Mentre il mondo cerca una cura per un virus disastroso, uno scienziato e uno scout del parco si avventurano nel profondo della foresta per ritrovare dei colleghi scomparsi
Ben Weathley è uno dei miei registi post-contemporanei preferiti da sempre.
Uno dei pochi inglesi ad aver con originalità e talento dato risalto al folk horror britannico con tanto di paganesimo, rituali, sette e molto altro ancora, anche se quasi tutte queste caratteristiche risiedono nel suo cult Kill List mentre vengono annusate in A Field In England e a suo modo in veste più da crime-movie ma con alcune incursioni in Down Terrace.
Al momento Weathley viene richiesto addirittura dalle major per il suo enorme talento e lo humor nero che contraddistingue i suoi film. Dopo produzioni enormi come High-Rise per la serie provo sfide che tutti considerano impossibili o remake fatti solo per far cassa come Rebecca, l'autore può con i proventi auto finanziarsi i suoi film preferiti con una produzione low cost e poche ma eccellenti location e un manipolo di attori funzionali.
In the earth è qualcosa di grottesco e assurdo, uno scifi, un eco vengeance, un horror rurale, un survival movie, un dramma sociale, un film sulle distanze e forse molto altro ancora..
Un film suggestivo quanto enormemente complesso scritto dallo stesso regista durante la pandemia dove la fantascienza diventa materiale da scoprire in una metafora sociale in un film peraltro difficile con più sentieri e sotto trame e intenti non sempre così chiari.
In the earth parla di funghi che sembrano ridare vita alla fauna, parla di una meglio non precisata entità folkloristica Parnag Fegg che risiede nel bosco (una specie di Pan) e una strana comunicazione tra natura e uomo che passa sotto diverse stratificazioni e livelli arrivando a far impazzire i due scienziati nascosti nella struttura governativa dentro al cuore del bosco.
La materia è complessa e spesso Weathley incrocia i flussi tra mito e scienza ponendo tante domande e come spesso osa fare regalando poche risposte e dando tanti finali aperti.
I suoi tocchi magici e gli elementi di riconoscimento anche qui non mancano dalle suggestioni, al voler dare un nome a qualcosa quando non è possibile, ai trip collettivi, alle scene di inusitata violenza che dopo il martello iniziale, qui ci regala ferite sotto i piedi, accette e scene splatter come funghi sotto la pelle che sembra debbano portare una sorta di mutazione o malattia o altro ancora.
Un film extrasensoriale perchè soprattutto nel terzo atto quando ormai viviamo al fianco della dottoressa Wendle, tutto sembra ovattato, la natura stessa ingloba e intrappola i protagonisti facendoli impazzire e creando degli intrecci narrativi mica da ridere.
Usando e dando voce alle fobie collettive di tutti i diversissimi personaggi e delle loro apparenti fragilità e complessità Weathley ancora una volta ricalca e cerca di approfondire una tematica ambiziosa e poco trattata da scienza, religione, mito e tecnologia ovvero cercare di capire il segreto di ciò che umano non è, di qualcosa di indefinito e forse alieno, di qualcosa che la natura rivendica e non vuole concedere all'uomo.