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domenica 29 settembre 2013

Bassifondi

Titolo: Bassifondi
Regia: Akira Kurosawa
Anno: 1957
Paese: Giappone
Giudizio: 5/5

In fondo ad una voragine che serve da discarica, c'è un dormitorio gestito da un vecchio usuraio e dalla moglie che ospita una galleria di reietti dall'umanità: un ex attore alcolizzato, un samurai spiantato, un ladro che sogna di rifarsi la vita con la sorella della padrona. Tutti cercano di riscattarsi dalla misera vita in cui sono imprigionati ed il passaggio nel dormitorio di un pellegrino-filosofo sembra portare un pò di speranza. Ma alla lunga tutto torna come prima.

Dal dramma Na dne (Bassifondi, 1902, noto anche come L'albergo dei poveri) di Maksim Gor'kij, già portato sullo schermo da Jean Renoir in VERSO LA VITA (1936), Kurosawa assorbe il soggetto e lo fa suo strutturando una storia drammatica e corale soprattutto con il passaggio nel dormitorio di un pellegrino-filosofo che sembra portare un po' di speranza oltre che un confronto netto e misurato con i disperati che lo popolano.
Il grande maestro giapponese affonda nell'analisi dell'ultima ruota sociale all'interno di una catapecchia schifosa dove la miseria fisica si accompagna alla miseria morale.
E' l'abbruttimento di un'umanità senza speranza dove l'unica consolazione è la morte.
Il personaggio appunto di Korei, il pellegrino-filosofo, è il collante di questo gruppo di persone, ci aiuta a scavare in profondità nell'animo perduto dei personaggi cercando di instillare un barlume di speranza in un luogo senza luce.
Kurosawa dirige un film corale, di impianto teatrale in cui ogni attore non prevarica mai sull'altro. Ci fa scoprire i personaggi gradualmente e non lascia spazio a ruoli predominanti.
Tutti hanno la loro importanza come un vero lavoro di gruppo.
Il fatto che si tratti di una pièce teatrale, materia non nuova per il regista, e contando che si rivolgeva al pubblico giapponese degli anni '50, la trasposizione per quanto cinematografica rende più suggestive la staticità dell'azione e l'entrata e uscita di scena dai tempi creando una sorta di sipario continuo.
I personaggi sono molto credibili, grazie anche alla grande prova recitativa di tutti gli attori nessuno escluso, e sono più che mai vivi e umani. Ritroviamo nel vivaio alcuni attori feticcio del regista tra cui il gigantesco Mifune. L'abbondanza di riprese lunghe a discapito dell'artificio del montaggio aumenta il realismo della pellicola, e anche il linguaggio molto schietto e diretto contribuisce in questo senso.