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venerdì 18 marzo 2011

Tekken

Titolo: Tekken
Regia: Dwight H.Little
Anno: 2010
Paese: Usa/Giappone
Giudizio: 1/5

Ci sono film che non andrebbero fatti o meglio basterebbe la versione anime per accontentare i fan e non andare oltre.
Little, uno dei registi peggiori di Hoolywood, accetta il lavoro delle major e sforna una cacata fumante che sulla carta poteva incuriosire gli amanti del picchiaduro visti gli ultimi traguardi nel campo degli effetti speciali e con la partecipazione di Dion Lam(RED CLIFF) per le coreografie. C'è anche da dire che oramai si legge dalla locandine il limite di alcune pellicole e infatti sottraendomi dall'operazione cinema ho scelto l'altra via per poter dare un giudizio al film visto peraltro sottotitolato.
E' così il film tratto dall'omonimo videogioco cult prodotto dalla Namco entra anche lui nella filmografia che punta tutto sulla messa in scena dinamica condita da una color correction eccessiva e da un montaggio frenetico che si associa alla comune prassi odierna.
Un altro punto a sfavore è la povertà di combattimenti, gli atleti in ballo che poi erao tra le cose più divertenti proprio per i loro stili sono davvero una manciata, e con enorme stupore lo sceneggiatore Alan McElroy(SPAWN) punta su una storia di corporazioni e fa di Jin il protagonista, un giovane che cerca di combattere le multinazionali al potere decidendo di partecipare al torneo e di vendicare così la morte della madre.
Le dicotomie con lo storyboard del videogioco sono abissali e per varie ragioni sono state modificate per avere il massimo della celebrolesità ipertrofica che non lascia spazio nel domandarsi come non ci sia un solo spunto di originalità in tutta la durata.
La soluzione è sempre quella: giovani pompati affascinanti che non sanno cos'è la recitazione, fighe clamorose che riescono a fare il botto solo nelle scene di combattimento o a letto con il protagonista e dei personaggi caratterizzati con i pastelli che appaiono come fantasmi scomparendo e riapparendo nei momenti meno azzeccati, il tutto sublimato da un pretenzioso e furbo messaggio di protesta contro le corporazioni e la scelta rivoluzionaria per contrastarle il cui messaggio però doveva essere scandito in maniera meno blanda e superficiale.