Visualizzazione post con etichetta Canada. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Canada. Mostra tutti i post

venerdì 26 aprile 2024

Anything for Jackson


Titolo: Anything for Jackson
Regia: Justin G. Dyck
Anno: 2020
Paese: Canada
Giudizio: 4/5

Ognuno ha qualcuno per cui sarebbe disposto a far qualsiasi cosa. Per Audrey ed Henry Walsh questo qualcuno è Jackson, il nipotino di due anni che viene loro strappato da un incidente d'auto in cui muore anche la loro amata figlia. I principi della loro religione suggeriscono che la figlia abbia raggiunto oramai la pace eterna e che invece il nipotino, per via della sua tenera età, potrebbe ritornare in vita qualora vi sia un corpo disposto a ospitarlo. Henry, che di lavoro è un ostetrico, individua la persona adatta a tale scopo in Becker, una futura madre single alle prese con i dubbi sulla sua inaspettata gravidanza. Qualcosa però non andrà per il verso giusto.
 
Wtf. Il flm si apre in un modo che lascia pensare al classico schema ormai abusato nel genere ovvero una coppia di anziani che tortura una giovane per qualche strano motivo.
Quindi alla base una vecchia coppia di psicopatici che stanno provando ad elaborare un lutto importante come quello del nipote e nel loro diabolico piano c'è di mezzo una ragazza.
Eppure poi il film come gli horror interessanti, devia, cerca strade assurde e alcuni momenti davvero bizzarri dove vediamo riti satanici, demoni, creature in bilico tra la vita e la morte ma soprattutto il cambio drastico di prospettive dove se all'inizio cercavamo di trovare tutti i possibili modi per odiare i Walsh alla fine visto quello che succederà verrà quasi da compatirli.
Un film che osa e mescola mischiando le carte e tenendo sempre la suspance su un buon livello.
Superiore, di molto, alla bassa media dei recenti titoli di genere, Anything for Jackson è un film raffinato, elegante, affascinante e soprattutto in grado di trasmettere, attraverso lo schermo, quelle emozioni (inquietudine, paura, delusione, angoscia, mistero) che hanno da sempre contraddistinto il miglior cinema horror.

lunedì 10 luglio 2023

Toll


Titolo: Toll
Regia: Michael Nader
Anno: 2020
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

All'una di notte, un'esausta Cami chiama qualcuno che dall'aeroporto possa portarla nel posto in mezzo al nulla cui si trova il padre. Il suo autista è l'inquietante Spencer, il cui comportamento genera più di qualche sospetto. I timori cedono il posto al terrore quando l'auto su cui viaggiano si guasta in una strada isolata ed entrambi si rendono conto di non essere soli. Inseguiti da una forza soprannaturale che detta le regole di un gioco al massacro, si scopriranno presto messi uno contro l'altro.
 
Toll è un bel film indipendente che pur giocando e muovendosi su alcuni stereotipi di genere riesce grazie ad un efficace lavoro di scrittura a creare quel background e caratterizzare in maniera altresì interessante i due protagonisti e i loro scheletri nell'armadio. Il Toll Man è l'ennesima creatura che si ciba delle paure delle sue vittime catapultandoli in una dimensione parallela e in cui a proprie spese si entra nel suo mondo o meglio nel suo parco degli orrori. Diciamo subito che c'è un importante spaccatura tra il primo atto e il secondo. Per assurdo proprio nel secondo quando si ricalca la matrice soprannaturale e horror abbandonando il thriller e il mistery del primo atto si accentuano delle anomalie e delle difficoltà evidenti mostrando troppo e cercando inutili jumpscare quando l'atmosfera creata all'inizio era funzionale a creare ancora più domande nello spettatore a partire dai dettagli trovati nella macchina di Spencer fino a quando ognuno di loro prova a cercare una strada alternativa. Toll poteva rivelarsi ancora più suggestivo senza l'eccesso dei soliti elementi portati all'abuso, lascia fino all'ultimo sulla domanda di quale sacrificio bisognerà fare per spezzare la maledizione ma è anche vero che soprattutto appena viene rivelata la vera natura di Spencer a questa domanda drammatica viene data subito la risposta

lunedì 19 settembre 2022

See for me


Titolo: See for me
Regia: Randall Okita
Anno: 2022
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Sophie, una giovane cieca che sta in una casa isolata, si trova a dover fronteggiare l'irruzione dei ladri alla ricerca di una cassaforte nascosta. Il suo unico mezzo di difesa è un'app telefonica che la collega a Kelly, una volontaria che dovrebbe aiutarla a sopravvivere al pericolo.
 
L'home invasion è un sotto genere ormai preso di mira da moltissimi anni nel thriller e nell'horror in quando permette di sfruttare spesso una sola location e di dare la possibilità di creare parecchia violenza psicologica come il cult assoluto del passato FUNNY GAMES.
See for me è semplice nella costruzione pur immettendo un elemento che seppur complesso diventa interessante per come viene impiegato durante la narrazione. Una ragazza ex campionessa olimpica che a causa di un'incidente è diventata cieca rimane da sola in una villa in mezzo alle montagne dopo che sua madre si reca in un luogo non meglio precisato. Poco tempo dopo entrano in casa dei ladri. Alcuni semplici pedine, altri dei killer spietati. E allora tutto il film è veicolato su questa sinergia e complicità tra un ex marine che aiuta telefonicamente con la app "See for me"i bisognosi e la nostra Sophie che più andiamo avanti e più ci rendiamo conto che sfrutta la sua rabbia repressa incanalandola come motore d'azione contro i suoi aguzzini. Il film si unisce a un crescente sottogenere dell’horror incentrato su persone con disabilità, ma che non ne sono trattenute come succedeva in parte nel film di Flanaghan. Un elemento che Okita sfrutta bene e a cui da risalto la performance dell'attrice è allo stesso tempo un'antipatia di fondo verso la stessa, provando pochissima empatia soprattutto quando cominciano a venire a galla alcuni dettagli spiacevoli sul suo passato.

giovedì 12 maggio 2022

Aegri Somnia


Titolo: Aegri Somnia
Regia: James Rewucki
Anno: 2008
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Edgar vive all'ombra dell'improvvisa morte di sua moglie. Ossessionato da vivide allucinazioni e una città senza volto che minaccia di ingoiarlo per intero, il mondo di Edgar inizia a svelarsi mentre il suo ...

Aegri Somnia è un horror indie low budget intenso e legato al disagio e alle malattie mentali.
Il protagonista è fastidioso per quanto la sua fragilità sembra scatenare negli altri episodi di conflittualità e predominio. Tutto accade sempre temendo il peggio, la prevaricazione dei colleghi e delle donne in discoteca sembra in un qualche modo essere voluta da Edgar. Infine "l'amico" che cerca di insegnargli la strada citando Heidegger e mettendolo in allerta dai pericoli a cui sta per imbattersi.
Un film molto sinistro, cupo, con una fotografia che alterna bianchi e neri e incubi lynciani che si sovrappongono alla realtà. Un'opera dove il sound desinger è fondamentale dal momento che trattando la malattia mentale, le voci, i suoni i rumori e i sussurri dei pensieri morbosi del protagonista hanno un peso specifico, entrando in contrasto aperto con le frasi che Edgar dice o che sente dire. Avvengono poi accadimenti macabri e grotteschi come la scena della partita a poker o tutto ciò che avviene nei bassifondi con alcune macabre creature.

sabato 26 marzo 2022

Ditched


Titolo: Ditched
Regia: Christopher Donaldson
Anno: 2022
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Dopo che il veicolo della giovane paramedico Melina si è schiantato nel bosco durante il trasferimento di routine da una prigione, si ritrova circondata da assassini e a soli 30 piedi per uscire da un fosso e scappare.
 
Ditched è una piacevolissima sorpresa dimostrando come l'indie e i film low budget se impregnati d'amore e di passione possono continuare a marciare compatti a testa alta. Ed è il caso di un avanguardista retrò come Donaldson che qui mischia atmosfere sparando gelatine come non si vedevano dai tempi di Mandy con luci stroboscopiche costanti, scegliendo un'unica location e infilando una piccola galleria di personaggi tutti caratterizzati al meglio.
Il mistero poi nell'avvertire fin da subito l'orrore che sta arrivando concedendo pochi indizi e mostrando ancora di meno come ogni nostalgico e amante del genere riesce bene a propinare al suo pubblico. Creature che lasciano presagire una sorta di SWAMP THING per poi depistare completamente, dove nessuno è mai veramente chi sembra essere, dove il passato crea mostri disumani camuffati da poliziotti o persone al servizio della comunità. Un revenge movie dichiarato, molto violento, ben recitato ma mai stupido o lezioso, senza moralismi ma creando una voragine di violenza con un gore eccessivamente accattivante e l'amore incondizionato per fuggire da ogni possibile happy ending. Un film con un inizio che lascia pensare alla prigionia di SAW ma anche all'assedio Carpenteriano.
Tuttavia Ditched ha dei problemi mica da ridere riguardo ai fronzoli di una sceneggiatura che se analizzata diventa davvero incomprensibile da credere per poter avallare tutte le ipotesi circa le coincidenze che sembrano concentrarsi per un unico obbiettivo. Così come i nostri villain che a differenza dei protagonisti iniziali, sembrano così omologati e tagliati con l'accetta da diventare fin da subito noiosi abbassando così la suspance e il ritmo che soprattutto il primo atto mantiene a dosi encomiabili.

venerdì 4 febbraio 2022

Come True


Titolo: Come True
Regia: Anthony Scott Burns
Anno: 2020
Paese: Canada
Giudizio: 4/5

Sarah è un'adolescente ribelle tormentata da continui sogni macabri. Sperando di porre fine ai suoi incubi, accetta di prendere parte a uno studio universitario sul sonno diventando inconsapevolmente il canale per una nuova orribile scoperta.
 
Cosa sappiamo dei sogni e cosa vorremmo non sapere. Più ci addentriamo nella psiche e nella fase Rem e più le scoperte potrebbero portare a incubi senza più possibilità di ritorno soprattutto quando si interfacciano con la realtà.
In Come True la log-line come per LINEA MORTALE sembra quella di non sfidare il subconscio e cosa esso rappresenta per ognuno di noi. Una ricerca scientifica sperimentale che punta alla ricerca di archetipi collettivi riferiti da tutti i pazienti che si prestano al trattamento.
Sarah però la cui quotidianità sembra fuggire sempre da qualcosa portandola a dormire in un parco con un sacco a pelo e rifiutare i rapporti con la madre, avverte qualcosa che la sta piano piano distruggendo psichicamente. Una forza paranormale intra psichica, delle ossessioni cyber-memetiche che la legano a qualcosa di terribile e spaventoso come la sua insonnia sembra portare a pensare. Sci-fi, horror, ghost story, i temi di Burns, giovane videomaker, sono ambiziose ma peculiari di un certo cinema horror post-contemporaneo originale oltre che innovativo.
La ricerca di sondare e dare immagini ai nostri incubi, una scienza ancora nuova tutta nelle mani di un gruppo di ricercatori spaventati ancor più dei volontari che si prestano all'esperimento.
Come True sembra farci sprofondare continuamente in un oblio, ha dalla sua le musiche sempre funzionali degli Electric Youth, una protagonista da urlo e sembra attingere da alcuni cult degli anni '90 per creare un ibrido nuovo, fresco e altamente esplosivo.

mercoledì 2 giugno 2021

Legami pericolosi


Titolo: Legami pericolosi
Regia: Brent Cote
Anno: 2020
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Appena uscito di prigione, dove ha scontato una pena di 15 anni per un crimine commesso per la mafia russa, l'ex membro della Fratellanza ariana Lance vorrebbe vivere una vita tranquilla. Ma la mafia lo avvicina per chiedergli un ultimo lavoro, due omicidi richiesti dal boss Vladimir, dopo potrà essere libero, avere tanti soldi e una nuova identità.
 
Legami pericolosi è un thriller così pieno di stereotipi da far impallidire anche un neofita del genere. Davvero non ne manca nessuno e il film non prova a fare nulla per tentare una via diversa o delle scelte perlomeno poco note oppure originali. Segue in maniera spudorata la trama più ovvia senza portare a casa nemmeno il benchè minimo colpo di scena che per quanto paradossale almeno nel climax finale poteva arrivare.
Eppure ha qualcosa nell'atmosfera e nella fotografia, nei silenzi e nelle fasi meno action e roboanti del film, in cui merita la salvezza senza dover sprofondare nell'oblio.
Ci sono alcuni momenti assurdi come il protagonista che vuole farsi togliere il tatuaggio con la svastica ma la tatuatrice afroamericana gli dice di no, al fatto che continuino ad andare di moda i gangster russi in una storia che poco c'entra con la Fratellanza ariana, al fatto che la povera ragazza di turno alla Leon vicina di casa di Lance per sopravvivere suoni in una bettola senza progettare nulla e vivendo di stenti. Di situazioni becere e caratterizzate con poca convinzione c'è ne sono davvero molte ma alla fine questo crime-movie riesce a regalare intrattenimento senza perdere di ritmo e con una storia che seppur vista milioni di volte ha quelle credenziali che riescono a fartelo piacere.


martedì 27 aprile 2021

Violation


Titolo: Violation
Regia: Dusty Mancinelli, Madeleine Sims-Fewer
Anno: 2020
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Una donna tormentata e sull'orlo del divorzio torna a casa dalla sorella minore dopo anni di lontananza. Ma quando sua sorella e suo cognato tradiscono la sua fiducia, lei si imbarca in una feroce crociata di vendetta.
 
Chi viola cosa..il rape & revenge al contrario, una donna minuta e spaesata si ritrova a impazzire completamente in una forma più che mai lucida di schizofrenia per disintegrare letteralmente il corpo del cognato dopo una tortura lunghissima ed estenuante capace di mettere a dura prova la sensibilità del pubblico. Violation è un indie low budget interessante più dal punto di vista tecnico e concettuale delle immagini e la struttura dei dialoghi che non nella inusitata violenza con scene di nudo e di tortura e un taglio quasi da snuff movie.
C'è tantissima insopportabile violenza ma ci sono anche altri momenti in un ritmo e una narrazione non lineare suggestivi e molto reali capaci di mettere a confronto coppie apparentemente diverse ma in fondo così simili disillusi dal desiderio e tutte le sue implicazioni come l'appagamento sessuale.
Un film per nulla semplice, un'opera che si colloca in una chiave modernista di un certo cinema horror dove sono sempre più protagoniste le donne (per fortuna) sia come protagoniste ma soprattutto come sceneggiatrici e in questo caso anche registe e attrici.
Una baita sul lago, quattro attori, due salvagenti, un telo di plastica, un cazzo eretto e infine dissanguamento, sezionamento, bollitura della carne, soffocamento e molto altro ancora..

mercoledì 24 marzo 2021

Hunter Hunter


Titolo: Hunter Hunter
Regia: Shawn Linden
Anno: 2020
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Joseph e la sua famiglia vivono in una remota landa selvaggia dedicandosi all'attività di cacciatori di pellicce, ma la loro tranquillità viene minacciata quando iniziano a sospettare che le loro trappole siano state minacciate dal ritorno di un lupo. Joseph lascia indietro i famigliari mettendosi sulle tracce del lupo.

Hunter Hunter è un indie strano e complesso, anomalo nella sua struttura. Parte quasi come un survivor movie in una landa desolata dimenticata da tutti (gli stessi poliziotti contattati più tardi dalla protagonista diranno che non hanno giurisdizione in quella terra) per poi diventare presto un revenge movie con un finale piuttosto estremo aggiungerei splatter.
Un piccolo nucleo, un padre che insegna alla figlia l’arte della caccia, dello scuoiamento e della sopravvivenza e poi il primo pericolo, il lupo, che diventerà un ostacolo meno minaccioso dell’unica vera minaccia..l’uomo.
È strana, ambigua anche la resa dei conti, i colpi di scena sembrano prendere una piega slacciandosi dalla narrazione in ciò che il pubblico verrà a conoscenza ma che non vede. Purtroppo nonostante una fotografia davvero ottima e un focus puller coi controcazzi, il film di Linden non è esente da ingenuità perlopiù nella scrittura e nella messa in scena.

Butchers


Titolo: Butchers
Regia: Adrian Langley
Anno: 2021
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Dopo aver eseguito rito funebre in maniera iconoclasta, per la scomparsa della madre, i fratelli Watson - Owen e Oswald – aggrediscono una coppia di sventurati viaggiatori, rimasti a piedi con la macchina. L'uomo viene ucciso, mentre la ragazza tenuta prigioniera in una stalla. Alcuni mesi dopo due giovani coppie, composte da Steven, Mike, Jenna e Taylor, sono in transito sulla stessa strada isolata e sperduta tra i boschi. Anche loro rimangono a piedi: Mike e Taylor decidono di incamminarsi per raggiungere il Watson's garage, un'officina notata durante il transito ma colgono ben volentieri l'occasione per darsi ad un amplesso, tradendo i rispettivi partners. Amplesso interrotto dall'arrivo di uno dei fratelli Watson. I Watson infatti sono feroci serial killer che si dilettano, senz'altro motivo che dare in pasto la carne umana ad un "presunto" bue, nel catturare, fotografare e uccidere, torturandoli prima a lungo psicologicamente, occasionali passanti.
 
I film redneck sui bifolchi sono stati sdoganati in quasi tutti i modi dalle varianti più estreme a quelle più classiche. Butchers era quindi una bella scommessa dal momento che trattava una trama a dir poco già visto cercando di individuare in alcune varianti qualche scintilla di originalità.
Il risultato è discreto, niente di che intendiamoci, ma si lascia guardare, centrando tutti gli stereotipi del genere senza inserire chissà quali novità.
Una famiglia allo sbaraglio di psicopatici con tanto di mostro deforme (un nano) nascosto dietro le lamiere in una catapecchia in mezzo al bosco, il solito gruppo di giovani che troverà il proprio destino nelle fauci delle bestie e una galleria di personaggi dove non hanno ancora appreso una delle prime regole in scenari come questi ovvero prendere le distanze da tutto e tutti mentre la protagonista e la sua amica (che si tromba il suo ragazzo) immancabilmente finiranno come sempre a smentire questa regola, a salire in macchina degli psicopatici in questione e fare tutte le scelte sbagliate.
Tanta violenza, in particolar modo Oswald, un finale che per alcuni aspetti risulta la parte migliore dove se di solito la protagonista, almeno lei di solito si salva, mentre qui finisce davvero male senza nessun tipo di salvezza e redenzione ma solo la consapevolezza di aver fatto delle scelte pessime.

martedì 17 novembre 2020

Fire serpent


Titolo: Fire serpent
Regia: John Terlesky
Anno: 2007
Paese: Canada
Giudizio: 1/5

Una imponente palla di fuoco proveniente dal sole si schianta contro la terra dando origine ad un indistruttibile demone. Mentre le fiamme divampano senza controllo, una creatura infernale prende possesso dei corpi umani che incontra. Un mostruoso serpente di fuoco è pronto a devastare la terra!

Titolo suggestivo per un film quanto mai banale prodotto e destinato al mercato home video con in testa l'attore imbranato di Buffy.
Un alieno o entità che ha solo apparenti forme di serpente attacca seguendo scie di segnali elettrici e dando vita ad un automa con occhi rossi sgargianti che spara direttamente fiammate dagli occhi.
Se pensate che tutto ciò non basti potete ascoltare il monologo del tipo della birreria che spiega l'origine dell'entità facendo riferimento al vecchio testamento con il fuoco divino e altre menate che non vi starò a spoilerare. A parte i particolari agghiaccianti si parla di pessimi effetti speciali, sceneggiatura abbozzata e una recitazione da telefilm di serie b.
Un film da evitare che non riesce neanche a portare a casa qualche buona scena.

martedì 15 settembre 2020

Blood quantum


Titolo: Blood quantum
Regia: Jeff Barnaby
Anno: 2019
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

La riserva indiana di Red Crow è presa d’assalto da un’improvvisa epidemia di zombi, che infetta uomini e animali spingendoli a trasformarsi in esseri affamati, arrabbiati e feroci. L’epidemia riguarda solo i bianchi, mentre i nativi americani ne sono immuni. In poco tempo il morbo dilaga, e tocca allo sceriffo Traylor, e alla sua famiglia, organizzare la resistenza per poter dare un futuro al genere umano…

Al suo secondo film, Barnaby mezzo nativo pure lui, firma un film apparentemente complesso che dopo l'incidente scatenante diventa il classico zombie movie con l'unico espediente in più che vede i nativi a non poter contrarre il virus.
L'inizio, tutto il primo atto, risulta la parte migliore del film, dove tutto lascia presagire a qualcosa che sta sconvolgendo gli equilibri come la bellissima scena dei salmoni e del cane che tornano in vita. Da qui in avanti tra salti temporali, si passa a sei mesi dopo, l'opera nonostante una crudeltà di fondo e senza lesinare sulla violenza e sul gore, diventa abbastanza prevedibile a parte la mattanza dei protagonisti che muoiono male quasi tutti.
Più che un film politico o socio-culturale, l'etnia da sempre defraudata e oppressa diventa l'unica in grado di salvarsi per una non meglio precisata caratteristica del dna, può dal canto suo essere interessante trovando una variante originale, ma il film procede in un'unica direzione e dopo ciò, la narrazione e le idee sembrano esaurirsi velocemente fino ad un finale telefonato.
Alcune scene comunque rimangono impresse, una su tutte quella dell'evirazione ai danni di Lysol da una piccola lolita zombesca.

sabato 8 agosto 2020

Curtains-Maschera del terrore


Titolo: Curtains-Maschera del terrore
Regia: Richard Ciupka
Anno: 1983
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Samantha Sherwood è un’attrice appassionata al suo lavoro, tanto che si finge folle per essere ammessa in un manicomio e studiare il comportamento dei pazzi per il ruolo nel prossimo film del famoso regista Jonathan Stryker con cui ha spesso collaborato. In realtà, si tratta di una specie di trappola organizzata da Stryker che, mentre lei è in manicomio, organizza un’audizione per la parte con altre attrici, in una vecchia casa isolata. Ma Samantha scappa dal manicomio e raggiunge la casa dove si tengono le audizioni. Una persona mascherata comincia a uccidere le attrici in lizza.

Curtains è uno slasher abbastanza atipico per diversi fattori in cui può collocarsi.
Pur rientrando perfettamente nel genere con i soliti elementi presenti, riesce a lavorare molto bene sulla psicologia delle candidate al ruolo, c'è una parte decisamente interessante in manicomio, atmosfere surreali e oniriche, scene erotiche molto eleganti e una messa in scena pulita che cerca di trasmettere quel qualcosa in più soprattutto in una storia dove il climax finale non è così scontato. Le morti poi ad opera di una maschera che rimarrà nella memoria di tutti soprattutto la scena mentre il killer si avvicina alla vittima sui pattini in una distesa ghiacciata.
Ottimo dicevo il cast dove le seppur già brave attrici si fanno battaglia in tutti i sensi per cercare di superare le altre in un continuum di stati d'animo, monologhi, amicizie e prevaricazioni.
Ciupka firma uno di quegli horror che per alcuni rimane un cult nel sotto genere slasher, per altri come me è un buon tentativo di uscire dai binari con un prodotto più solido e psicologico e alcune atmosfere metafisiche che alternano sogno e morbosità.

mercoledì 1 luglio 2020

5150 rue des ormes


Titolo: 5150 rue des ormes
Regia: Eric Tessier
Anno: 2009
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

5150, Rue des Ormes è la via in cui il giovane Yannick Bèrubé cade dalla bicicletta per evitare un gatto. Yannick, partito da casa, perché ha vinto un concorso per diventare regista, ha fatto appena in tempo ad assaporare la libertà di stare lontano da un padre stronzo, che tra poco si troverà nei pasticci seri con un essere diabolico. Insomma, il gatto è salvo, ma per Yannick stanno per aprirsi le porte dell’inferno. A malincuore ha salutato la sua ragazza Cathérine, tra poco incontrerà un’altra ragazza, Michelle Beaulieu, poco rassicurante.

L'opera di Tessier nasce dal bisogno di misurarsi con la penna di Patrick Senécal, lo Stephen King franco-canadese. Ne esce fuori un film complesso, stratificato, con diversi elementi e sotto generi dell'horror all'interno, mischiando terribili segreti famigliari, un home-invasion al contrario, un torture movie per lo più psicologico e verso il finale una atipica maniera di trattare il gioco degli scacchi e tutto il suo fascino, un limbo dove staccarsi da tutti e tutto. Un film violento dove da subito Tessier decide di non lasciare Yannick come protagonista assoluto ma personalizza e lavora molto sulle psicologie di un nucleo familiare disfunzionale e una rete di non detti che porta ad un climax delirante e tragico e un duro scontro tra maschi alfa. La materia complessa, i tanti riferimenti e il voler credere di poter smuovere soprattutto nel finale anche una componente metafisica, portano il film a non partire certo benissimo, ad avere un ritmo alle volte sfiancante e ad avere alcuni difetti di forma e di intenti, eppure riesce proprio nella sua imperfezione a diventare un robusto film di genere.
Le prove attoriali riescono ad essere tutte convincenti, i personaggi oltre alla caratterizzazione cercano di spezzare i soliti schemi borghesi ormai abbastanza telefonati e quella partita di scacchi finale riesce a portare a casa una scena davvero indimenticabile.

domenica 8 marzo 2020

Gerontophilia


Titolo: Gerontophilia
Regia: Bruce LaBruce
Anno: 2013
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

l giovane Lake viene licenziato dalla piscina in cui lavora come bagnino perché durante un’operazione di salvataggio di un anziano cliente ha avuto un’erezione. Grazie alla madre trova un impiego come portantino in una casa di cura, dove fa amicizia con Melvin, un ex-attore di teatro abbandonato lì dal figlio. Lake, che ha una relazione con la coetanea Desirée, appassionata cultrice delle rivoluzionarie femministe, si innamora ben presto di Melvin, e vorrebbe esaudire il suo ultimo desiderio, quello di rivedere l’Oceano Pacifico

Spero tanto che il cinema di Bruce LaBruce cresca come questo film senza paralizzarsi troppo sul dover mostrare e cercare di scandalizzare in un epoca in cui non ci scandalizza più di nulla. Forse questo prematuro film è un inizio mettendo da parte i suoi primi indie dove zombie gay si inchiappettavano.
Vedere comunque un’ottantenne che si slingua con un adolescente non è un elemento da poco.
A volte l’omosessualità di alcuni registi non esita a mostrarsi in tutta la propria spregiudicatezza. Questo è un vantaggio e un’arma nel cinema quanto ti chiami Gregg Araki o Dolan. LaBruce deve affinare questa tecnica cercando di lavorare di più sul plot, sulla storia, quando invece dal punto di vista tecnico ormai è abile nel saper condurre una sua idea di cinema e inquadrarlo a dovere.
Sembra che il regista canadese in mancanza di idee o di storie affascinanti vada alla continua ricerca dei pochi tabù rimasti in un film che per fortuna ha una storia anche se prematura e asciutta che parte con lingue tra giovani per finire con quelle date ai vecchi. Per fortuna sembra e forse in questo l’età che avanza è un fattore importante che cominci a cercare di essere meno provocatorio almeno nel fatto di celare ciò che prima era orgogliosamente esibito. Se il protagonista del film è inesistente per espressività e coinvolgimento, è la sua curiosità prima intrappolata e poi sdoganata quando si rende conto di essere da sempre passivo e intrappolato tra due donne che decidono per lui e fanno di lui ciò che vogliono a venir fuori e sentire quel bisogno di rendersi autonomo e provare senza i consigli di nessuno.

giovedì 24 ottobre 2019

Mecanix

Titolo: Mecanix
Regia: Rémy M.Larochelle
Anno: 2003
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

In un mondo comandato da strane creature, pochi umani sono ancora in vita, ma ridotti in schiavitù. L’unica cosa temuta dalle “macchine” è l’embrione, l’origine di ogni cosa e l’unica cosa che può salvare gli esseri umani.

Mecanix è un mediometraggio molto malato e disturbante di un autore che sembra un braccio di ferro tra Jimmy ScreamerClauz e Flying Lotus, passando per Svankmajer, planando su Fukui strizzando l'occhio a Lynch e facendo ogni tanto tappa occasionale in quel capolavoro totale che è Blood tea and red string
Pochi soldi, tanta immaginazione e inventiva e l'uso sapiente nell'utilizzo dei mezzi, dalla stop-motion, alla fotografia fino alle note dolenti di una musica (se così possiamo chiamarla dal momento che è composta perlopiù da lamenti e voci distorte) disturbante e deleteria, in grado di mettere a dura prova la vostra resistenza parlando di un'opera che dura sessanta intensissimi minuti.
In realtà poi parte della storia e del ritmo sembrano essere come l'automazione e il lavoro in fabbrica, un girotondo caotico, un cerchio infernale dove le creature bio-meccaniche che lo controllano torturano gli ultimi umani rimasti in cerca dell'embrione dell'universo attraverso delle pene in gironi infernali che sembrano ripetersi all'infinito.
Movimenti che ritornano, umani reale che strisciano e creature in stop-motion, l'inferno, la vivisezione e gli esperimenti dello scienziato folle, in tutto questo il vero cuore pulsante dell'opera se per gli umani è l'embrione per i mostri sono gli ingranaggi che mandano avanti il mondo delle creature bio-meccaniche.
Un'opera complessa e molto straziante, che diventa un urlo disperato, un film per pochi, una metafora di dove stiamo andando per criticare un certo tipo di capitalismo ma anche la sovranità di alcuni esseri che pensano di poter fare ciò che vogliono con la massa dei più deboli che non hanno il coraggio di ribellarsi.
In fondo l'opera di Larochelle è pura estetica, si apre a così tante interpretazioni, metafore e altro che seppur un incubo allucinato alla fine lascia molto di più di quelli che non sembra.

Nell'erba alta

Titolo: Nell'erba alta
Regia: Vincenzo Natali
Anno: 2019
Paese: Canada
Giudizio: 2/5

Quando i fratelli Becky e Cal sentono le grida d'aiuto di un bambino provenire da un campo di erba alta, si addentrano per salvarlo, ma si ritrovano presto intrappolati da una misteriosa forza che li disorienta e li separa. Isolati dal mondo e incapaci di sottrarsi alla morsa del campo, presto scoprono che farsi trovare è forse l'unica cosa peggiore di perdersi.

Nell'erba alta è un racconto di 60 pagine di Joe Hill e suo padre.
Trovare spunti e storie per dipanare la storia in '90 non deve essere stato facile.
L'ultimo film del buon Natali che purtroppo negli ultimi anni è stato destinato come mestierante in serie tv di successo, ha tanti ottimi spunti, un primo atto intessuto di un'atmosfera molto accattivante, riprende alcuni buoni spunti già visti in altre storie di King, Grano rosso sangue, ma unendoli in maniera funzionale alla storia e aprendo a diverse chiavi di interpretazione.
Il problema del film è quando i suoi misteriosi protagonisti cominciano a trovarsi in mezzo all'erba con il colpo di scena del micidiale e tremendo momento dove sono tutti ai piedi della grande roccia a fare e dire cose che non hanno senso. Ad un certo punto il film si perde proprio nell'erba alta, in cui siamo continuamente catapultati da un loop temporale al'altro, con una mancanza evidente di un approfondimento dei protagonisti, un cast dove purtroppo non tutti riescono a dare il loro contributo, dove manca una caratterizzazione a volte importante per capire bene e individuare gli obbiettivi dei personaggi.
Questi fattori uniti ad un certo punto ad una certa confusione nella direzione da seguire del plot a livello narrativo e una narrazione fragile e disordinata, crea un girotondo di caos e delirio dove tutti si rincorrono e la tensione rischia in diversi momenti di essere smorzata dalla noia.


giovedì 18 luglio 2019

I'll take your dad


Titolo: I'll take your dad
Regia: Chad Archibald
Anno: 2018
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Un uomo, William, incaricato di far scomparire i cadaveri, scopre che una delle vittime è ancora viva.

Il quinto film di Archibald dimostra il talento e le idee di un regista che sempre di più va tenuto sott'occhio e che dovrebbe girare almeno tre film l'anno visti i risultati e gli spunti narrativi originali.
La storia di I'll take your dad, dal titolo non così entusiasmante è incredibile.
Un uomo tranquillissimo che vive con la figlia e che ha da poco perso la moglie si occupa di far sparire i cadaveri. Praticamente tutti i criminali lo conoscono e ne hanno paura perchè dietro di lui c'è una leggenda misteriosa come di qualcuno davvero pericoloso da temere a tutti i costi.
Con tutta la tranquillità e prendendosi i suoi tempi, l'uomo che vive in una casetta ai margini di tutto, scioglie le vittime, che i criminali vogliono far sparire, dentro vasche d'acido.
William però ha un suo codice morale e non uccide nessuno che sia ancora vivo.
Questo naturalmente creerà tutta una serie di incidenti incredibili.
Archibald però è molto abile ancora una volta ad inquadrare una vicenda che seppur folle denuncia sempre più la drammaticità della vita che dietro l'apparente situazione macabra, vede la coppia padre-figlia (stupendo il rapporto) ritratti dal cuore enorme ed un animo nobile, costretto lui e costretta lei, a scendere in compromessi con le avversità della vita.
Se è pur vero che la prima parte è quella che fa da padrona dove alcuni rimandi al cinema dei Coen non possono mancare e vero che Archibald con pochi attori e una location riesce a dare sempre enfasi e carattere alla storia senza farle perdere mai il suo fascino. Tutto questo vale per i primi due atti spaccati con l'accetta a differenza della carneficina finale, forse un po scontata e forse no, ma visto il tale insieme di elementi gestito così bene, senza ricorrere alla violenza, forse si poteva provare qualcosa di diverso.
Rimane un film interessante, con un ritmo straordinario, ottimi attori dove il protagonista è l'esatta copia di Rocco Siffredi tale Aidan Devine, davvero è difficile guardare il film senza pensare che non sia la stessa persona e anche in parte le espressioni sembrano le stesse.
Un film purtroppo sconosciuto che forse non avrà mai, come quasi tutto il cinema indie interessante, una valida distribuzione.
Di nuovo la coppia di fuoco Jayme LaForest (sceneggiatore) e Archibald tornano a lavorare insieme, e speriamo continuino, dopo Bite, HERETICS e DROWNSMAN

giovedì 18 aprile 2019

Fauve


Titolo: Fauve
Regia: Jeremy Comte
Anno: 2018
Paese: Canada
Festival: Torino Underground Cinefest
Giudizio: 5/5

Due ragazzi giocano attorno a una miniera di superficie. La complicità si evolve in uno scontro in cui uno vuole prevaricare l'altro. Quando improvvisamente si impigliano nelle sabbie mobili, il dibattito finisce. Prendendo proporzioni più grandi della natura, questo gioco non si rivelerà innocuo come pensavano.

Fauve è uno dei più bei corti che abbia mai visto.
Essenziale, canadese in tutti i sensi, con un piccolo protagonista che sembra Vincent Cassel, un tema scomodo ma attuale e tanti pugni nello stomaco, doverosi per chi racconta una storia senza happy ending ma mostrando semplicemente che la vita non fa sconti a nessuno in particolar modo a ragazzi maldestri che sfidano il pericolo.
Competizione, paura, sopravvivenza, fuga. In sedici minuti l'opera di Comte è straziante senza regalare nulla allo spettatore e lasciando a riflettere sul livello di consapevolezza.
Rischiava di vincere agli Oscar per il miglior corto straniero. Peccato perchè a distanza di tempo, rimane ancora impresso nella retina con una forza e una lucidità notevole.



giovedì 11 aprile 2019

Madame Tutli Putli


Titolo: Madame Tutli Putli
Regia: Chris Lavis e Maciek Szczerbowski
Anno: 2007
Paese: Canada
Giudizio: 5/5

I passeggeri del treno (e la stessa madame Tutli-Pluti) sono anime ancora non consapevoli del loro trapasso. Continuano così a fare quello che facevano da vivi: gli appassionati di scacchi alle prese con una assurda partita, il tennista che si comporta volgarmente, il vecchio sempre addormentato. La consapevolezza (almeno per la madame) arriva quando le vengono rubati i bagagli (i ricordi della vita passata) e solo allora può avvenire il trapasso a miglior vita (la farfalla, simbolo di trasformazione e anche di rinascita).

Gli sceneggiatori di LOST avrebbero dovuto conoscere a memoria lo svolgimento di questo incredibile corto candidato agli Oscar. Un lavoro d'animazione in stop motion incredibilmente colto e in gradi di creare sentieri diversi e portare il pubblico a domandarsi se ciò che ha davvero visto sia l'intento degli autori. Un'opera singolare, non ci sono altri termini per definire ciò che vidi anni fa ma che per qualche strano motivo mi rimaneva così in mente.
A livello tecnico gli sforzi sono evidenti fin da subito. La vera forza del cortometraggio sta in una particolare innovazione apportata dove gli occhi dei personaggi sono infatti quelli di attori reali, girati dal vero e compositati in seguito sul volto dei pupazzi animati a passo uno.
Madame Tutli Putli ha impiegato più di cinque anni di lavoro, ma il risultato è impressionante anche nel suo chiamare forse involontariamente alla memoria tanti registi e tante idee di cinema già viste ma che qui attraverso un climax di forme e linguaggi trova una naturale e originale messa in scena.