Titolo: Dune part II
Regia: Denis Villeneuve
Anno: 2024
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Paul Atreides e sua madre Jessica si
trovano tra i Fremen insieme al leader di un loro clan, Stilgar, e
alla guerriera Chani. Dovranno però imparare a farsi accettare
dall'intero popolo Fremen e soprattutto Paul, che Stilgar crede
essere l'atteso Messia di Dune promesso dalle Bene Gesserit, dovrà
concretizzare la propria profezia, per guadagnare uno sterminato e
micidiale esercito e con esso avere la possibilità di vendicare suo
padre, il Duca Leto. Ma la profezia che vede Paul non è solo un
sogno di vittoria bensì un massacro di inaudite proporzioni, una
guerra santa che incendierà l'intera galassia. Il barone Harkonnen
intanto continua a tramare per prendere il controllo dell'impero e,
di fronte ai fallimenti di Rabban contro i Fremen, decide di
affidarsi a un altro più letale rampollo: Feyd-Rautha, che le Bene
Gesserit ritengono possa dare alla luce la loro attesa bambina
suprema.
L'unico peccato è quello di dover
aspettare il 2027 per vedere la terza e ultima parte.
Dune part II è un'esperienza visiva
immensa che può solo essere colta e compresa nella qualità
elementale e sensoriale (il suono è quasi un personaggio del film)
in un cinema che riesca a far provare così tante emozioni e fondere
per scelte stilistiche, sound designeer, soundtrack, fotografia ed
effetti speciali per fortuna pochi
Riesce forse ad essere leggermente
superiore al precedente per quanto in opere come queste debbano venir
valutate nella loro unione in questo caso una trilogia che
meriterebbe poi come per quella di Jackson di essere fruita in tutta
la sua completezza sempre in un cinema adeguato.
La storia è fondamentalmente divisa in
due parti, senza scelte di montaggio per cambiare scenari ma
rimanendo sempre nella stessa location raccontando la storia.
L’ossatura mitologica, lo scontro tra luce e tenebre, il deserto di
Arrakis per quasi metà film e poi la città e l'inizio della
rivolta.
Quando lessi il romanzo anni fa mi resi
subito conto che Frank Herbert aveva scritto qualcosa di molto
politico, ideologico e rivoluzionario pieno di controcultura. I
grandi temi della politica appena accennati nel primo capitolo qui
vengono sparati come missili a partire dalla crisi ambientale, la
tentazione maligna dello strapotere, l’effetto distruttivo della
guerra, quello corrosivo dei fondamentalismi religiosi che fioriscono
dalla povertà e dall’ignoranza. Un'esperienza immersiva dove si
passa dallo studio della popolazione del deserto Freman alla scelta
peculiare di prendere come nome di Muad’Dib, un piccolo topo
autosufficiente che vive nelle dune.
Il rapporto con i vermoni e la
cavalcata dell'anziano come a siglare e superare una prova quasi
impossibile, la spezia e l'economia che muove e i compromessi che
vanno presi dall'imperatore agli Harkonnen, l'acqua della vita con
cui si vede il futuro e l'acqua che viene estratta dai corpi dei
nemici per sopravvivenza come sistema di raffreddamento per arrivare
a riempire la piscina delle anime come luogo spirituale di ritrovo.
Insomma un'altra esperienza visiva e
sensoriale pazzesca