che la tremenda Strega suprema ha intenzione di trasformare tutti i bambini del mondo in topi.

Vi ricordate i film di una volta. Prima di arrivare al climax finale l'eroe o l'eroina dovevano superare diverse prove prima della vittoria o della salvezza. Questo interessante strumento drammaturgico nell'ultimo film di Zemeckis è stato tagliato con l'accetta mostrando tre atti che senza nessun colpo di scena, ostacoli o altro arrivano dritti dritti ad un finale prevedibile e indigesto.
Senza stare a fare nessun paragone con il film precedente, l'opera sceglie e si adatta immediatamente con un altro tipo di pubblico risultando per niente pauroso come poteva essere il make up delle streghe nel film di Nicolas Roeg. Pu avendo assoldato Del Toro in una sceneggiatura a più mani, The Witch rimane un dramma ambientato tra l'altro in Alabama con molti protagonisti di colore (scelta condannata da buona parte della critica americana per ragioni che non riesco sinceramente a capire). A parte l'uso eccessivo della c.g per quanto concerne topi e la fisionomia delle streghe, funziona a tratti come film per famiglia, quasi per nulla come horror e i jump scared così come la struttura in generale sembra essere stata strutturata velocemente senza troppi riguardi.



sabato 14 marzo 2020

Rabid(2019)


Titolo: Rabid(2019)
Regia: Soska
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il film è il remake del film di Cronenberg che racconta la storia di una donna gravemente ferita dopo un incidente motociclistico. L'intervento chirurgico effettuato per salvarla cambierà il suo corpo irrimediabilmente, trasformandola in una specie di vampiro.

Più che ispirarsi al modello del regista canadese, le sorelle Soska, che spero da oggi in avanti vanteranno una carriera più prolifica, immettono toni alla Refn di Neon Demon, protagonista bellissima, competizione ai massimi livelli, mondo della moda e via dicendo per finire su cartelloni pubblicitari e stare alle regole di squilibrati maschi alfa. Il make-up mostra dopo un primo atto di semina, un volto deturpato in maniera oscena, l’incidente dopo un altro incidente che aveva già di fatto colpito Rose nel profondo trasformandola almeno psicologicamente annichilendo la sua autostima.
Rabid parte decorosamente, dopo il secondo atto esplode in un fiume di sangue lasciando lievemente la protagonista in secondo piano e concentrandosi sull’epidemia.
Transumanesimo, postumanesimo, ormai il mondo sta cercando di aprire nuovi orizzonti non soltanto per quanto concerne la chirurgia estetica ma nel modo di arrivare a pensare e trasformare in primis le menti indirizzandole verso un binario comune con i medicin man e i guru dell’immagine.
Il film delle sorelle Soska, veneratrici di Cronemberg, non è perfetto, prende molto dall’originale pur riuscendo ad allargarne gli intenti puntando più in alto, rischiando e mettendoci la faccia arrivando a porre delle risposte a dei concetti che l’ateo canadese non si è mai posto o forse non gli è mai interessato indagare. Si và oltre la mera concezione dell’horror per portare alcune riflessioni sulla scienza, sulle metodologie spesso conosciute e d’avanguardia, degli effetti perversi e le conseguenze inattese che possono avvenire e diventare virali nel giro di poco tempo senza dimenticare però la vera natura del film fatta di sangue ed epidemia.

Black Christmas(2019)


Titolo: Black Christmas(2019)
Regia: Sophia Takal
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Il college di Hawthorne è da sempre un posto tranquillo. Tuttavia, con l'avvicinarsi delle feste natalizie, Riley Stone e le consorelle della Mu Kappa Epsilon dovranno vedersele con uno stalker mascherato che comincia a uccidere le ragazze una dopo l'altra. Man mano che i cadaveri aumentano, Riley e le amiche metteranno in discussione tutti gli uomini che le circondano.

Ricordo un BLACK CHRISTMAS in passato decisamente più splatter dove l’assassino non si vedeva mai.
La versione prodotta dalla Blumhouse mi ha fatto per un attimo pensare al bellissimo esordio di Oz Perkins February, dove alcuni elementi erano parecchio simili come parte dell’isolamento nel college privato (lì era di matrice cattolica) e le protagoniste. Ora mentre l’esordio di Perkins portava al sovrannaturale giocato in maniera davvero ottima e ispirata, la deriva in cui ci conduce Takal ovvero stregoneria+confraternita=liquido nero che rende catatonici e spietati i neo-membri della confraternità sembra quasi una barzelletta. In un film vietato ai minori di 13 anni dove il sangue non compare quasi mai e dove i dialoghi insistono nel ripetere cose che già sappiamo da tempo con tanto bene che posso volere alla nuova spinta di registe donne (che spesso dimostrano di avere più palle della controparte).
Se da un lato le ispirazioni, il messaggio, la carica con cui vengono montate le protagoniste, i tabù da sciogliere, il mistero da celare, poteva essere dosato con più elementi sforzandosi in fase di scrittura e nell’osare idee superiori, la confraternita viene ancora una volta ridicolizzata (come è bene che sia) ma in maniera patetica dove alla fine, mi spiace, il film sembra un poster che si scaglia contro la mascolinità difesa dalle istituzioni, dove il maschio cattivo riesce a vincere sempre e alla ragazza pura di cuore tocca diventare una vittima sacrificale o un capro espiatorio. In alcune scene che hanno quasi del patetico (il balletto dove Riley vede arrivare il suo aguzzino) questo pamphlet femminista che vuole ricordarci come alcune cose accadano e non vengano prese in considerazione purtroppo sprofonda sotto tutte le leggerezze lanciate e raccolte in un finale, un climax dove arriva questa vendetta del manipolo di fanciulle rimaste in vita (sembrava di vedere Avengers-Endgame quando il gruppo di eroine femmine combatte Thanos, ma lì almeno aveva un senso).
Un peccato perché la messa in scena, la recitazione e parte dell’atmosfera erano davvero interessati.
Ho un’idea da vendere alla Blumhouse che vale cento mila volte questa scontatissima trama ed è cazzuta all’inverosimile però trattasi di Pg 18


lunedì 30 dicembre 2019

Fabbrica di cioccolato(2005)


Titolo: Fabbrica di cioccolato(2005)
Regia: Tim Burton
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Charlie Buckett è un ragazzino poverissimo che vive con i genitori ed i nonni in una stamberga fatiscente di una cittadina della provincia americana, nella cui skyline svetta l'immensa fabbrica di cioccolato del misterioso Willy Wonka, il cioccolataio più famoso del mondo, che non esce mai dal suo possedimento. Un giorno Wonka dà notizia di un concorso che permette ai vincitori di visitare la fabbrica…

Con tutto il bene e l'amore che si possa provare per quel grandissimo artista che ha saputo dare struttura, corpo e spessore al fantasy, è difficile perdonare un remake che nessuno voleva, dal momento che spero fino alla fine che sia stato solo un film su commissione e non per il volere personale di cimentarsi al cospetto dell'unico WILLY WONKA E LA FABBRICA DI CIOCCOLATO del '71 diretto da Mel Stuart con l'unico cioccolataio che verrà sempre ricordato nella storia del cinema ovvero l'ambiguo Gene Wilder. Il film del 2005 fa parte di quelle operazioni commerciali che riprendono i classici e li riplasmano con tanti colori in più ed effetti speciali a profusione.
La magia del film di Stuart era semplicemente quella di aver dato estro ad un personaggio molto complesso e difficile da comprendere fino alla fine, con una bipolarità alla base capace di far scomparire il sorriso a qualsiasi bambino che si trovasse tra i piedi nel paese dei balocchi.
Wilder aveva questo dono, Deep ha più quello del trasformista della maschera e del make-up piuttosto che non gli intenti e la caratterizzazione del personaggio.
Burton ha fatto un lavoro come fanno gli scolaretti intelligenti, di fatto cambiando pochissimo ma adattando in chiave post-moderna un classico degli anni '70.
Se dal punto di vista del coinvolgimento il film è minore rispetto all'originale, a cercare di arricchire con qualche trucco speciale, la sceneggiatura cerca di puntare il dito e criticare l'eccesso in tutto e per tutto dei giovani ragazzi in particolare quello audiovisivo tutto iper colorato e iper rumoroso.




lunedì 21 ottobre 2019

Bambola assassina (2019)

Titolo: Bambola assassina (2019)
Regia: Lars Klevberg
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Buddi è la nuova bambola creata dalla potente industria Kaslan. In uno stabilimento nel Vietnam, dove la bambola viene assemblata, un dipendente viene rimproverato e licenziato, ma prima ha il tempo di modificare il software di una delle bambole togliendole ogni limite e ogni remora. Poi si suicida. Negli Stati Uniti, Karen è una madre single, con una storia poco passionale con Shane. Andy, figlio adolescente di Karen, non vede di buon occhio la relazione della madre e soffre anche per il trasloco familiare appena compiuto. Per farlo felice, Karen, che lavora in un grande negozio, gli porta a casa un Buddi restituito da una cliente perché difettoso. Andy si rende conto che il bambolotto è un po' particolare, ma, proprio per questo, se ne appassiona. Le cose però si fanno presto complicate. Infatti, la bambola - alla quale viene dato il nome di Chucky - è proprio quella modificata e molti guai sono perciò in arrivo.

Essendo un fan di Don Mancini, avevo una certa paura di fondo a dovermi scontrare con l'ennesimo reboot di una saga che in un modo o nell'altro ha sdoganato la bambola assassina, in un film che a conti fatti arriva trent'anni dopo l'originale.
Negli ultimi anni sulla falsa riga dell'idea di Chucky e il vodoo, sono stati prodotti tanti cloni, ibridi, tentativi di creare qualcosa di innovativo e arrivando negli ultimi anni a farlo coincidere con la possessione demoniaca virata verso Annabelle 2 con risultati molto scarsi ma che sono piaciuti molto ai neofiti dell'horror.
Klevberg che aveva diretto l'inutile Polaroid, uno di quegli horror che sembrano ripetersi sulla falsa scia di altri prodotti simili e quasi sempre brutti, riesce, forse complice anche un buono script, a portare a casa un film che non sfigura di fronte agli originali.
Certo il film a tutti i limiti del caso a partire dal terzo atto, forse una delle parti più caotiche e sconclusionate, ma l'idea di adattarlo ai nostri tempi, di partire da una interessante critica al consumismo, la caccia al Buddi (ma quello biondo, non quello coi capelli rossi) diventa se vogliamo un sostituto del cellulare per i bambini e quindi un modo per le famiglie di togliersi i marmocchi di turno è un ottimo spunto. Buddi poi è stato pensato con una storia abbastanza originale che ne giustifica la nascita, è caratterizzato come spesso negli horror non avviene e ha una sua identità molto diversa e meno spinta rispetto ai film di Mancini, non è volgare e sboccato, ma docile, non ha istinti sessuali forti e non ha quel sottile humour della saga che in questo caso in un paio di punti avrebbe giovato.

mercoledì 2 ottobre 2019

It-seconda parte

Titolo: It-seconda parte(2019)
Regia: Andres Muschietti
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Ventisette anni sono passati dagli avvenimenti descritti nel primo capitolo. I ragazzi - componenti il club dei perdenti - che avevano affrontato l'orrore di Derry sono cresciuti e, benché intimamente segnati dall'esperienza, hanno in gran parte parte rimosso, piuttosto misteriosamente, quanto accaduto, cercando di vivere, con maggiore o minore successo, le proprie vite. Quasi tutti se ne sono andati dalla cittadina. Solo Mike è rimasto a presidiare la zona ed è proprio lui - l'unico a non aver dimenticato - a cogliere il segnale che l'orrore sta tornando, compiuto il suo ciclo vitale. Per questo, per combattere il mostro, Mike contatta i vecchi amici e li richiama al patto che stipularono da ragazzi, perché solo loro possono concludere il lavoro che hanno iniziato. Ciascuno di loro è colto nel pieno dei problemi quotidiani della vita, ma il richiamo è troppo forte e niente può impedire il ritorno a Derry. Per tutti, tranne che per uno, Stanley, che si toglie la vita. Gli altri, tra ritrosie, ripensamenti e paure, affrontano di nuovo It.

Finalmente ho letto il romanzo. Un'opera che sono sempre più convinto sia difficile da adattare come tanto materiale di King. Forse una serie tv con almeno dieci episodi da un'ora potrebbe bastare. Nella mini serie cult degli anni '90, che trovo finora la cosa che sfigura meno e ripeto avendola vista da piccolo e rivedendola ora continuo a sostenere che valga di più dei due film di Muschietti. Come sempre gli elementi più tremendi mancano anche qui come mancavano prima, parlo per la prova iniziatica del fumo e dunque la venuta di It come alieno da un'altra dimensione (sempre l'orrore cosmico) e Beverly che si concede a tutto il gruppo prima della caccia finale e la carneficina molto truce secoli prima a colpi di ascia in un locale.
Si inizia con Dolan in un personaggio abbastanza interessante del romanzo, si continua con alcuni tratteggi in cui gli sceneggiatori si prendono alcune libertà ma che diventano funzionali come la storia di Bob Gray, la prova del fumo anche se con diversi punti di rottura e in fondo, come nel capitolo precedente, una maggiore attenzione alla storia in quei particolari della popolazione di Derry che vedeva cosa stava succedendo limitandosi a girarsi dall'altra parte.
Vediamo quello che non ha funzionato: la comicità fuori luogo, attori fuori parte, troppo utilizzo della c.g soprattutto nelle parti con Penniwise e alcune agghiaccianti trasformazioni (tra il ridicolo e il veramente brutto), jump scared a profusione mai incisivi e tanti altri elementi disfunzionali.
Bocciato come lo era il primo capitolo. Forse questo è un pòmeno brutto. Il secondo capitolo ha delle variabili particolari, risulta essere meno noioso del precedente ma troppo pompato con uno stile che non riesce mai a fare la differenza.

venerdì 2 agosto 2019

Point Blank


Titolo: Point Blank
Regia: Joe Lynch
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

L'infermiere Paul si trova in ospedale quando la moglie incinta viene rapita sotto i suoi occhi. Quando scopre che un pericoloso criminale, Mateo, è proprio il responsabile del crimine. Se vuole rivedere la moglie viva, l'infermiere dovrà sconfiggere il criminale nel suo perfido gioco.

Joe Lynch è il mestierante addetto all'ennesimo remake di un action che ha due film in questione entrambi validi e notevoli. La scelta non poteva che rivelarsi più funzionale dal momento che Lynch gira perfettamente le scene d'azione alternando montaggio e immagini in una formula già rassodata con i suoi precedenti film: Everly, Mayhem, Chillerama e Knight of Badassdom.
Il film poteva essere un unico piano sequenza action tra inseguimenti, sparatorie, scene d'azione, regolamenti di conti, doppio gioco, poliziotti corrotti e altro in un buddy dramedy d'azione.
Pochi elementi, una chiavetta usb, due fratelli delinquenti dal cuore tenero, un infermiere e una moglie incinta tenuta in ostaggio per tutto il film.
Fila via veloce, con un ritmo esagerato, tanta carne al fuoco, insegue stereotipi a gogò e infatti il talento e le scelte di script e una sceneggiatura molto stereotipata sono gli unici elementi deboli di un film che rimane puro intrattenimento ma è molto lontano dai film del regista in cui non opera per commissione.
Grillo è funzionale anche se in più riprese sembra Chev di Crank, meno forse Mackie, su tutto però pesa un particolare difficile da mettere da parte ovvero la scarsa caratterizzazione, gli obbiettivi e gli intenti soprattutto del protagonista che rendono piatti e inconsistenti i ruoli e il loro modus operandi a volte davvero anomalo come Paul che non sembra soffrire particolarmente per le sorti della moglie incinta. In più anche l'incidente scatenante con il fratello criminale che sceglie Paul sembra davvero senza senso.



giovedì 4 luglio 2019

Nome della Rosa(2019)


Titolo: Nome della Rosa(2019)
Regia: Giacomo Battiato
Anno: 2019
Paese: Italia
Serie: 1
Episodi: 8
Giudizio: 3/5

Alpi piemontesi, fine novembre del 1327. Il frate francescano Guglielmo da Baskerville, seguito dal giovane novizio benedettino Adso da Melk, raggiunge un'isolata abbazia benedettina per partecipare ad una disputa sulla povertà apostolica tra rappresentanti dell'Ordine francescano e del papato avignonese. All'arrivo nell'abbazia i due si trovano coinvolti in una catena di morti misteriose.

Il nome dell rosa è un classico senza tempo inserito tra i 100 libri più importanti al mondo.
L'opera immortale di Eco si è aggiudicata col tempo così tanti meriti oltre la capacità di mischiare i generi superandosi con una rigorosa descrizione del medioevo oltre che delle trame degli uomini di Chiesa. Un romanzo così dettagliato era stato già materia di un film importante e inarrivabile come quello di Annaud del '86.
Per prima cosa spenderò una parola sul cast. In un'opera del genere, probabilmente è l'elemento chiamato a fare la differenza. La versione del'87 era diabolica, nel senso che aveva tirato fuori dalle tenebre alcuni caratteristi che rimarranno indimenticabili con il risultato che l'abbruttimento, la sporcizia e i segni particolari indelebili creavano un'atmosfera e una galleria di "mostri" perfetti.
Il cast della serie da questo punto di vista, pur avendo centrato appieno alcuni personaggi, nel quadro generale, non riesce ad essere così "sporco" preferendo una pulizia generale meno funzionale a chi era rimasto affascinato da uno stile meno morbido e più spaventosamente incisivo.
Il personaggio di Guglielmo è stato pensato in due maniere molto distinte.
Da ambo le parti il personaggio è orgogliosamente fiero di sè per il suo acume e il talento a risolvere l'indagine. Nel film di Annaud, Connery mostrava quello spirito francescano più da monaco che non invece da ex inquisitore come promuove invece la caratterizzazione del nuovo Guglielmo interpretato da Turturro.
Nella serie avendo 400 minuti a disposizione per otto puntate viene dato molto più spazio alle questioni teologiche e i dibattiti politico religiosi tra monaci francescani e domenicani oltre che impero e chiesa, facendolo diventare più un thriller politico per alcuni aspetti rispetto al giallo grottesco di Annaud.
Un'altra differenza riguarda la storia d'amore di Adso che mentre nel romanzo e nel film avviene in un'unica scena di notte dentro le cucine dell'abbazia, qui viene descritta e narrata allungandola e dandole maggiori informazioni oltre che incrociarla con alcune sotto storie legate ai dolciniani.
Ed è proprio per questi ultimi che la serie ha fatto un saltino in più prendendosi un bel rischio tant'è che il risultato infatti è stato molto, ahimè lacunoso. Decidere di descrivere e mettere in scena i dolciniani era un elemento che speravo di vedere dal momento che tutta la loro parte all'interno del romanzo della setta eretica rimane uno degli aspetti più interessanti e allo stesso tempo tristi della vicenda per l'epilogo che ebbero i suoi componenti.
Fra Dolcino, Margherita e tutto il seguito qui vengono qui appena accennati messi come figure a far da sfondo quando c'era il tempo per descriverli meglio sfruttando il talento di un attore come Boni a dispetto della Scarano per Anna su cui si è insistito troppo senza peraltro far nulla di buono.
I paragoni tra il film cult e la serie sono per forza di cose insensati e improponibili: due media troppo diversi, con regole e linguaggi propri ma soprattutto intenti completamente diversi e commercialmente pensati su regole differenti a dividere pubblico e critica.
Il progetto Rai cerca fin da subito di omologare il target facendo un lavoro commerciale per tutti i gusti e preferendo l'opinione e i gusti del pubblico. Annaud di tutte queste "regole" sembra essersene fregato fin da subito e il risultato è evidente.
Un conto è avere a disposizione 132 minuti e un altro averne 400 per sviluppare la storia e i personaggi e inserire anche altre parti, essenziali al libro come lo è la parte più ludica (ma sempre colta) dedicata alla detection.


lunedì 3 giugno 2019

Willard il paranoico


Titolo: Willard il paranoico
Regia: Glen Morgan
Anno: 2003
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Willard, quarantenne introverso al limite della patologia, trascorre il proprio tempo curando la vecchia madre malata e lavorando come impiegato nell'azienda fondata dal padre defunto. Protagonista passivo di una vita di umiliazioni, a casa e sul posto di lavoro, troverà nel morboso rapporto con i topi che abitano la sua cantina una valvola di sfogo per le proprie frustrazioni, e, giunto all'esasperazione, un singolare strumento di vendetta.

Willard sembra una via di mezzo tra Norman Bates e Lionel Cosgrove. Un personaggio con cui non è facile empatizzare e distinguere se è un buono o un cattivo a tutti gli effetti. Fa parte di quella galleria di protagonisti psicolabili e basta.
Willard remake di WILLARD E I TOPI, riesce per tutta la durata effettiva del film, a sfruttare bene l'unica location, la casa, in un home invasion dove sono proprio i roditori ad essere i co protagonisti ed esercitare poteri e paranoie ai danni del suo protagonista.
E 'un film che si chiude molto dentro se stesso, puntando su pochi elementi e cercando di lavorare per la maggior parte del tempo sull'atmosfera, il dramma grottesco e le macabre atmosfere soffocanti che rimangono anche le parti migliori. Il risultato poteva essere molto più deludente è così per fortuna non è stato.
Morgan ha una buona mano e di fatto questo rimarrà il suo film migliore all'interno di una sfortunata e magra filmografia che annovera un brutto remake del bellissimo BLACK CHRISTMAS e alcuni episodi della serie X-Files-Season 10
Quando uscì venne accolto forse troppo bene dal momento che la pellicola vive di alti e bassi che non riescono a farla decollare in modo completo, se non altro nella ripetizione di alcuni momenti e dialoghi che Willard sembra fagocitare per se stesso e che altalenano un ritmo e un montaggio non sempre adeguato contando che il film dalla sua è un racconto sulla solitudine, l'incomunicabilità e il disagio mentale.




mercoledì 23 gennaio 2019

Suspiria(2018)


Titolo: Suspiria
Regia: Luca Guadagnino
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

La giovane danzatrice americana Susie Bannion arriva nel 1977 a Berlino per un'audizione presso la compagnia di danza Helena Markos nota in tutto il mondo. Riesce così ad attrarre l'attenzione della famosa coreografa Madame Blanc grazie al suo talento. Quando conquista il ruolo di prima ballerina Olga, che lo era stata fino a quel momento, accusa le dirigenti di essere delle streghe. Man mano che le prove si intensificano per l'avvicinarsi della rappresentazione, Susie e Madame Blanc sviluppano un legame sempre più stretto che va al di là della danza. Nel frattempo un anziano psicoterapeuta cerca di scoprire i lati oscuri della compagnia.

Quando ci si trova di fronte a film come questi bisogna azzerare le aspettative e godersi lo spettacolo. Guadagnino non è un regista per cui nutro una stima particolare, a parte il fatto che usa spesso la Swinton come musa che qui si fa addirittura in tre.
Un film che si ispira al cult di Argento, e che sinceramente sono rimasto colpito per come abbia saputo strutturare una scenografia così ambiziosa. Il clima politico che va di pari passo con l'indagine del dottor Josef Klemperer, un personaggio ambiguo che riesce a non deludere mai, regala al film quell'atmosfera in cui presto potrebbe esplodere qualcosa e tutti sanno e osservano in silenzio come il gruppo di donne mentre fumano nel loro salone.
Un film che mi ha fatto pensare anche all'horror di Refn e Aronofsky dove però qui il valore aggiunto apportato dalla danza e dalle coreografie raggiunge l'apice che non si era ancora visto.
Danza unita al sangue, all'atto magico e che diventa mezzo salvifico e dall'altro tortura spezzando ogni radice e lasciando il corpo in un'agonia infinita in un limbo di psicosi.
Meno fiaba, ma se come le streghe sono tornate di Iglesia, dobbiamo aspettare il sabba finale per vedere le budella, il sangue e le decapitazioni, ci troviamo di fronte ad uno scenario potentissimo, non gestito ottimamente con alcuni usi della c.g malsani a mio avviso, ma una strage e un fiume di sangue incredibile dove vengono partoriti mostri uno dopo l'altro dal sangue nero della terra.
Ecco il finale troppo, con l'ultima creatura che mi ha lasciato perplesso, il tema dell'Olocausto che non se ne può più, forse sono solo questi gli elementi che non mi hanno convinto ma per il resto ci troviamo di fronte a uno degli horror più belli degli ultimi anni, italiano fino al midollo con un cast incredibile, dove svetta Madame Blanc, ma anche il resto delle streghe anziane spaventa per come riesce ad entrare nella catarsi del personaggio, basta citare la scena in cui si divertono con i poliziotti o quelle cene bellissime, dove maestre e discepole siedono l'una accanto all'altra.






domenica 9 dicembre 2018

Mowgli


Titolo: Mowgli
Regia: Andy Serkis
Anno: 2018
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Mowgli è un cucciolo d'uomo cresciuto da un branco di lupi nella giungla indiana. Il bimbo impara le dure regole della giungla grazie agli insegnamenti dell'orso Baloo e di una pantera di nome Bagheera. In questo modo si fa accettare da tutti, o quasi tutti. La tigre Shere Khan non lo ha mai visto di buon occhio. Ma non è l'unico pericolo che dovrà affrontare Mowgli: presto si troverà faccia a faccia con le sue origini umane.

Che Serkis volesse a tutti i costi girare l'ennesimo remake de Il libro della giungla sinceramente mi ha sorpreso. Il risultato mi ha convinto più di quanto mi aspettassi per un semplice motivo che secondo me sancisce la riuscita del film.
Sporcarlo. Rendere gli animali goffi e pieni di ferite con l'orso mezzo cieco e per certi versi sempre ubriaco e altri animali che non sembrano passarsela molto bene. Una vione più cupa e dark, meno fantastica ma più grezza come se la vita e le scelte portino davvero a scenari drastici. E infine renderli più animali di quanto non abbia mai fatto nessuno (Bagheera che esita prima di mangiarsi il cucciolo d'uomo) e non è poco.
Per il resto la storia non cambia ma rimane la stessa che al tempo che ci raccontò la Disney e che tutti in un modo o nell'altro conosciamo.
Kipling è il suo celebre racconto tornano per l'ennesima volta sfoggiando una natura e una foresta che seppur ricostruita in parte in c.g è forse la cosa più bella e riuscita del film unita ad un protagonista quanto mai perfetto nella parte e alcuni colpi di scena non così banali.
Il racconto sembra tessuto più per gli adulti che non per i bambini e alcune scene di combattimento riescono dove al tempo bisognava bloccarsi per trasformare tutto in petali di rosa.
L'unico eccesso ho trovato sia l'uso del capture motion, di cui ovviamente Serkis è tra i più bravi, che a lungo andare appesantisce la naturalezza degli animali trasformandoli in brutti effetti speciali.

mercoledì 5 dicembre 2018

Giustiziere della notte(2018)


Titolo: Giustiziere della notte(2018)
Regia: Eli Roth
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Paul Kersey è un chirurgo che vive una vita tranquilla e coscienziosa, tenendo a bada la propria aggressività. Quando la sua famiglia viene colpita brutalmente, tutta la sua rabbia esplode e, dopo aver preso per sé la pistola di un giovane membro di una gang, inizia a fare giustizia a modo suo per le strade di Chicago. La sua prima impresa viene filmata da un testimone e il video diventa virale, facendo di lui una specie di celebrità, anche se Paul vuole solo ritrovare la pace raggiungendo i criminali che hanno distrutto la sua famiglia.

Prima di tutto devo fare una confessione: odio il cinema reazionario americano.
La scena più assurda del film avviene quando Bruce è in sala chirurgica e sta cercando di salvare la vita ad uno spacciatore che vorrebbe vedere morto.
Mentre esegue le analisi con il resto del reparto appiccicato al culo, ecco che come per magia dalla giacca della vittima, cade un ferro enorme che il nostro Bruce, senza che nessuno se ne accorga, si infila in saccoccia senza dire nulla.
Questa breve scena rappresenta il non sense generale dell'intero film.
E'un film di assurdi e scene che non tornano quello di Roth che ormai sembra aver toccato il fondo, o ci sta arrivando molto velocemente. Senza aver mai dato chissà quale merito alla settima arte, l'amico di Tarantino, aveva esordito e si era dato da fare nell'horror cercando almeno di non essere un mestierante come tanti.
Sarebbe curioso sapere il perchè di questo film. Perchè è stato fatto e soprattutto da chi è stato voluto. Seguaci di Trump? O forse la lobby delle armi. Penso la seconda.
Anche perchè "non" ci troviamo di fronte ad un remake dell'originale come invece lo stesso regista e la critica ammette. In quel caso si prendeva di punta il vigilantismo (la vendetta privata) cercando di dividere l'americano dal grilletto facile da quello democratico che invece preferisce il processo.
Al di là delle divagazioni politiche il film è girato di fretta e male.
Willis non azzecca un'espressione e mette su la stessa espressione che sta collezzionando diciamo negli ultimi imbarazzanti film. D'Onofrio lo difendo perchè sembra prendere in giro addirittura il suo ruolo per quanto è celebroleso e sembra ghignare sotto la maschera.
L'unico elemento su cui il film poteva lavorare per cercare di non sembrare così tragi comico (alcune morti sono così imbarazzanti e comiche che spero siano una scelta voluta) era quello di puntare tutto sul travaglio interiore del protagonista e muovere il film in base ad esso.


mercoledì 1 agosto 2018

Fahrenheit 451


Titolo: Fahrenheit 451
Regia: Ramin Bahrani
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

In una società di un non lontano futuro, al fine di preservare l'armonia e la felicità della popolazione, il giovane pompiere Montag è impegnato, insieme ai suoi colleghi e sotto lo sguardo vigile del suo mentore e capitano Beatty, a dare fuoco a tutto ciò che può essere considerato come strumento di cultura. Tutti dipendono dai nuovi media che pervadono la loro vita. Gli individui stanno a casa interagendo con enormi schermi sotto la guida (e il controllo) di 'Yuxie', una sorta di assistente personale dotata di intelligenza artificiale. Un giorno però Montag, grazie all'incontro con Clarissa che fa parte del gruppo di resistenza che cerca di salvare i libri, inizia a porsi delle domande.

E'davvero confuso e senza senso il remake o meglio la nuova trasposizione del romanzo cult di Ray Bradbury dopo comunque il bel film datato di Truffaut.
L'universo distopico non poteva apparire più degradato e senza anima come di fatto è il film in cui tutti sembrano recitare il loro copione senza un minimo di pathos.
Ed è un peccato quando a questi progetti targati Netflix prendono parte attori del calibro di Shannon che bisogna ammettere che pur essendo un grande caratterista a volte sceglie dei film davvero dannosi per la sua carriera e per lo spirito reazionario.
Un film che sembra seguire di pari passo il romanzo senza mai trovare quella valvola e quello sfogo che ne giustifichino il film e non ad esempio un libro a fumetti che forse sarebbe stato più interessante.
Un film anomalo e vuoto dove il messaggio e la critica politica diventano quasi inutili dal momento che non vengono mai valorizzati.
Un peccato per uno dei film più brutti di quest'anno.

domenica 25 marzo 2018

Kickboxer-Retaliation


Titolo: Kickboxer-Retaliation
Regia: Dimitri Logothetis
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Kurt Sloan non vorrebbe tornare in Thailandia ma, durante un allenamento, viene catturato, sedato e rinchiuso in una prigione. In cambio di 2 milioni di dollari dovrà affrontare un temibile sfidante e, solo nel caso di vittoria, verrà liberato.

Alle volte è troppa la tentazione per il trash. Quando poi è il sequel di un'altra trashata le aspettative, essendo ancor più basse, non possono che portare a tante risate e divertimento assicurato nel non sense generale di un film che non sta in piedi.
Ritorniamo ad una saga che già segna il suo limite più grosso dal momento che KICKBOXER, tra l'altro non credo neppure di averli visti tutti, erano già un film da non ricordare.
Qui non hanno fatto altro che inserire più attori possibili con il risultato di non far altro che una parata di "star" dove ovviamente l'oscar non può che meritarselo Van Damme.
Quando parlo di parata di "star" bisogna però almeno citarne qualcuna: Ronaldinho, non parla, non dice nulla, tira solo pallonate alla gente; Myke Tyson, che tira pugni a destra e a manca scimmiottando se stesso e ridendo come un cretino; Christopher Lambert che fa davvero paura per quanto è inquietante ed è invecchiato davvero male, altro che immortale; infine Hafþór Júlíus Björnsson alias Mongkut, un altro gigante smisurato dopo l'episodio precedente con Dave Bautista.
Il problema più grosso del film al di là delle difficoltà produttive, sceneggiature scritte da gente improvvisata al momento e soprattutto quello di avere una durata eterna per quasi due ore.
Cos'altro dire di questo film che ho praticamente già rimosso. Brutto, a volte dannatamente comico e l'apoteosi del trash quando ascoltiamo alcune gag tra gli attori per non parlare dei dialoghi assurdi che rasentano i luoghi comuni più ambiti per i film di serie b sulle arti marziali e che in fondo non possono che ammettere il lato meno nascosto del film: qualcosa di vergognosamente tragicomico