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mercoledì 1 luglio 2020

Ingorgo


Titolo: Ingorgo
Regia: Luigi Comencini
Anno: 1978
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Un corteo di macchine procede sempre più lentamente lungo la tangenziale di Roma, sino a che ogni possibilità di movimento si blocca. L'ingorgo durerà 36 ore. Sin dai primi momenti il nervosismo dei viaggiatori è evidente. Quando sfumano le speranze di una veloce soluzione, mancano notizie, si palesano le prime necessità, la tensione sale al massimo e non pochi trascendono. La circostanza permette di scoprire i lati peggiori dell'umanità presente.

L'ingorgo è un film importantissimo. Una metafora dolorosa e amara che ritrae in maniera cupa alcuni aspetti della nostra cultura, dei valori, della differenza tra le classi sociali e molto altro ancora. Un film corale che vanta una galleria di attori straordinari. Un film di denuncia sull'immobilità della nostra società, in questo caso il progresso e la difficoltà a considerare il fatto che si possa restare immobili nonostante si abbia tutti gli strumenti a disposizione per percorrere molti chilometri. Ma poi la metafora più bella è stata quella di usare le macchine come celle di alluminio dove ci si auto isola e dove può succeder di tutto, tra amori ormai giunti alla fine, paradossale il festeggiamento delle nozze d'argento, un avvocato che pensa solo gli affari e che crede sia giusto comprare qualsiasi cosa, attori che ormai non c'è la fanno più e vengono coinvolti in strani giochi perversi, amanti irregolari e ancora drammi e pochissime risate. La scena dello stupro dove i testimoni sono un gruppo di malavitosi che però non osano mettersi in mezzo ma poi tra di loro esibiscono le pistole come massimo simbolo del potere è potentissima così come la battaglia per l'acqua, il prezzo che ogni cosa sembra dover avere per i ricchi mentre per i poveri no.
L'ingorgo come è solita la politica di un autore complesso e fondamentale per il nostro cinema cerca sempre di dare al film una certa verosimiglianza, precludendo la via del paradosso ed è proprio per questo che le singole scene sembrano tutte così incredibilmente realistiche.
La location, se così possiamo chiamarla, è stata ricostruita nella Cinecittà della fine degli anni ’70, nello specifico, un raccordo autostradale con tanto di distributore e un cimitero per auto che accresce la metafora già esplicita che il film possiede.