Titolo: In the earth
Regia: Ben Weathley
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5
Mentre il mondo cerca una cura per un
virus disastroso, uno scienziato e uno scout del parco si avventurano
nel profondo della foresta per ritrovare dei colleghi scomparsi
Ben Weathley è uno dei miei registi
post-contemporanei preferiti da sempre.
Uno dei pochi inglesi ad aver con
originalità e talento dato risalto al folk horror britannico con
tanto di paganesimo, rituali, sette e molto altro ancora, anche se
quasi tutte queste caratteristiche risiedono nel suo cult
Kill List mentre vengono annusate in
A Field In England e a suo modo in veste
più da crime-movie ma con alcune incursioni in
Down Terrace.
Al momento Weathley viene richiesto
addirittura dalle major per il suo enorme talento e lo humor nero che
contraddistingue i suoi film. Dopo produzioni enormi come
High-Rise per la serie provo sfide che tutti considerano impossibili o remake
fatti solo per far cassa come
Rebecca, l'autore può con i proventi
auto finanziarsi i suoi film preferiti con una produzione low cost e
poche ma eccellenti location e un manipolo di attori funzionali.
In the earth è qualcosa di grottesco e
assurdo, uno scifi, un eco vengeance, un horror rurale, un survival
movie, un dramma sociale, un film sulle distanze e forse molto altro
ancora..
Un film suggestivo quanto enormemente
complesso scritto dallo stesso regista durante la pandemia dove la
fantascienza diventa materiale da scoprire in una metafora sociale in
un film peraltro difficile con più sentieri e sotto trame e intenti
non sempre così chiari.
In the earth parla di funghi che
sembrano ridare vita alla fauna, parla di una meglio non precisata
entità folkloristica Parnag Fegg che risiede nel bosco (una specie
di Pan) e una strana comunicazione tra natura e uomo che passa sotto
diverse stratificazioni e livelli arrivando a far impazzire i due
scienziati nascosti nella struttura governativa dentro al cuore del
bosco.
La materia è complessa e spesso
Weathley incrocia i flussi tra mito e scienza ponendo tante domande e
come spesso osa fare regalando poche risposte e dando tanti finali
aperti.
I suoi tocchi magici e gli elementi di
riconoscimento anche qui non mancano dalle suggestioni, al voler
dare un nome a qualcosa quando non è possibile, ai trip collettivi,
alle scene di inusitata violenza che dopo il martello iniziale, qui
ci regala ferite sotto i piedi, accette e scene splatter come funghi
sotto la pelle che sembra debbano portare una sorta di mutazione o
malattia o altro ancora.
Un film extrasensoriale perchè
soprattutto nel terzo atto quando ormai viviamo al fianco della
dottoressa Wendle, tutto sembra ovattato, la natura stessa ingloba e
intrappola i protagonisti facendoli impazzire e creando degli
intrecci narrativi mica da ridere.
Usando e dando voce alle fobie
collettive di tutti i diversissimi personaggi e delle loro apparenti
fragilità e complessità Weathley ancora una volta ricalca e cerca
di approfondire una tematica ambiziosa e poco trattata da scienza,
religione, mito e tecnologia ovvero cercare di capire il segreto di
ciò che umano non è, di qualcosa di indefinito e forse alieno, di
qualcosa che la natura rivendica e non vuole concedere all'uomo.