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sabato 2 settembre 2023

Napoli Velata


Titolo: Napoli Velata
Regia: Ferzan Ozpetek
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Adriana, anatomopatologo a disagio coi vivi, incontra Andrea, un giovane uomo che la seduce e la ama una notte intera, appassionatamente. Adriana è travolta, finalmente viva. Al risveglio gli sorride e dice sì al primo appuntamento. Ma Andrea a quel rendez-vous romantico non si presenta. È l'inizio di un'indagine poliziesca ed esistenziale che condurrà Adriana nel ventre di Napoli e di un passato, dove cova un rimosso luttuoso.

Protagonista dichiarata del film, Giovanna Mezzogiorno deve vedersela con Napoli, che assurge in primo piano col suo potenziale esplosivo, la sua straordinaria energia linguistica, le sue contraddizioni interne.
Diciamo che Ozpetek nella sua politica d'autore ha una peculiarità, un tema che sembra ritornare sempre e su cui gravita attraverso diversi personaggi e incastrando storie con protagonisti diversi.
La conversione dell'autore che di fatto emerge grazie all'interazione tra chi perde qualcosa e un inaspettato incontro. Così è stato in quasi tutta la sua filmografia e così non poteva certo mancare qui dove Adriana perde Andrea per ritrovare il gemello Luca e tutto ciò che ne consegue. Scenografia e fotografia in grado ancora una volta di unire sacro e profano in una Napoli deliziosa, mistica, pagana e religiosa dove tutte queste forme spirituali e organizzatrici di senso sembrano riuscire a trovare un'armonia e un equilibrio e proprio di questi Ozpetek è sempre sinonimo di garanzia. Per la prima volta vediamo l'autore alle prese con un vero e proprio thriller che cerca di strizzare l'occhio al maestro inglese senza riuscirci ma senza nemmeno perdere le sue peculiarità grazie anche ad un cast che riesce a caratterizzare bene i protagonisti.


venerdì 11 agosto 2023

Matar a Dios


Titolo: Matar a Dios
Regia: Caye Casas, Albert Pintó
Anno: 2017
Paese: Spagna
Giudizio: 4/5

Una famiglia si prepara a festeggiare il Capodanno in una isolata casa in mezzo ai boschi quando alla loro porta si presenta un misterioso senzatetto. Si tratta di un nano che sostiene di essere Dio e minaccia di sterminare la razza umana all'alba, salvando solo due persone appartenenti alla famiglia. Da quel momento in poi il destino dell'umanità poggia sui quattro ingenui componenti del nucleo familiare, che vogliono tutti salvarsi.
 
Quando le idee non mancano e la settima arte dimostra di avere ancora freschezza e originalità.
La coppia di registi con un film low budget, prendono una casa, quattro attori e un nano che dice di essere Dio. Dramma, commedia, horror, comicità, splatter, thriller, echi di un'apocalisse che sta per imperversare e infine un sacrificio. Ci sono riusciti e alla grande giocando su un elemento abusato quanto in realtà sempre utile se usato con maestria e coraggio. Far crescere nello spettatore e negli stessi protagonisti il seme del dubbio con chi hanno davanti se un essere soprannaturale (Dio o anche Gesù come qualcuno prova a dire) oppure un semplice barbone che si infila nelle case per scroccare e scardinare l'ordine sociale. Tutto questo con un ritmo e dei dialoghi sempre sul pezzo e in grado di regalare un mix di emozioni. Sono questi assieme ad altri i pezzi forti di questa commedia grottesca davvero sensazionale nell'essere moderna, ben strutturata, anarchica ed eretica ma allo stesso tempo semplice e scoppiettante dove in mezzo a questa sfida lanciata dal presunto Dio ogni membro della casa è alle prese con un grattacapo da risolvere.

domenica 27 novembre 2022

Peaky Blinders-Season 4


Titolo: Peaky Blinders-Season 4
Regia: AA,VV
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Stagione: 4
Episodi: 6
Giudizio: 3/5

Don’t fuck with Peaky Blinders, o forse si. Si riparte proprio da quel gesto di Tommy, aprendo con un’intensa sequenza la stagione, che ci mostra i membri della famiglia Shelby con un cappio al collo, pronti per l’impiccagione, che puntualmente non avviene. Quella che ci sembrava la fine del mondo, infatti, è soltanto un altro dei piani di Tommy per riuscire a manipolare le alte sfere britanniche, dimostrando ancora una volta la sua aspirazione alla grandezza. Questo atteggiamento lo porta però all’isolamento più totale, con il solo piccolo Charlie, immerso completamente nel lavoro, senza un minimo di sosta. Il torto subito dagli altri membri della famiglia, ha delle conseguenze rilevanti, quasi tutti hanno chiuso i rapporti con Tommy, ad eccezione di sua sorella Ada e Michael che continuano a lavorare per l’azienda. Ma una nuova minaccia, riunirà ben presto la famiglia. La situazione di apparente calma, viene spezzata da una mano nera, simbolo della mafia italoamericana, recapitata a ciascun componente della famiglia. Entra così in gioco Luca Changretta, figlio del boss che in precedenza avevamo visto giustiziato da Arthur, e ora pronto ad ottenere la sua vendetta. Il primo a farne le spese è John Shelby, ucciso davanti la moglie e Michael che viene ferito. La morte del fratello, riunisce la famiglia Shelby, intenda a superare anche questa minaccia. Vediamo Polly fare un accordo con Changretta, che in realtà si rivelerà essere un’altra trappola organizzata da Tommy. Ma la svolta in quella che può essere considerata come una vera e propria guerra tra famiglie, è un colpo di genio di Tommy. Durante un incontro di pugilato, organizzato proprio da quest’ultimo, tra un suo pugile e un avversario proposto da Solomons (corrotto dagli italiani), nei bagni, vieni quasi ucciso Arthur. Tommy fa credere a tutti che il fratello sia davvero morto e quando Changretta, cattura i Peaky Blinders ecco che ritorna Arthur che spara un colpo in testa al boss italiano

La quarta stagione è tutta un revenge movie su come gli italiani vogliano attaccare direttamente la famiglia Shelby e su come dall'isolamento iniziale, Thomas decida di fare il passo lungo e passare direttamente alla politica. Sicuramente rispetto alla terza qui la scrittura sembra ancora più frettolosa con alcune scene decisamente girate troppo alla veloce facenndo in parte sgigurare lo stesso Changretta che sembra scimmiottare un gangster siciliano con lo stecchino e una parlata a volte quasi ridicola. Dalla divisione iniziale si cerca poi di restare uniti contro una minaccia troppo grande e un colpo di scena che decreta l'uscita di uno dei co protagonisti della serie.
Personaggi come Jessie Eden, Aberama Gold, la stessa Polly che sembra sull'orlo del baratro, il ruolo centrale femminile in particolare per Esme, Lizzie e Ada a cercare di contrastare quel machismo a fronte di una vera e propria ribellione femminile
La quarta stagione di Peaky Blinders a tutti gli effetti è forse la stagione in parte più storico/politica, perchè la politica in particolare negli incontri tra Churchill e Shelby ricoprirà un ruolo chiave soprattutto verso l'ultima stagione. Qui si svolge nel periodo storico delle rivolte operaie, quando il socialismo e il comunismo provavano a mettere in atto la rivoluzione contro il capitalismo e lo sfruttamento degli operai nelle fabbriche. Per questo anche i sindacalisti come poteva sembrare di facciata Freddie Thorne nella prima stagione rappresentano un pericolo in quanto agitatori delle folle.
Tommy cerca di trovare un accordo con lei per evitare che scoppino rivolte nella sua realtà, ma soprattutto per venire incontro agli operai sposando così la causa socialista, stringe un rapporto intimo con Jessie, con il fine di aiutarsi a vicenda, ma in realtà l’unico obiettivo di Tommy è quello di avanzare all’interno del partito comunista per avvantaggiare la sua posizione di potere e vendere al Segretario del Re alcuni nomi dei membri del partito comunista che vogliono una rivoluzione. Lo scambio riguarda un unico favore: avere il permesso di candidarsi al Parlamento di Birmingham South nel partito laburista. Nel finale di stagione vediamo Tommy vincere le elezioni divenendo così deputato.

sabato 18 giugno 2022

Sam was here


Titolo: Sam was here
Regia: Christophe Deroo
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Sam è un venditore porta a porta che viaggia attraverso il deserto della California in cerca di clienti, ma la zona sembra deserta. Nel frattempo sua moglie non risponda alle telefonate. E' come se tutti lo stessero evitando e il suo unico contatto con il mondo esterno è una stazione radio locale. Il conduttore, uno strano personaggio di nome Eddy, sta prendendo alcune telefonate che denunciano un assassino di bambini a piede libero, spingendo gli ascoltatori a dare la caccia all'uomo, senza esitare a ucciderlo. Ben presto, Sam realizza di essere considerato lui stesso il killer che tutti stanno cercando...
 
Sam was here è un film furbetto che riesce però nei suoi 100' a mettere insieme una bella atmosfera che per qualche strano motivo mi ha fatto venire in mente solo per qualche secondo uno dei miei cult di riferimento Wake in fright dove anche qui c'è una sorta di landa desolata che pur non essendo nelle outlands australiane si trova nel deserto americano tra case assemblate nel peggiore dei modi e camper lasciati a marcire al sole. Ed è qui che il nostro protagonista inizierà il suo calvario e la sua discesa all'inferno. Come diceva il buon Matheson in IO SONO LEGGENDA , il libro non quella schifezza di film moderno, la normalità è un concetto di maggioranza: la norma di molti è non quella di uno solo. Sam inizierà a delirare dopo la totale assenza di stimoli, di incontri, di umanità, ma presto scoprirà l'orrore di essere messo al patibolo come capro espiatorio e vittima sacrificale..il film gioca bene sul vero elemento ad effetto..sarà lui o non sarà lui il killer che tutti i redneck stanno cercando e a cui riserveranno un trattamento di riguardo sciogliendolo nell'acido?

giovedì 12 maggio 2022

Mal Nosso


Titolo: Mal Nosso
Regia: Samuel Galli
Anno: 2017
Paese: Brasile
Giudizio: 4/5

Arthur ha lo straordinario potere di poter comunicare con gli spiriti. Uno degli spettri con cui entra in contatto è il suo mentore, che gli dice come un demone abbia intenzione di distruggere l'anima di sua figlia. Arthur dovrà allora prendere misure drastiche per impedire il peggio, anche se ciò vorrà dire immergersi nel deep web e mettersi sulle tracce di un serial killer che sembra fare al caso suo.

Che ormai il Brasile per l'horror indipendente stia diventando una garanzia ultimamente lo dimostrano pellicole come Cannibal clubO lobos atras da porta e As boas maneiras. Qui siamo di fronte ad un film soprannaturale con varie diramazioni drammatiche per sfociare nel torture e in una critica al deep web. Flashback, piani temporali, sacrifici, il potere di poter comunicare con gli spiriti e infine gli esorcismi.
Galli firma un film decisamente ambizioso che si prende molto sul serio e riesce a rimanere impresso per le impennate di violenza davvero macabre e realistiche come dall'altro per la sua anima drammatica regalando un finale di forte impatto. Quasi esente da difetti il film è una commistione di generi, di registri narrativi, senza uscire mai dalla storia e creando un colpo di scena che nel terzo atto regala tutte le risposte che lo spettatore cerca. Se da un lato la storia di Arthur è molto interessante, dall'altra seguiamo il killer commissionato per la grande impresa che a sua volta si lascerà dietro un nugolo di vittime godendo della sofferenza e della tortura ai danni di essi.
Un'opera davvero originale che stravolge e reinterpreta alcuni topoi di generi giocando con alcuni stereotipi e sostituendo regole ormai basilari per scelte più coraggiose e mature.

domenica 27 marzo 2022

Snare


Titolo: Snare
Regia: C.A. Cooper
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Dopo aver sottratto le chiavi di uno stabile momentaneamente disabitato situato in un quartiere fantasma, le amiche Lizzy e Alice decidono, assieme al compagno di bagordi Carl, di vivere un weekend all’insegna degli eccessi, accorgendosi ben presto, tuttavia, che qualcosa di malefico aleggia all’interno dell’appartamento e dell’intero condominio in cui si ritrovano improvvisamente intrappolati, senza rifornimenti e senza possibilità di evadere, costretti a regredire a uno stadio animalesco per soddisfare i più elementari bisogni fisiologici.
 
Snare è un indie low budget inglese davvero meticoloso per la cura e il lavoro di Cooper in cabina di regia. Immette diverse etichette dell'horror dall'isolamento, la casa infestata, abusi legati al passato, paranoie e scontri e dinamiche interne al triangolo di attori con un massacro finale.
Poche stanze, una casa dove si rimane isolati, i rifornimenti che vengono sempre meno e da qui una regressione folle e selvaggia in grado di mettere in campo alcune scene davvero cruente.
Cooper proprio per non abbassare mai la guardia e rischiare di lasciare buchi che avrebbero abbassato la suspance, crea a livello intrapsichico nella protagonista incubi e paure legati ad un padre padrone che ne ha fatte di tutti a lei e alla madre. Se ci mettiamo la giovane coppia con Carl che sembra sempre al confine tra follia ed egocentrismo totale, l'opera non abbassa mai i ritmi, lascia ben sperare per la consapevolezza dell'autore e sottolinea ancora una volta che quando si hanno le idee, un buon cast e si sanno padroneggiare i mezzi, i risultati arrivano.
Nel terzo atto la regressione crea davvero dei siparietti mica male con un finale che arriva colpendo in pieno lo spettatore, forse leggermente telefonato ma di forte impatto.

venerdì 21 gennaio 2022

Come ti ammazzo il bodyguard


Titolo: Come ti ammazzo il bodyguard
Regia: Patrick Hughes
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Michael Bryce è una guardia del corpo impeccabile. Almeno fino a che un prestigioso cliente giapponese viene ucciso sotto i suoi occhi da un cecchino. Darius Kincaid è un sicario con una lunga scia di sangue alle spalle e un curioso codice morale. Solo quest'ultimo può testimoniare al tribunale dell'Aja contro Vladislav Dukhovich, ex presidente bielorusso e genocida, che ha sin qui eliminato tutti i potenziali testimoni. I due dovranno cooperare, non senza qualche problema di ego e di carattere.

Patrick Hughes me lo ricordavo per il suo esordio con Red Hill un film interessante e indipendente, un western sporco e atipico, prima che venisse risucchiato dalle major e passasse a girare da mestierante film commerciali. L'opera infatti assieme a Red Notice e simili appartiene a quel sottogenere dell'action molto fracassone e ingenuo, il quale cerca di mischiare luoghi comuni, clichè, personaggi sopra le righe ed estremamente stereotipati, ironia e tanti inseguimenti e sparatorie, con un budget esagerato garantendo macchine di lusso e quanto di più costoso si possa immaginare.
Per carità sono svariati i cinefili fan di questo tipo di cinema di totale intrattenimento senza creare mai colpi di scena, qualcosa di anche solo vagamente originale. Comincia a non essere un caso che quasi tutti questi film abbiano come protagonista Ryan Reynolds attore assolutamente insulso, qui assieme ad un cast importante per il pubblico, Dwayne Johnson e Gal Gadot, ma sottovalutato viste le derive dei personaggi, alcuni veramente insopportabili e di indubbio gusto con un'ironia davvero povera e banale dove mai niente sembra prendersi sul serio. Gary Oldman sprecato come non mai in una macchietta da cattivo davvero spregevole.

domenica 17 ottobre 2021

Tafanos


Titolo: Tafanos
Regia: Riccardo Paoletti
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

L'evasione di un serial killer e uno sciame di feroci tafani carnivori minacciano un rilassante weekend tra amici.
 
Tafanos è un curioso b movie indipendente italiano. Un horror eco vengeance low budget con diversi richiami al gruppetto di ragazzi da soli nella casa, ai vicini che preludono ad una minaccia incombente, ad un killer che alla fine serve solo come elemento aggiuntivo senza apportare nessun cambiamento e infine una mattanza finale abbastanza soddisfacente per quanto esuli dal prendersi mai sul serio. Infatti è forse questo l'elemento per cui il secondo lungometraggio di Paoletti non perde mai di tono e di ritmo con dialoghi sboccati, coppie di fatto, fattoni e il thc che serve come arma per tenere distanti i tafani assassini. Un'opera simpatica e goliardica che non aggiunge nulla di fatto e ha nella recitazione forse l'elemento più debole eppure diverte e si lascia vedere senza momenti morti ma con un ritmo che cerca sempre di aggiungere qualcosa.

martedì 27 aprile 2021

V.i.p


Titolo: V.i.p
Regia: Park Hoon-Jung
Anno: 2017
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 4/5

Kim Kwang II è un giovane rampollo proveniente dalla Corea del Nord, il padre è un noto comandante molto vicino al Supremo Leader che tradotto significa che lui ed il figlio sono intoccabili. il giovane è un sadico serial killer che miete indisturbato decine di vittime prima nel Nord poi a Sud, fino a spingersi nella capitale a Seul. I vertici sud-coreani sono a conoscenza dell'atroce verità ma nascondono il tutto poichè non si sono opposti al suo ingresso in Corea del Sud. Contemporaneamente anche la CIA, rappresentata dall'agente speciale Paul, protegge il giovane per precisi tornaconti. Solamente il sovrintendente Chae Yi-do e l'agente segreto del Nord Ri Dae Bum proveranno a fermare la furia omicida del giovane ma non sarà semplice.
 
Park Hoon-Jung è un altro di quegli outsider da tenere d'occhio in una Corea ormai ai massimi livelli qualitativi di cinema da anni in qualsivoglia genere. Daeho aka The Tiger: An Old Hunter's Tale e Witch-Part 1, nonchè sceneggiatore dell'immenso Saw the Devil erano già tutti ottimi esempi come a dimostrare che un film sulla caccia, un survival movie eco-vengeance e un film di giovani con i superpoteri e per finire un revenge movie originale riuscivano benissimo a rendere un'idea di cinema ben precisa a 360°.
Ora questo V.I.P potrebbe essere la summa del suo cinema nonostante il regista sia ancora molto giovane. Un poliziesco noir thriller con un ritmo furibondo, una storia complessa, stratificata e corale dove non sono esenti sbalzi temporali. Non sembra mancare proprio niente al film di Jung con una narrazione mai lineare, una messa in scena precisa che rasenta la perfezione, un contesto oscuro e un tasso di violenza incredibilmente alto (come dimostra la scena di tortura ai danni della povera ragazza all'inizio) una prova attoriale come ultimamente si vedono solo in Corea e poi una storia tormentata e dolorosa in grado di tirar fuori nello spettatore tutti gli stati emotivi possibili.
Un giovane rampollo che semplicemente essendo una sorta di intoccabile continua a mietere vittime sterminando ragazze e famiglie con una crudeltà eccessiva. In tutto questo la rincorsa dietro di lui di tutti gli organi della polizia e internazionali i quali sono costretti per ordini ben precisi a lasciar sempre libero Kim.
E poi non si può lasciare da parte una certa critica che investe tutti. Corea, Cina, Giappone, le lingue si intercambiano e i servizi segreti americani capitanati da un ottimo Peter Stormare sono l'ago della bilancia di una sudditanza che lascia basiti. Un film incredibile, un mix letale di procedure cinematografiche da studiare e assimilare per rendersi conto di quanto questo film sia avanti e si muova su tante diramazioni diverse senza perdere mai il controllo.


Blade Runner 2049 - Nowhere to run


Titolo: Blade Runner 2049 - Nowhere to run
Regia: Luke Scott
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La fuga del replicante Sapper Morton

Nowhere to run è il secondo cortometraggio dopo Blade Runner 2049 - 2036-Nexus Dawn in cui si dava spazio a Neander Wallace. Un replicante in fuga, passando dal procacciarsi il lavoro per sbarcare il lunario, continuare a credere in un futuro migliore consegnando un libro ad una ragazzina e incitandola a studiare e credere nell'umanità e infine difendere i più deboli in una rissa da manuale.
Bautista riprende il personaggio che conosceremo poi con il film successivo di Villeneuve, scostandosi dai soliti intenti dei replicanti, apparendo sì come un rivoluzionario ma in chiave pacifista.


domenica 18 aprile 2021

Blade Runner 2049 - 2036-Nexus Dawn


Titolo: Blade Runner 2049 - 2036-Nexus Dawn
Regia: Luke Scott
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Neander Wallace, il creatore dei nuovi androidi e leader dellla multinazionale che gli fabbrica alle prese con il tentativo di fronte alla commissione di avere l'appoggio per iniziare a produrre androidi in serie.

In una manciata di minuti con un cast di tutt'ordine, Scott continua nei suoi due corti realizzati al servizio di Villeneuve, per cercare di dare maggiori informazioni tra ciò che è successo dopo il film cult di Scott senior e quello recente di Villeneuve. Leto come sempre ci mette quel qualcosa in più nel dare enfasi e caratterizzare un burattinaio come il personaggio di Wallace, davvero controverso e malizioso, che sembra assurgere al ruolo di una sorta di divinità e procedere così facendo con la nuova linea di androidi. Un corto spaventoso dove la cavia di Wallace serve proprio per dare un segnale di svolta in un momento decisivo per la razza umana. Tutto nasce dunque dal cercare di nuovo credibilità con questi Nexus 9, i primi androidi costruiti dopo il divieto del 2023 contro i Nexus 8, colpevoli di un blackout globale che bloccò l’economia mondiale. Wallace rilevò la Tyrell Corporation nel 2028 e creò una nuova serie di meta umani più obbediente. Di fatto tutto il corto è impostato come un dialogo tra Wallace scortato dal suo Nexus 9 e la commissione che dovrà dare il permesso.


mercoledì 24 marzo 2021

Blade Runner - Black Out 2022


Titolo: Blade Runner - Black Out 2022
Regia: Shin'ichirō Watanabe
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Nel 2022 la Tyrell Corp. ha distribuito la nuova linea di replicanti Nexus 8, privi di limitazioni biologiche nella durata della vita, in sostituzione dei Nexus 6 ritirati dal mercato.
Il senso di rivalità nei confronti di una specie artificiale dotata di maggiore forza e capacità fisiche causa lo scoppio di una rivolta da parte degli umani contro i replicanti, che vengono perseguitati, rintracciati attraverso l’anagrafica delle registrazioni e sterminati.
In questo scenario caotico ed incerto si muovono Iggy, un replicante soldato fuggito dalla colonia oltremondo di Kalanthia, e Trixie, una replicante destinata a donare piacere nelle Doll House.
Iggy e Trixie, in combutta con altre cellule di replicanti, cercano di sovvertire l’ordine con un attentato terroristico su vasta scala mirato a cancellare qualsiasi informazione sulla registrazione dei replicanti e a restituire loro la libertà, in quanto per Iggy “essere in vita non significa vivere”.
I due scatenano così un imponente attacco elettromagnetico, provocando un disastroso black out energetico su Los Angeles.

Blade Runner: Black Out 2022 è un cortometraggio animato giapponese del 2017, diretto da Shin'ichirō Watanabe e prodotto da CygamesPictures. All'inizio vediamo Villeneuve congratularsi con Watanabe stimando molto i suoi lavori e dando il suo pieno consenso per questi 15' di massima resa dell'immagine.
Uno stile unico e visionario in un lavoro che ancora una volta vede gli orientali come stilisti d'avanguardia. Pur non puntando su una storia incredibile, sfrutta bene i topoi di genere confezionando una sorta di ribellione dei replicanti che assurgono ad essere una razza da estinguere vista male dagli umani e presi di mira con pogrom che non insegnano nulla sulle nefandezze riconducibili al passato. Così una coppia di replicanti con la R maiuscola penseranno ad una resa dei conti attaccando proprio la multinazionale responsabile del genocidio.
Dal regista di COWBOY BEBOP non si potevano avere smentite, tutto appare realizzato in maniera minimale, calibrando ogni aspetto dall'atmosfera, ai dialoghi, all'azione e alla caratterizzazione dei personaggi. Una costola di uno dei film capolavoro della sci-fi che assieme ai due corti realizzati dal figlio di Ridley Scott merita di continuare un discorso che apre sempre più orizzonti e scenari di quel futuro certo distante ma non così distopico.


domenica 11 ottobre 2020

Savage Dog


Titolo: Savage Dog
Regia: Jesse V.Johnson
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Nell'Indocina dl 1959 controllata dai vietnamiti e dai criminali di guerra europei, il campo di lavoro Den-Dhin-Chan è gestito da quattro uomini molto pericolosi. Qui l’ex campione di box Martin Tilman si è fatto un nome combattendo i tornei su cui scommettono i ricchi criminali. Quando per lui arriva il momento di tornare a casa, i corrotti criminali faranno tutto il possibile per farlo rimanere in prigione.

Una volta pensavo di essere caduto nel baratro guardando tutti i film con Jason Statham che a parte qualche eccezione erano poi tutti la stessa cosa. Ora Scott Adkins è forse uno dei mali peggiori in cui è riuscito a salvarsi soltanto in rarissime eccezioni quando faceva il figurante o l'antagonista in film in cui non era lui assolutamente il protagonista. Questa peculiarità infatti non si addice al mascellone che sbaglia ogni espressione senza risultare mai credibile o provando perlomeno a sforzarsi.
Savage Dog è uno dei b-movie action più imbarazzanti degli ultimi anni.
Diretto da tal Jesse V.Johnson che non è in grado di saper piazzare la mdp, con inquadrature sbilenche, un ritmo esagitato, un montaggio sconclusionato e molto altro ancora. Tra l'altro il regista sembra omologato al genere fasullo dove non gli è bastata questa ciofeca decidendo di siglare ancora le gesta del presunto attore. Ridateci Van Damme anche nei film peggiori, quest'opera a parte la connotazione storica che non si riesce a capire dove voglia inserirsi, diventando una sorta di riscatto in cui lo yankee salva i musi gialli per una sorta di fate bene fratelli.

sabato 8 agosto 2020

Mutafukaz


Titolo: Mutafukaz
Regia: Guillaume Renard, Shoujirou Nishimi
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Angelino è solo uno dei migliaia di fannulloni che vivono in Dark Meat City. Ma un irrilevante incidente in motorino causato da una bellissima e misteriosa straniera sta per trasformare la sua vita... in un incubo a occhi aperti! Comincia a vedere delle forme mostruose che si aggirano intorno a tutta la città... Angelino sta perdendo la testa, o si tratta di un'invasione aliena?

Mi stavo chiedendo cosa poteva succedere a mischiare il fumetto e il talento di un ispiratissimo autore francese con la chimica e l'estro di un maestro nipponico. Il risultato è un lungometraggio d'animazione folle, iperattivo, coinvolgente, violentemente ipercinetico e con un ritmo, un'azione, un'atmosfera efficace quanto grottesca e allo stesso tempo spassosa.
E' un turbine che non accenna mai a fermarsi, con un impatto travolgente e dinamico, un caleidoscopio di colori, formule, stili, tecniche, invenzioni per una distopia urbana che attinge dai videogiochi quanto dal cinema (uno su tutti il boss Carpenter).
La megalopoli di Dark Meat City è una scoperta continua con tanti clan e zone diverse in cui spacciatori controllano il territorio, il governo è tra i più crudeli mai visti, vivono assieme razze e forme di vita umane e meta umane e dove c'è la classica seppur funzionale divisione tagliata con l'accetta tra bene e male, umani e alieni conquistatori che come i VISITORS si sono ormai omologati nella nostra società ma che le doti risvegliate del meta umano Lino vedranno come ombre che rimandano a creature tentacolari decisamente non di questa Terra.
Sangue, inseguimenti, combattimenti, sparatorie, fughe, vendette, traboccanti invenzioni visive dove compare addirittura un manipolo di "super eroi" mascherati che da secoli difendono la Terra dai costanti pericoli in corso (addirittura i nazisti).
Mutafukaz è fresco, sperimentale, con una metropoli allo sbando dove i migliori amici possono diventare degli scarafaggi, dove fanciulle di rara bellezza fanno letteralmente perdere la testa, dove mano a mano che il film procede diventa sempre più folle e ambizioso e dove l'accompagnamento sonoro tra hip-hop e dubstep crea una soundtrack da urlo.




mercoledì 1 luglio 2020

Dead Ant


Titolo: Dead Ant
Regia: Ron Carlson
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Una rock band oramai sulla via del tramonto vuole tentare un ritorno sulle scene grazie al Coachella, il festival che si svolge nel deserto californiano. A bordo del loro furgone, in compagnia del loro corrotto manager, i musicisti deviano per recuperare droghe e provare nuove sensazioni Ben presto, l'arrivo della notte e la loro mancanza di rispetto per la natura li renderà il bersaglio perfetto per delle gigantesche ed affamate formiche.

Dead Ant è un b-movie su insetti giganti quindi depone fin da subito le armi per diventare una trashata comica e demenziale. Con un intro in cui una ragazza piano piano si spoglia prima di essere divorata da una formica gigante (la scena migliore del film), il resto è una galleria di luoghi comuni, prove iniziatiche sulle sostanze, confessioni, amori ritrovati, quell'impossibilità a sentirsi adulti appieno e la voglia di continuare a combinare cazzate e inseguire un successo che semplicemente non è mai arrivato.
Il film ci mette davvero molto tempo a partire con alcuni dialoghi interminabili e noiosi senza appassionare mai, la deliranza di un manager che organizza un pit-stop notturno a base di peyote, affinché i musicisti ritrovino l’ispirazione per scrivere un nuovo pezzo che spacchi, ovviamente senza riuscirci.
I nativi americani post-contemporanei e globalizzati che si fanno pagare con la carta di credito e contestualmente lanciano un monito: durante l’assunzione del funghetto non dovranno molestare o uccidere nemmeno una piccola mosca, altrimenti la natura si vendicherà.
Purtroppo le risate sono il fattore più anomalo del film dal momento che suscitano ilarità solo in qualche patetico deficiente.


lunedì 23 marzo 2020

A taxi driver


Titolo: A taxi driver
Regia: Hun Jang
Anno: 2017
Paese: Corea del sud
Giudizio: 4/5

Corea del Sud, 1980. Un cronista occidentale e il tassista che lo accompagna arrivano a Gwangju: qui è in corso una rivolta contro il governo guidata dagli studenti. A spingerli è il bisogno di libertà. Un momento epocale, a cui i due guardano con occhi diversi…

Ogni paese ha i suoi scheletri nell’armadio. Quando si parla di regime, i fantasmi diventano molteplici.
Jang è solito preferire temi di guerra, complotti, trame mai scontate e portatrici di contesti storici complessi che spesso si sceglie di non far vedere. La strage o meglio la repressione di Gwangju è stata trattata nel cinema in diverse opere ma A taxi driver sceglie un percorso pieno di ostacoli e si prende il coraggio e il rischio di strutturare l’arco narrativo dividendolo in parti nette. Dramedy, comicità, tragedia, commedia, dramma puro, azione, indagine, Jang mescola tutto con spensieratezza come lo sguardo di Kim e le gag di una commedia road movie che predilige soprattutto nel primo atto le differenze culturali con simpatici dialoghi che condiscono le incomprensioni linguistiche soprattutto le “minacce” di Kim nei confronti di Jurgen. Tutti ingredienti che riescono a trovare un connubio che seppur con qualche buca qua e là non appassisce mai e non appare mai scontato preferendo seguire Kim Man-seob in tutti i suoi cambiamenti, riuscendo nel compito più difficile ovvero caratterizzare un uomo comune e trasformarlo a seconda di come cambiano gli eventi sotto i suoi occhi portandolo a fare doverose riflessioni.
In questo il giornalista tedesco Jurgen ‘Peter’ Hinzpeter appare come una sorta di Virgilio che lo conduce negli abissi dell’inferno, nelle strade dove muoiono i manifestanti e l’esercito usa tutta la violenza possibile per fare una strage senza mezzi termini. A taxi driver devia le sue coordinate da facilonerie o manierismi, evitando i sensazionalismi e cercando di rimanere più umano possibile contando che si passa veramente negli atti da un registro all’altro. Formidabili le interpretazioni e veramente azzeccate le scene dove i protagonisti vengono accolti da famiglie comuni che sanno che l’apocalisse è alle porte ma scelgono di difendere, mettendo a repentaglio la loro libertà, quel bisogno di denunciare e far luce su un episodio così carico di inusitata violenza.

sabato 14 marzo 2020

Bad day for the cut


Titolo: Bad day for the cut
Regia: Brendan Mullin
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Donal, un contadino di mezza età, vive una vita semplice a casa con la madre. Quando questa viene uccisa, Donal va a Belfast in cerca di risposte e di vendetta, ma trova un mondo violento e un segreto sulla sua famiglia

I revenge-movie si sa sembrano aver detto tutto soprattutto quando gli si analizza in chiave action. Quando invece il dramma, i colpi di scena, i segreti famigliari, vengono esplosi in tutta la loro virulenza possiamo aspettarci storie che se non del tutto originali, riescono ad essere maledettamente interessanti.
Il film di Mullin ci porta a Belfast mostrandocela come un luogo a prima occhiata tranquillo dove ormai l’Ira a lasciato perdere non esistendo più se non in una sub-cultura criminale di poco conto, ma traffici di esseri umani vengono portati alla luce senza nemmeno il bisogno di nasconderli più di tanto.
Il concetto è la vendetta spietata di un contadino che abbraccia un fucile, cambia il colore del suo camper e si lancia in una spirale di violenza senza battere ciglio come se aspettasse solo quel momento per uscire da una quotidianità fatta di dialoghi con la mamma e bevute al pub parlando con la barista.
Donal impersonifica il buon uomo con pancetta e barba e una certa età chiamato a sacrificarsi per un dovere che non può lasciare incompiuto. Un apologo morale che nell’ultimo atto diventa cupissimo e tristissimo per le scelte che protagonisti e antagonisti dovranno sostenere. Il colpo di scena è intuibile già nel secondo atto, ma lo sforzo degli attori rende tutto l’impianto più credibile e sincero con un’empatia che tocca tutti i personaggi anche la cattivissima Frankie Pierce, la vera sorpresa del film abile nel far capire alla figlia quanto è importante finire i compiti e comportarsi bene in uno strano paradiso artificiale per poi spaccare teste e giustiziare come se fosse l’angelo della morte scesa in terra.
Condito con un black humor accattivante, prendendosi sul serio ma mai troppo, cedendo ad alcune buche nella sceneggiatura ma riprendendosi sempre in fretta, il film di Mullin è british fino alla radice. Un impianto dove fondamentalmente Donal senza rendersene conto apre porte sempre più pericolose, si trova a dover fare coppia con personaggi umili e che non riescono a portare a termine i loro compiti (la coppia di fratelli polacchi). Un film a cui ho voluto molto bene perché ha saputo creare ancora una volta una complessa analisi dei personaggi anche quelli secondari e con un finale triste quando spietato.


domenica 8 marzo 2020

Les Garcons sauvages


Titolo: Les Garcons sauvages
Regia: Bertrand Mandico
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Un gruppo di ragazzi commette un orribile crimine. Un capitano si prende carico di loro ma il rapporto diventa sempre più difficile.

«Volevo provare a fare un film marittimo, con scene di tempesta, scene ambientate in una giungla con dei ragazzi. Scene difficili da filmare nell’ambito di un cinema d’autore che non è troppo fortunato, perché a basso budget. È il tipo di riprese che si può trovare nella grande produzione americana. Ma mi piaceva molto l’idea di riuscire a farcela.»
Les garcon sauvages è un film estremo per stomaci forti e per chi è avvezzo al cinema di genere, l’exploitation, il queer portato all’estremo. Una fiaba provocatoria e costipata di simbolismi fallici.
Un film gigantesco che al tempo stesso produce sentimenti ed emozioni contrastanti, con questi ragazzi alle prese con un mondo sconosciuto in cui la Natura comincia a trasformarli letteralmente in altro, nei loro opposti sciogliendo ogni tabù e travolgendoli tra amori allucinati e prove iniziatiche.
Un film perverso, volgare, romantico, che trova un suo registro specifico, una politica d’autore che verrà condannata per l’estrema libertà e provocazione di cui il film è costellato in ogni suo frame.
Un film fuori dal tempo, magico ed erotico come non capitava da tempo di vedere sullo stesso asse due elementi di questo tipo. Un film mutaforma che mi è rimasto così impresso forse perché innovativo, sperimentale ed estraneo a schemi e tendenze di tanto cinema indipendente con cui faccio i conti quotidianamente. L’opera di Mandico che dopo svariati cortometraggi presentati ai più prestigiosi festival internazionali, esplode come un vaso di Pandora tra suggestioni, scene ipnotiche e oniriche, diventando un sogno surrealista, una prova difficile da inquadrare e comprendere del tutto dopo una sola visione.
Un film che sembra un trip andato a male che genera turbolente allucinazioni visive e sensoriali, difficilissimo da catalogare per tutti i registri e i generi utilizzati soprattutto per questo immaginario sfrenato che coglie e cita così tanti universi letterari e cinematografici che bisognerebbe studiarlo a fondo per elencarli tutti.

venerdì 10 gennaio 2020

Heretics


Titolo: Heretics
Regia: Chad Archibald
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Una ragazza viene rapita da un uomo sconosciuto che sostiene di volerla proteggere, fino all’alba, da una pericolosa setta che le sta dando la caccia. Durante le ore con il suo rapitore però la giovane si ammala gravemente. Solo il trascorrere del tempo rivelerà la vera origine della sua malattia il cui ultimo stadio non è la morte ma la mutazione.

Con tutto il bene che voglio ad Archibald, alla sua coraggiosa filmografia, al suo amore per l'indie horror e al suo sodalizio con la Black Fawn Films, ho trovato il suo ultimo film una sorta di ripetizione su tante trame che vedono protagoniste sette sataniche o neo-pagane o come vogliono chiamarsi che hanno l'obbiettivo di far resuscitare un demone o il diavolo stesso (cambiano spesso i nomi ma la sostanza è la stessa in questo caso Abaddon). Di fatto deve esserci una predestinata che ha sogni e allucinazioni che non riesce a capire, un mentore che rapendola deve spiegarle qual'è lo scopo della sua vita e cosa vogliono da lei quelli della setta, per finire una persona a lei cara che in realtà rema contro.
I luoghi comuni per dirla tutta, sono gli elementi dominanti di una storia che a parte il climax finale è pienamente prevedibile sotto ogni punto di vista. Archibald e soci sono coraggiosi nello sfruttare alcuni personaggi, al di là della caratterizzazione, in modo molto funzionale come la ragazza di Gloria, Joan, che per arrivare al suo scopo uccide chiunque le si ponga davanti senza la benchè minima esitazione (poliziotti, la mamma della protagonista). Il problema grosso del film al di là di alcune scene d'effetto, ma che parlando di folk-horror è impossibile non annettere, è il vuoto cosmico che dalla seconda metà del secondo atto la sceneggiatura diventa veramente una sequela di luoghi comuni tutti indirizzati al rituale finale e alla scena della mattanza. Un body horror sulla possessione, un thriller esoterico, una lenta trasformazione verso il male assoluto con qualche ingenuità di troppo. Sembra esserci stata molta fretta per la pre-produzione del film e gli esiti sono dietro l'angolo senza nascondere qualche scena che si ripete dando quel senso di noia durante la visione.



lunedì 30 dicembre 2019

Chien


Titolo: Chien
Regia: Samuel Benchetrit
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Jacques Blanchot ha una moglie che lo allontana da casa perché soffre di un'allergia fisica nei suoi confronti. Il figlio è scarsamente interessato a lui e il lavoro, in un negozio dove tutto è in svendita, non gli dà molte soddisfazioni. Avendo deciso di acquistare un cane si iscrive a un corso di addestramento. Finirà con l'essere addestrato.

Accettare di essere dominati da qualcuno, fare in modo di essere prevaricati dall'altro.
La dominazione di un altro essere umano e allo stesso tempo l'incapacità di Jacques di non essere dominato dagli altri. Una piccola commedia grottesca, una parabola nera su come si possa involontariamente danneggiare i nostri affetti, quelli che più ci stanno vicino, arrivando a creare un'allergia stando solo a contatto con la moglie, come l'incipit ci fa subito capire quali potranno essere gli intenti tragici del film.
Una moglie bellissima e un protagonista che sembra abbastanza squallido, viscido è connotato da una tristezza e malinconia come se fosse un giovane adulto alle prese con lo strano senso di pusillanimità visto dagli altri.
Chien solo apparentemente potrebbe sembrare un film semplice quando in realtà è molto complesso e stratificato. Controllo e sottomissione, tutto il film vive di contrasti forti, dall'apparente innocenza di Jacques fino alle esplosioni di violenza bestiale.
Persone improvvisate (addestratori di cani) che vogliono controllare le masse, la trasformazione da uomo a bestia, l'essere costretti a vivere derisi da tutti, il nichilismo di vedere la società come uno strumento in grado di spremerti fino alle ossa e approfittare della tua ingenuità. Infine l'accettazione di un omologazione che ti porta a indossare il collare tutti i giorni andando a lavoro, mandando avanti un sistema di leggi che ci mette sempre a quattro zampe, che ci vuole tutti scodinzolanti felici nonostante continuiamo a fingere che non sia così.
Il regista sceglie poi dei meccanismi che portano dalle risate assicurate fino a momenti di pura bestialità, sottomissione, tortura dove si rimane reclusi nella gabbia, si indossa il collare, ci si prende una scossa di Tazer per punizione e si finisce a mangiare crocchette.
Il film riesce ad essere paradossale dall'inizio alla fine, una favola nera di umorismo cupissimo e spesso provocatorio finendo per essere volutamente fastidioso e insopportabile.