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venerdì 19 dicembre 2014

Cacciatore di teste

Titolo: Cacciatore di teste
Regia: Costantin Costa Gravas
Anno: 2005
Paese: Belgio/Francia/Spagna
Giudizio: 3/5

Bruno Davert è un dirigente della cartiera dove lavora da quindici anni. Benché sia un lavoratore serio e coscienzioso, un giorno viene licenziato insieme a un centinaio di colleghi a causa di una ridistribuzione economica. Convinto di essere ancora giovane e di avere competenze soddisfacenti, pensa di poter trovare in breve tempo un altro lavoro simile a quello perduto. Tre anni dopo, essendo ancora disoccupato, Bruno è angosciato perché non trova il modo di continuare a garantire un livello di vita soddisfacente per la sua famiglia.

Un astuto film sulla crisi mancava.
Il fatto che un autore come Costa Gravas abbia colto tutti di sorpresa anticipando i tempi, è un elemento sintomatico di come alcuni registi captino alcuni reali problemi della società in generale e prontamente si cimentino per darle una voce suonando incessantemente sirene di emergenza.
Tratto dal romanzo di Westlake, il film per tutta la sua durata unisce toni grotteschi e in alcuni casi elementi difficilmente realistici che diventano una sorta di parodia tragicomica.
La maldestraggine quasi assurda del killer improvvisato che commette errori a ripetizione fino addirittura a seminare per sbaglio un cadavere in più, ma senza mai subire conseguenze è solo uno degli assurdi, giocato con un'emblematica metafora, sui cui si dipana la storia.
Colpire chi come noi e non coloro che sono al vertice della piramide sociale è l'ulteriore elemento di disperazione di una classe che forse per paura, forse perchè sembra più semplice colpire chi è come noi, diventa un manifesto di disperazione e alienazione.
Bruno, il suo rapporto con la famiglia e soprattutto con la moglie, diventa il cittadino colto e intellettuale, l'esempio perfetto di come una persona benestante e aristocratica, possa immediatamente buttarsi e perdere il controllo pur mantenendo, una sorta di normalità tuttavia psicotica come se da un momento all'altro tutto potesse implodere.
Un film paradossale, ironico, impietoso e per certi versi distante dal cinema tradizionale del regista greco adottato dalla Francia, che fa centro con una commedia con dei toni per certi versi quasi da thriller, che però, va detto, in alcuni punti forza volutamente alcune scene portando lo spettatore a ridere e al contempo a una sospensione dell'incredulità macchinosa e per certi versi forzatache crea una contaminazione di stati d'animo.