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venerdì 5 gennaio 2018

Good Time

Titolo: Good Time
Regia: Safdie
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

New York. Quartiere di Queens. Una rapina in banca finisce male, Connie riesce a fuggire mentre suo fratello Nick, affetto da un ritardo mentale, viene arrestato. Da quel momento Connie inizia a darsi da fare per poter trovare il denaro necessario per pagare la cauzione mentre progressivamente sviluppa un altro progetto: farlo evadere.

Il Queens visto attraverso l'ottica dei Safdie con una New York al neon che da uno sfondo spettrale per tutta la durata del film. La quinta opera dei due giovani fratelli che fanno la "sfida" a Dolan, è un trip, un cinema anch'esso impegnato, impregnato nel sociale, un caotico e febbricitante dramma che parla di derelitti e personaggi che vivono nell'incertezza più totale assorbendo la giornata fatta di piccoli furti e spacci.
Un film che prima di tutto è un'esperienza da fare, condensata in appena un giorno, da una mattina all'altra, unità di tempo che rappresenta un ottimo escamotage per trattenere una trama che è costantemente sul punto di deragliare come succedeva per un cult come Victoria.
Tesissimo e veloce il ritmo di questa corsa che sembra metterti continuamente una fretta incredibile nel cercare come Connie di capire cosa fare e di chi fidarsi.
Se Parkinson recita abbastanza bene (esce fuori dal personaggio troppe volte però) quello che colpisce e proprio il fratello di Connie, Nick, interpretato da uno dei due registi Ben Safdie.
Lo script, tanto per rimanere in famiglia, è stato scritto insieme al “terzo Safdie” Ronald Bronstein (loro co-sceneggiatore fisso) ed è stato realizzato con molte più risorse (la produzione è della a24 productions, casa di Moonlight e Spring Breakers oltre che aver avuto la benedizione e la supervisione di Martin Scorsese).
Un film che già dal titolo vuole essere metaforico a tutti gli effetti.
Parlando di una rapina e di disadattati (quindi è facile pensare che per loro non finisca bene) chiamarlo dunque Good Time è insieme negazione e conferma appunto dello “star bene” che rimane un assurdo soprattutto nell'idea e negli intenti di un gruppo di personaggi che per forza di cose non vuole e non può "star bene".