Un materasso, su cui sta crescendo una misteriosa muffa, viene passato da un proprietario all’altro, testimone delle storie, di separazioni, di solitudine, di alienazione urbana. E la mostruosa creatura riesce a entrare, come un parassita, nelle vertebre delle sue vittime. Una coppia che trova casa e che si separerà, un’altra in crisi che si incontra in un love motel, una donna malata terminale che scrive la sua ultima lettera, un conducente che festeggia da solo il proprio compleanno: il filo conduttore è sempre lo stesso materasso.
Mediometraggio sperimentale e intimista. Un'opera che esce fuori dagli schemi per idee, messa in scena, montaggio e soprattutto l'uso del sonoro e del sound designer. Un'opera che parla di solitudine, di alienazione, risaltando alcune dinamiche di coppia, mostrando quanto ci si possa arrabattare per conquistarsi un materasso pieno di funghi. Ha dell'assurdo e diversi elementi weird l'opera di Park Sye-young che potrà probabilmente piacere ed essere compresa solo da amanti del cinema di genere. Ci sono delle similitudini con un certo tipo di Tsukamoto e tutta la fase di gestazione del fungo e la sua crescita. Quanto dura la vita di una muffa, essere che è classificabile come fungo? Corta, ci avvisa la didascalia all’inizio del film, alcuni tipi un giorno, altri una settimana, altri un mese ma comunque si tratta di durate estremamente variabili. La stessa creatura che sembra cibarsi o meglio inserire nel proprio corpo quelle vertebre che dovrebbero essere parte di una spina dorsale senza ombra di scoliosi. Eppure quando emerge sembra una ragazzina timida e impacciata una via di mezzo tra un piccolo angelo dell'innocenza e una creatura composta di sporcizia, un ammasso informe e rivoltante, di ife fungine, miceli, filamenti aggrovigliati.
Il fungo è fatto in stop-motion e il finale riesce ad essere poetico come se facesse, in parte, tutta parte di un sogno.