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lunedì 3 settembre 2018

U Turn


Titolo: U Turn
Regia: Pawan Kumar
Anno: 2016
Paese: India
Giudizio: 4/5

Dopo avere conosciuto un giovane poliziotto ed essere diventata la sospettata principale di uno strano omicidio, una giornalista si ritrova a dover investigare sul caso.

I thriller indiani che passano in sordina da noi sono davvero tanti e molti di essi sono prodotti molto validi con storie che spesso ci aiutano a capire le problematiche della stratificata e complessa società indiana. U Turn come tanti altri sfrutta l'impianto del poliziesco e del thriller dramma per regalare un'indagine mai scontata ma con una bella escalation di eventi che aumentano l'atmosfera e la suspance del film.
Spesso come per Ugly o Talvar si parte sempre da episodi di cronaca abbastanza semplici come in questo caso o eventi strazianti come negli altri due film.
I protagonisti o la protagonista sono sempre portatori di una morale e dei valori più liberi e tolleranti rispetto alla cultura molto chiusa e rigida del resto del paese. Se poi come in questo caso la protagonista è una donna, non ancora sposata, che conduce una ricerca che diventerà spesso indagine, allora tutto il plot narrativo e la chiusura culturale della società porterà la protagonista a dover lottare contro il sistema per riuscire a dimostrare la sua innocenza. In questo caso a differenza di Ugly le forze dell'ordine non sono tutte corrotte o disoneste (in realtà qualcuno sempre si salva) ma cercano di comprendere il dramma e aiutare la protagonista a fermare gli omicidi del killer della curva a U, aiutata da una galleria di personaggi che non esclude gli "esclusi" come il vecchietto che segna i numeri di targa in cambio di 100 rupie.

In questo caso la pellicola non esplode mai in scene di violenza efferate ma punta tutto sul disegno che c'è dietro la bizzarra scelta di dover sfruttare un assurdità come quella dello spostamento dei mattoni per passare sull'altra corsia che come motore scatenante sembra quasi ridicolo mentre invece nasconde una sua importanza incredibile a cui addirittura una giornalista vuole montare su un servizio.