Titolo: Twentynine Palms
Regia: Bruno Dumont
Anno: 2003
Paese: Francia
Giudizio: 3/5
Lui è un fotografo alla ricerca di
nuovi luoghi per una rivista. Lei lo accompagna perché sono
innamorati. Insieme scoprono il deserto che circonda la città di
Twentynine Palms. Insieme si perdono nello splendore della natura, si
amano e si odiano vicendevolmente, senza sospettare che il pericolo
non è solo dentro di loro.
“Credo che il film sia molto
semplice: sono in due e si amano. Io metto la macchina da presa e
sondo il tutto. Punto e basta.” Bruno Dumont in conferenza stampa a
Venezia 2003
A metà tra Seidl e Araki (la scena
dell’aggressione sembra quella subita dal protagonista in DOOM
GENERATION ma anche ancor prima da UN TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA) il
film di Dumont che lo definisce un horror sperimentale, è l’ennesima
conferma del talento e dello stile assolutamente autoriale e
personale del regista. Un film assolutamente non riuscito ma che in
un qualche modo rimane impresso forse perché per due ore non ci
viene detto nulla dei personaggi e sembra onirico nel riproporre
sempre le stesse mosse, gli stessi scenari e la stessa canzone di
sottofondo.
Citando prima alcuni registi, ho fatto
un paragone solo perché amandoli tutti e due, ho notato quanto
possano crearsi delle difficili e malcelate similitudini tra stili e
messe in scena. Un film dove non è il sesso a fare da protagonista
in alcune vicende, ma è messo in scena così bene e colpisce così a
fondo, da dare a Dumont e i due attori un premio speciale solo per
essersi prestati in modo molto disinvolto in una ricerca che non è
mai gratuita o spettacolare, ma al contrario, un linguaggio tra i due
protagonisti che emerge proprio con i corpi.
Sembra sempre
più impossibile vivere ai margini senza dover fare i conti con la
brutalità della società e i legami di coppia, quando hanno e vivono
di connotazioni artistiche.
Una fotografia poi quella di Georges
Lechaptois davvero in grado di esprimere dolcezza e amarezza, disagio
e sconcerto, con un deserto di fondo che cattura una ricerca di senso
e un amore per la libertà davvero suggestivo.
Dumont comunque dopo HORS SATAN, visto qualche mese fa, deve avere
di fatto un problema.
Ha paura o forse pensa che
gran parte dell’orrore provenga ora e sempre dalla natura, sempre
poco rassicurante.
29 palms non è piaciuto a praticamente
tutta la critica che lo ha distrutto forse perché non pensavano che
il regista di film totalmente diversi, scegliesse una strada simile,
definendolo più volte un allucinazione senza pathos.
Non si possono
proporre quasi due ore di vita insulsa dei protagonisti senza fornire
alcun addentellato narrativo è stata un’altra delle bastonate.
Secondo me invece c’è. Dumont è difficile, ostico, punta a
provocare proprio sottraendo parte della narrazione.