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domenica 20 marzo 2011

Dark Water

Titolo: Dark Water
Regia: Nakata Hideo
Anno: 2002
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Yoshimi, giovane donna appena divorziata, si trasferisce nella sua nuova abitazione assieme alla figlia di sei anni Ikuko. Il condominio non sembra essere abitato da nessuno a parte il portinaio che non sembra accorgersi di nulla e qualche vecchietta silenziosa. Durante l’ispezione della casa che appare umida e tetra, l’agente immobiliare nasconde a Yoshimi una strana macchia d’umidità sul soffitto.
Ikuko si adatta velocemente al nuovo asilo, mentre Yoshimi è impegnata alla ricerca di un nuovo lavoro come correttrice di bozze.
Intanto in casa la strana macchia comincia a gocciolare sul pavimento e a nulla servono le bacinelle messe da Yoshimi. Così tra l’indifferenza generale del condominio e la macchia che inizia ad espandersi, evolve il mistero con la scomparsa, targata dieci anni prima, di una bambina di nome Mitsuko.
Mitsuko, una bambina piccola con i capelli scuri e uno sguardo impassibile, sembra essersela presa proprio con le due donne così, con annunci e apparizioni, comincia ad espandere la sua rabbia sotto forma d’acqua putrida.

Ci troviamo di fronte ad uno dei film horror giapponesi contemporanei meglio apprezzati dalla critica. Nell’insieme dei film horror che annoverano nella stessa serie, in cui può essere collocato un film come questo, pellicole come THE RING, JU-ON, THE GRUDGE e altri cento che forse non sono così famosi, certo non poteva mancare un elemento basilare come l’acqua a dare sfondo al tema.
Insomma niente di nuovo sul fronte orientale horror che introduce bambine con i capelli scuri, luoghi sempre inquietanti e claustrofobici, corpi in via di putrefazione, corpi che scendono dai soffitti, telefonate che arrivano con il telefono spento(mi spiace Miike).
Dark Water è un tipico esempio di thriller in cui si ha un crescendo di tensione tutto sommato convincente. L’annuncio del pericolo arriva comunque molto in fretta rispetto allo sviluppo del film creando così un processo d’ironia drammatica che aiuta lo spettatore durante tutto il primo atto in cui serve.
Le due protagoniste convincono e riescono a non annoiare in un film con ritmi molto lenti. Uno stile direi più che apprezzabile( la fotografia e le riprese nei film orientali di solito sono sempre eccellenti) un ritmo che a volte sbanda un po’ senza però uscire di tema e un finale classico.
I temi sono il rancore, la perdita di qualcuno di caro, la rabbia, l’angoscia, temi anch’essi classici e stra-adottati dal genere.