Titolo: An Ethics Lesson
Regia: Myung-rang Park
Anno: 2013
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 4/5
Jung-Hoon conduce una doppia vita: di
giorno è un poliziotto onesto e diligente, di notte spia la sua
bella vicina di casa Jin-A attraverso telecamere nascoste nel suo
appartamento. Una sera è testimone di un efferato crimine: Jin-A
viene strangolata a morte. Diviso tra il dovere di informare la
polizia e il timore per la propria libertà, si troverà immischiato
con gli altri uomini coinvolti nella vita e morte di Jin-A.
Ormai la Corea del Sud da anni è
maestra nel trasporre qualsivoglia genere cinematografico abbia tra
le mani.
Il plot narrativo dell'esordio al
lungometraggio di Park è fenomenale per tecnica, messa in scena,
numerosi spunti degni di nota, maestranze con una fotografia
eccellente e un montaggio atemporale funzionale per questo tipo di
narrazione con questa partita a quattro e un quinto incomodo.
Il racconto criminale corale con
molteplici punti di vista e montaggio temporale disordinato è sempre
stato un mood perfetto dove far crescere l'atmosfera ansiogena e la
suspance già dai tempi di Kurosawa. Negli ultimi anni ci sono stati
alcuni tentativi americani quasi sufficienti ma niente a che vedere
per come viene tessuta la trama e il mistery nel cinema orientale.
Proprio un'altra scuola da sempre. Qui i personaggi sono tutti
squallidi e meschini, c'è una combinazione di divertimento e
perversione veramente originale, partendo da un thriller di stampo
classico arrivando ad essere quasi un pulp nei territori dello humor
nero e forse l'unica pecca un finale tirato troppo per le lunghe.