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martedì 27 dicembre 2016

Los Decentes

Titolo: Los Decentes
Regia: Lukas Valenta Rinner
Anno: 2016
Paese: Austria
Festival: TFF 34°
Sezione: Torino 34°
Giudizio: 3/5

Una donna si presenta ad un casting per essere assunta come cameriera in una casa di lusso in una zona residenziale nella periferia di Buenos Aires, abitata da famiglie dell'alta borghesia, vale a dire, da persone "decenti". Ma dall'altra parte della barricata, c'è un'altra comunità dai precetti radicalmente diversi: una congregazione di nudisti, che si dimentica dei canoni sociali quanto a classe e, soprattutto, a "decenza", per abbracciare la liberazione mentale e sessuale in comunione con la natura. E la donna viene, naturalmente, rapidamente attratta dal richiamo di quest'oasi.

Il secondo film del giovane regista argentino è un film che racconta sotto certi aspetti una lotta di classe, ancora argomento pregnante in Argentina, sfruttando un paradosso molto interessante che riesce a diventare durante l'arco della narrazione il vero motore che riesce a conferire atmosfera e mistero al film. Un paradosso, il passaggio segreto dove Belen vive entrambi i mondi entrando in contatto da un lato con la borghesia di un nucleo familiare particolarmente fastidioso, dall'altro una comunità di nudisti che si sdraiano al sole, fanno bagni solitari o collettivi, praticano il sesso tantrico, a due, in ammucchiata, eterosessualmente, omosessualmente, come capita, con chi capita. Una di quelle comunità neopagane tra movimenti nudisti tedeschi del primo Novecento e frikkettonismi californiani anni Settanta, chissà come incistatatasi in quella parte di Argentina.
Dunque nudisti contro borghesi in questa nuova lotta di classe che sembra interessare al regista con messaggio anarcoide-ribellistico da vecchio cinema di contestazione e sovversione anni Settanta
(un surreal-latinoamericana) e le atmosfere di una imminente distopia, la violenza che può scoppiare anche dove il livello di sicurezza è più alto, la segmentazione delle città in zone chiuse e non comunicanti. Purtroppo tutta l'ansia e il nervoso che Belen trattiene sembra evolversi e allargarsi anche al resto della comunità per la preparazione molto grottesca di un climax finale un po troppo veloce in questo gioco al massacro che ricorda la caccia alla volpe.
Un film che volutamente non è mai inquietante ma grazie all'uso delle inquadrature fisse e di queste composizioni simmetriche che passano da un estremo all'altro risulta seppur lento e con dei dialoghi ridotti all'osso, visivamente molto curato e con diversi riferimenti letterari e cinematografici.
Un film che forse girato dallo stesso regista con più esperienza e maturità avrebbe giovato all'opera e a tutta la contestazione, che seppur datata, poteva provocare e smuovere di più.