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mercoledì 18 ottobre 2023

Rosa di ferro


Titolo: Rosa di ferro
Regia: Jean Rollin
Anno: 1973
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Durante una passeggiata, una giovane coppia finisce per fare all'amore in un cimitero restando intrappolata, di notte, nel lugubre luogo.

"Morendo, mentre dormiva, avvertì l'esperienza viva in un sogno. Il suo sogno era un'onda, che si arrampicava sulla spiaggia. L'onda che si ritraeva. I tuoi occhi, nei suoi occhi. Le tue labbra, nelle sue labbra. È a te che dedico la fine della vita. A te che piangerai fino a dar voglia di piangere anche a me."
Ci si conosce ad un evento, ci si innamora subito e poi si decide di provare qualcosa di diverso, forse per stupire la partner, o forse semplicemente per ritagliarsi un momento intimo idilliaco all'interno di una cripta. Due protagonisti, quasi solo una location (il cimitero) se non contiamo quel rincorrersi vicino al treno e per finire poche comparse. E' un horror ma di quelli poetici, intellettuali, melodrammatici dove in fondo i nostri due scappano, litigano, si picchiano e fanno l'amore in un contesto in cui la realtà gli sta sfuggendo di mano in una storia drammatica di amore estremo.
Gli eventi appaiono in maniera bizzarra, questo perdere la bussola non sapendo orientarsi nel cimitero da l'incipit alla trasformazione della ragazza "Non temere, i morti sono nostri amici e qui troveremo il nostro cammino. Solo e soltanto qui." Da quel momento la sua totale perdita di controllo che finirà in maniera inaspettata. Francoise Pascal è di una bellezza tale da incantare lo spettatore senza contare le scene di nudo e in quell'intro e finale sulla spiaggia così evocativo e intenso.

domenica 3 settembre 2023

A Venezia...un dicembre rosso shocking


Titolo: A Venezia...un dicembre rosso shocking
Regia: Nicolas Roeg
Anno: 1973
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

A Venezia, durante una vacanza col marito, una donna ha delle visioni sulla figlia da poco deceduta. La coppia fa la conoscenza di due anziane, una delle quali si rivela essere una sensitiva in grado di stabilire un contatto con la ragazza defunta.
 
Nicolas Roeg è sicuramente tra i nomi più importanti di un certo cinema di genere britannico.
Idee molto chiare, temi mai scontati, quella voglia di esplorare i luoghi nascosti dell'anima e un talento incredibile in grado di passare da un genere all'altro esplorando tecniche visive in alcuni casi, come alcune scelte di questo film, ottimali rendendolo quasi un precursore nel suo genere.
E qui si eplora il thriller contaminato da un mordente che nel finale diventa quasi horror contando che per tutta la sua durata si è sempre mosso sul metafisico e sopratutto la parapsicologia.
Trovo delle analogie anche se rarefatte e in piccola forma tra il personaggio della sensitiva cieca Heather e quello della sensitiva tedesca Helga Ulmann di PROFONDO ROSSO.
Entrambe nel bene e nel male sono costrette a misurarsi con la morte, avvertendo e sentendo anche ciò che non vogliono diventando riferimenti e baluardi per i protagonisti.
Mi è venuto un altro accostamento da fare per quel finale davvero top per l'epoca, la figura che miete sangue e vittime e che avrà un confronto con lo stesso John, il dwarf, il quale potrebbe essere una distorsione veneziana del Munaciello napoletano trasformato anche nella letteratura non sempre come qualcosa di positivo ma invece misterioso e segno o premonizione di fatalità.
E' un film ricco di simbolismi dove l'atmosfera a volte risulta determinante più della storia in se che tende ad accovacciarsi quando invece rimaniamo sgomenti di fronte a questa nebbia veneziana e l'aver voluto inquadrare più che i luoghi di maggior successo, quei canali e quelle zone in piena decadenza dove si avverte il sangue e l'humus del film con quella sua aria minacciosa e mortifera.

lunedì 11 marzo 2019

Westworld


Titolo: Westworld
Regia: Michael Crichton
Anno: 1973
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

In un luna park del futuro, una specie di Disneyland, si trovano robot perfettamente congegnati e programmati per far vivere i turisti nella loro epoca preferita. Ma un giorno i circuiti vanno in tilt e i robot si ribellano, massacrando i visitatori.

Ci troviamo di fronte ad uno dei film più importanti della fantascienza moderna, passata e futura. Quasi un archetipo da cui prendere e sviluppare forme e dimensioni diverse, accomunate da uno dei topoi classici della scifi.
In questo caso è stata sdoganata l'idea di giocare con universi e mondi possibili da esplorare, una delle tematiche che diventerà la più masticata dai registi successivi e dalla cinematografia in generale.
Un realtà e tre mondi differenti dove poter vivere e fare ciò che nella realtà non potremmo, in particolare relazioni sessuali e omicidi. Delos offre ai clienti, per 1000 dollari al giorno, la possibilità di vivere ed esorcizzare i loro fantasmi in tre mondi: l'antichità romana, il Medioevo e l'Ovest del 1880
E' meglio scegliere due fantastiche ragazze robot in un saloon o assaltare una banca sparando contro tutti?
Così è se vi pare..il parco divertimenti offre tutto quello che nella nostra fantasia prediligiamo.
Tanti i temi. L'allegoria sulla violenza del mondo moderno, la schiavitù dei robot trattati e visti solo come merce, la ribellione delle macchine contro l'uomo, questi e altri sono alcuni degli intenti che il film sviluppa senza contare che è stato il primo a fare riferimento alla parola “virus” riferendosi al mal funzionamento di una rete di computer ed inoltre è stato uno dei primi film ad utilizzare effetti visivi in CGI.
L'unico punto debole rimane una certo limite nella scrittura e nella costruzione degli incidenti principali come banalmente cosa sia stato a generare il virus.

giovedì 22 dicembre 2016

No il caso è felicemente risolto

Titolo: No il caso è felicemente risolto
Regia: Vittorio Salerno
Anno: 1973
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Fabio Santamaria, impiegato con moglie e figlia, si trova un giorno a pescare sulle rive del lago di Grasciano. Assiste così a un efferato delitto: un uomo massacra una giovane donna seminuda. Spaventato si allontana dal luogo e viene seguito dall'auto dell'assassino. Di lì a poco scoprirà che costui, un professore di liceo, si è recato alla polizia affermando di essere stato testimone del delitto stesso e fornendo i suoi connotati indicandolo come l'esecutore. Da quel momento Santamaria vive nell'incubo di essere arrestato e deve decidere cosa fare.

Negli anni '70 il cinema italiano viveva uno dei momenti cinematografici più significativi e importanti. I generis davano molta prolificità ai registi e alle produzioni investendo e scommettendo molto ma intuendo il bisogno di allargare alcuni stilemi importanti su pochi generi che rischiavano di diventare noiosi riproponendo sempre gli stessi archetipi.
Sul modello del fratello Maria Salerno e di alcuni suoi ottimi film tra cui ricordiamo FANGO BOLLENTE, Vittorio si cimenta anche lui sui film che affrontano il rapporto dei cittadini con la giustizia in un thriller kafkiano potentissimo e che non lascia fiato allo spettatore.
Un'opera che sfrutta una struttura già avvezza ma che non solo si rivela funzionale ma crea ancora più ansia e suggestione nella catarsi completa che si ha con il protagonista.
È uno di quei rari film in cui la trama è al servizio di un messaggio di fondo ben chiaro e reso credibile dalla buona sceneggiatura (imbastita su un fatto di cronaca verosimile).
Ancora una volta la denuncia comincia a toccare quella borghesia piccola piccola dove il feroce delitto iniziale della prostituta sconvolge per l'antitesi data dall'aspetto dimesso dell'assassino, un professore, tanto signorile, quanto carogna intento a compiere, con glaciale crudezza, l'azione omicida (mediante uso di un bastone).
Sono tante le scene memorabili e d'impatto tra cui la scena cult del primo incontro tra vittima e carnefice in un dialogo molto intenso e che spinge sulle emozioni e l'empatia, un dolorosissimo e inquietante scenario su come l'animo umano non conosca limiti nella propria brutalità e nel silenzio.
Vittorio Salerno conferma le sue doti costruendo una bella atmosfera di malessere e denuncia sociale attorno a un caso delittuoso dove si invertono le parti tra assassino e testimone.




mercoledì 20 giugno 2012

Wicker Man


Titolo: Wicker Man
Regia: Robin Hardy
Anno: 1973
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 5/5

Neil Howie, sergente di polizia inglese, viene chiamato ad investigare sulla sparizione di Rowan Morrison, una ragazza che vive sull'isola di Summerisle, in Scozia. Giunto sul posto, Howie si rende ben presto conto che gli abitanti dell'isola, governati da Lord Summerisle, sono alquanto bizzarri e fanno di tutto per ostacolare le indagini.

L’uomo di paglia è uno dei cult più importanti della storia del cinema. Film di rara genialità, è una delle uniche pellicole che ha saputo conciliare il musical con l’oniricità totale di cui il film è permeato in ogni singola scena.
Il film è uno di quei capisaldi, anche se ancora parecchio sconosciuto, che come per pellicole come PICNIC AD HANGING ROCK ha saputo adattare completamente l’atmosfera al soggetto, arrivando ad un risultato forse insperato ma straordinario.
Probabilmente in stato di grazia, Hardy che poi ha diretto soltanto un altro filmetto insulso, si è ritagliato la formula di regista dannato dal momento che il film volente o no, ha intrapreso un importantissimo discorso sullo scontro tra il paganesimo e in questo caso la fede cristiana (religione che come ribadisce sempre Howie è quella che tutti gli inglesi seguono  e che mette dunque i suoi evangelizzatori come “pescatori di uomini in terra straniera”)
Definito da Christopher Lee come il miglior film in cui ha preso parte (e non è cosa da poco per un attore che al suo attivo ha quasi 150 film) è il perfetto sodalizio di generis e trovate che hanno saputo essere passaggi precursori di svariate pellicole. Come tale dunque non c’è da stupirsi che si sia ritagliato un’aura di film maledetto destinato a dei tagli di pellicola come se fosse una sorta di monito in grado di trasformare le coscienze dei credenti.
Il negativo è sparito mentre il dvd integrale sembra possederlo solo il buon Corman.
A livello sociologico e non solo, il film permette un ottima possibilità di adattare il metodo comparativo di Tocqueville sulle diversità dei culti e la grandezza concettuale con cui viene sviluppato.
Se contiamo le scene, non è facile adattarle con lo spirito di quei tempi, rituali e sacrifici vengono messi in scena con una capacità consapevole di trascinare lo spettatore in un continuo vortice che troverà nel climax finale la perfetta congiuntura.
Attori in stato di grazia citando almeno Woodward, Lee, la bellissima Ekland e gli abitanti dell’isola .
E’stato recentemente fatto un remake che come dimostrazione della logica commerciale del mercato non ha saputo nemmeno di striscio portare a casa una scena decente

lunedì 21 marzo 2011

Brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia.

Titolo: Brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia.
Regia: Luca Davan
Anno: 1973
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Il brigadiere Pasquale Zagaria dopo aver messo a dura prova la pazienza del suo capo, decide di dare le dimissioni e di rimanere a casa insieme alla moglie, un donnone con tutti gli attributi per passare al wrestling. Zagaria naturalmente non può fare a meno della pistola e d’altri oggetti che lo fanno tornare con la mente alla sua professione di pulotto.
La sorpresa arriva dalla moglie che si presenta a casa con due pompelmi, più piccoli di quelli naturali, pieni di gioielli e quindi pieni di segreti.
A inizio la scommessa di Zagaria di trovare i criminali con l’aiuto della moglie come guardia del corpo in cambio del ritorno al suo ruolo natale di sbirro.

Un film “stracultissimo” che coinvolge solamente grazie alle immense trovate di Banfi che scombina l’ordine di tutte le parole per ricercare un vocabolario dinamico, una delle performance che hanno saputo trasformare la comicità dell’attore.
E le risate in questo film non mancano, dosate con spirito, qualche punta di astuzia, qualche critica contro il made in America e chi ne ha più ne metta.
La scena in cui ho rischiato di morire dal ridere, è quella in cui viene chiamato l’archivio delle targhe della polizia che non è altro che un demente che comincia a fare un sacco di pernacchie, scoreggie, sputi, manovre con le mani, insomma veramente un concentrato di risate con i fiocchi unite ad un tasso di demenzialità senza pari per un film altamente stupido e trash.

domenica 20 marzo 2011

Ku-Fu?Dalla Sicilia con furore

Titolo: Ku-Fu?Dalla Sicilia con furore
Regia: Nando Cicero
Anno: 1973
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Franco, detto ""Fico d'India"", vuole partecipare ad un concorso per diventare vigile urbano. Si trasferisce così a Roma dove dovrà sostenere una prova di karate. Si iscrive alla scuola del maestro Kon Chi Lay che lo istruisce (con scarsi risultati) nella difficile arte marziale.

Distribuito dalla sconosciuta ma coraggiosa Juma Film, Ku Fu? È la dissacrazione per eccellenza di svariati film del filone martial art che imperversavano da Hk. Forte di una sceneggiatura che decolla proprio grazie alle analogie e agli eccessi di battute, il film di Cicero non si limita a superare la soglia della risata ma lo fa ridicolizzandone le icone senza mai esagerare ma quasi citandone in maniera comica le “sacre”gesta, in questo caso il film CINQUE DITA DI VIOLENZA da me presentato al Combat Screen, rassegna sul cinema delle arti marziali. Partendo dai combattimenti accelerati, ai salti esagerati, alle tecniche profane, e alla verve più fisica che altro di Franco Franchi nel film Franco, per tutta la durata il ritmo e le sequenze danno risalto alla pellicola non rendendola mai noiosa ma anzi quasi una riflessione sulla seriosità di alcune film del genere.
La parodia vanta nomi illustri come Kon-Ki-Lai o Ce-Lo-Kon-Te per passare a Tutti Li tui e finire con Va a fan e Ki kaka mai. Dagli insegnamenti del maestro al capo dei capi che con la tecnica della sacra testata fa tutti fessi come rigorosa tradizione italiana insegna. Un film da vedere e rivedere grazie soprattutto al contributo di Marino Onorati. Il film più bello di Cicero, uno dei nomi cardini per la commedia scollacciata, insieme a ULTIMO TANGO A ZAGAROLO.