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domenica 19 aprile 2015

Twentynine Palms

Titolo: Twentynine Palms
Regia: Bruno Dumont
Anno: 2003
Paese: Francia
Giudizio: 3/5

Lui è un fotografo alla ricerca di nuovi luoghi per una rivista. Lei lo accompagna perché sono innamorati. Insieme scoprono il deserto che circonda la città di Twentynine Palms. Insieme si perdono nello splendore della natura, si amano e si odiano vicendevolmente, senza sospettare che il pericolo non è solo dentro di loro.

“Credo che il film sia molto semplice: sono in due e si amano. Io metto la macchina da presa e sondo il tutto. Punto e basta.” Bruno Dumont in conferenza stampa a Venezia 2003

A metà tra Seidl e Araki (la scena dell’aggressione sembra quella subita dal protagonista in DOOM GENERATION ma anche ancor prima da UN TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA) il film di Dumont che lo definisce un horror sperimentale, è l’ennesima conferma del talento e dello stile assolutamente autoriale e personale del regista. Un film assolutamente non riuscito ma che in un qualche modo rimane impresso forse perché per due ore non ci viene detto nulla dei personaggi e sembra onirico nel riproporre sempre le stesse mosse, gli stessi scenari e la stessa canzone di sottofondo.
Citando prima alcuni registi, ho fatto un paragone solo perché amandoli tutti e due, ho notato quanto possano crearsi delle difficili e malcelate similitudini tra stili e messe in scena. Un film dove non è il sesso a fare da protagonista in alcune vicende, ma è messo in scena così bene e colpisce così a fondo, da dare a Dumont e i due attori un premio speciale solo per essersi prestati in modo molto disinvolto in una ricerca che non è mai gratuita o spettacolare, ma al contrario, un linguaggio tra i due protagonisti che emerge proprio con i corpi. Sembra sempre più impossibile vivere ai margini senza dover fare i conti con la brutalità della società e i legami di coppia, quando hanno e vivono di connotazioni artistiche. Una fotografia poi quella di Georges Lechaptois davvero in grado di esprimere dolcezza e amarezza, disagio e sconcerto, con un deserto di fondo che cattura una ricerca di senso e un amore per la libertà davvero suggestivo. 
Dumont comunque dopo HORS SATAN, visto qualche mese fa, deve avere di fatto un problema. 
Ha paura o forse pensa che gran parte dell’orrore provenga ora e sempre dalla natura, sempre poco rassicurante.
29 palms non è piaciuto a praticamente tutta la critica che lo ha distrutto forse perché non pensavano che il regista di film totalmente diversi, scegliesse una strada simile, definendolo più volte un allucinazione senza pathos.

Non si possono proporre quasi due ore di vita insulsa dei protagonisti senza fornire alcun addentellato narrativo è stata un’altra delle bastonate. 
Secondo me invece c’è. Dumont è difficile, ostico, punta a provocare proprio sottraendo parte della narrazione.