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martedì 10 febbraio 2015

4 mesi, 3 settimane 2 giorni

Titolo: 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni
Regia: Cristian Mungiu
Anno: 2007
Paese: Romania
Giudizio: 5/5

Otilia e Gabjta sono due studentesse universitarie che alloggiano nel dormitorio di una città romena. Siamo negli anni che precedono la caduta del regime di Ceausescu e Gabjta affitta una stanza d'albergo in un hotel di bassa categoria. Ha un motivo preciso: con l'assistenza dell'amica ha deciso di abortire grazie anche all'intervento di un medico che però rischia l'arresto, essendo l'interruzione procurata della gravidanza un reato. Otilia resta a fianco dell'amica soffrendo intimamente per quanto sta accadendo e scoprendo progressivamente la fragilità della sua condizione umana. 

E’difficile non rimanere basiti di fronte alla fermezza e alla decisione che portano due donne fino alla tragica scelta di abortire, assumendosi rischi e pericoli in una realtà (quella rumena) ormai quasi giunta al collasso.
Affrontare un dramma come quello che ha coinvolto un’intero paese alle porte del’89 prima della caduta di Cusescu, riflette in modo essenziale lo scenario di quegli anni.
E lo fa non cercando soluzioni storiche, ma riflettendo sulle contraddizioni di una società che divide le classi sociali e punta tutto sull’egoismo estremo, in cui le contrattazioni sono all’ordine del giorno dovendosi, spesso e volentieri, accontentare di ciò che si trova in un clima di ristrettezze e precarietà.
Una palma d’oro pienamente meritata, soprattutto se si considera il tema trattato, la sua sobrietà e il suo coraggio di non far mancare nulla, regalando dei dialoghi taglienti e magistrali come quello del pranzo (sembra un piano-sequenza eterno) e il dialogo delle due protagoniste nella stanzetta sobria dell’albergo con Domnu Bebe.
Fa gelare il sangue una delle battute con cui aprendo la valigetta, Bebe è assolutamente diretto nella sua professionale etica con cui porta avanti aborti clandestini “Lei si è divertita, non io”.
Un personaggio duro e professionale che lascerà aperte molte domande.
E sono spiazzanti i contrasti con cui il regista caratterizza le sue due protagoniste.
Da un lato la fermezza, Otilia, lo sguardo serio di chi non accetta di farsi mettere i piedi in testa mantenendo sempre una caparbietà di fondo; mentre dall’altra parte, Gabjta, la totale fragilità, stranita ed estranea al mondo e a quello che le succede intorno e il suo non saper dare una voce ad un trauma che la segna come molte altre e la fa scendere a dei tragici compromessi con il suo corpo.

Il cinema di Mungiu è spietato nel suo realismo, si muove con soluzioni che rimandano al cinema d’autore e si concentra su alcuni passaggi fondamentali per comprendere il suo universo.