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martedì 20 febbraio 2018

Tana del serpente bianco


Titolo: Tana del serpente bianco
Regia: Ken Russel
Anno: 1988
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Un enorme verme simile a un disgustoso serpente si nutre di vergini da circa mille anni. Lady Sylvia non gli fa mancare nulla. Un giovane pauroso dovrebbe trovare il coraggio di un suo avo che era un cacciatore di draghi.

Diciamolo subito The Lair of the White Worm ha numerosi parti trash.
Un aspetto del genere da il padre de I DIAVOLI nessuno osava aspettarselo anche se altri suoi film minori rischiano spesso di sconfinarci come GOTHIC o parte della sua ultima filmografia.
C'è tanto materiale in questo film. Stoker da cui è ripreso il racconto, diversi personaggi che servono come carne da macello, la milf che abbindola nuove vittime per renderli schiavi con i denti da vampiro e infine le allucinazioni che sono parte della politica d'autore del regista ritornando de facto in moltissimi suoi film e soprattutto tra i più famosi se poensiamo ad esempio ad ALLUCINAZIONE PERVERSA.
Qui il regista sembra andare oltre con la critica rispetto alla Cristianità che ha depredato il Paganesimo. Tutte le paranoie orgiastiche di Eve diventano quella trasfigurazione della realtà e del passato distorto tutto a causa di una sostanza viscosa che fuoriesce dalle ghiandole salivari dell'antagonista portando al delirio dei sensi con immagini che riportano la protagonista innanzi a Cristo in persona, crocifisso in un paesaggio lisergico alla David Lachapelle, tutto colori sgargianti e tonalità kitsch.
Il Cristo martoriato è subito avvolto dall’edenico serpente che se lo pappa in un boccone, mentre centurioni romani frustano delle povere suore accorse a pregare, le denudano e le violentano in gruppo. Su tutto imperversa la bella strega che si lecca soddisfatta un colossale godemiché (lo stesso con cui s’assicura dell’effettiva verginità della Oxenberg) e che nella scena finale non mancherà di attaccarselo al corpo come un fallo, in quel finale ripeto che è stato preso alla lettera da Gordon nel suo DAGON (finora uno degli omaggi più sentiti a Lovecraft) con il rituale finale e la bestia che emerge dal fondale marino.