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giovedì 11 aprile 2019

Onyricon


Titolo: Onyricon
Regia: Joe Massot
Anno: 1968
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

La vita del professor Collins è piuttosto grigia e solitaria, perciò quando lo scienziato si accorge che la sua vicina di casa è giovane e graziosa comincia a fantasticare su di lei. Non osa proporle nulla di concreto e si accontenta di imbastire storie incredibili con la propria immaginazione.

Onyricon è un film folle e bizzarro, oggetto d’arte deliziosamente di serie B, figlio di una cultura yippie e in fondo un esercizio di stile di Massot che trovando l'espediente della storia si butta in un caleidoscopico viaggio psichedelico di colori e forme.
Il linguaggio è forse il mezzo più semplice. Sulle note del sitar e di mistici strumenti indiani percossi, soffiati, agitati da un George Harrison ispirato tutto di trip cosmici e sensoriali la fruizione del film prima di tutto passa dall'udito. Anche se sembra ruotare su se stesso (il muro come metafora di una divisione politica e ideologica) il regista inglese cattura alcuni fotogrammi che sembrano riportare alla pop art, al Morrisey dei primi anni, una Jane Birkin che sfoggia tutto il suo fascino e la sua bellezza e un finale dove il nostro scienziato dovrà mettere da parte gli intenti sessuali per salvarle la vita, dal momento che la povera Penny Lane, il nome è profetico come quasi tutte le scelte nel film, incinta è stata abbandonata dal ragazzo e sta pensando di togliersi la vita.
Un film assolutamente da vedere per tutti gli amanti di un movimento psichedelico in cui la cinematografia si è imposta in maniera solida, dando alla luce centinaia di film sorprendenti come questi che seppur non hanno ottenuto successo di critica e pubblico, hanno l'obbiettivo di creare linguaggi, dare vita a forme, fotografia, scenari nuovi e in grado di ampliare il nostro immaginario.