Titolo: Feast 3-The happy finish
Regia: John Gulager
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Siamo alle battute finali di Feast II:
Sloppy Seconds: i sopravvissuti vengono messi in salvo da un
misterioso individuo, Shot Bus Gus, che sembra conoscere il segreto
per tenere sotto controllo le letali creature. Li conduce attraverso
le fogne, grazie alla quali attraversano tutto il sottosuolo della
città. Lungo il tragitto, vengono aiutati dall'esperto karateka
Jean-Claude Seagal, e scoprono che le creature sono state create in
un misterioso luogo chiamato "The Hive". Forti di tutte le
loro scoperte, i sopravvissuti decidono di passare all'attacco, e
affrontare la resa dei conti una volta per tutte.
La saga di Feast ha regalato mostri,
frattaglie, budella sparse in ogni dove, un'impronta sempre splatter,
ironia nerissima, qualsiasi personaggio in vena di fare l'eroe morto
nel giro di pochissimo tempo, bambini mangiati, donne e uomini
violentati, sadismo, torture, combattimenti, tradimenti, gore,
disgusto comico e scene di nudo e di sesso.
La sufficienza è un voto dato alla
saga per intero, di cui forse la ripetizione senza mai aggiungere
quell'elemento in più di storia che poteva fare la differenza, ha
fatto sì che si creasse un'enorme spartiacque tra il primo capitolo
e i due successivi omologando gli ultimi e i caratteri peculiari
della narrazione a tratti addirittura noiosa come in questo caso.
Il primo era in un locale, il secondo
in una città mezza abbandonata, in questo per sfuggire ai mostri si
scende nelle fogne dove si incontreranno sette cannibali che cercano
di uccidere i protagonisti e che per qualche strana ragione non
sembrano interessare alle creature.
Feast 3 introduce una nutrita schiera
di eroi nuovi che muoiono molto male dal belloccio muscoloso iniziale
a cui la sopravvissuta spara per sbaglio in faccia, al profeta che
allontana le creature con il sibilo dell'apparecchio acustico, al
karateka a cui verranno amputate le braccia e ben altro.
Gulager sembra disinteressarsi alla
tecnica e alle inquadrature storpiandole, spesso con una fotografia
troppo cupa, esaspera ulteriormente i toni rendendo la trama
soporifera caratterizzata da un delirium trash a tratti banale e
inconsistente con tutto questo splatter incessante per cercare di
abbellire i toni e il ritmo senza riuscirci.
Alla fine escono dalle fogne ma un
robot gigantesco schiaccia il penultimo superstite e un messicano con
chitarra appresso suona le ultime note dolenti della trilogia.