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domenica 29 settembre 2019

Antiporno

Titolo: Antiporno
Regia: Sion Sono
Anno: 2016
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Kyoko è un'artista eccentrica che mette la sessualità al centro delle sue opere e maltratta i propri assistenti. Ma forse Kyoko è solo il personaggio di un film e l'attrice che la interpreta ne è l'esatto opposto, timida e complessata per una serie di traumi adolescenziali. O forse ancora...

Sion Sono è da sempre un regista fuori dalle righe ritagliandosi una certa nomea nel cinema di genere e non solo. Antiporno arriva ancora una volta in maniera inaspettata, stravolgendo le regole e dimostrando ancora una volta come l'outsider nipponico sappia gestire temi e forme inusuali di idee e di messa in scena. Il film fa parte di una serie di opere commissionate ad alcuni registi con il fine di omaggiare il pinku eiga, quel tipo di pellicola con all'interno scene erotiche di qualsiasi tipo, una sorta di manifestazione anarchica di un paese che fino agli anni '70 era costretto a censurare e reprimere ad ogni costo la sfera sessuale.
Kyoko così diventa promotrice di se stessa, del suo corpo, del suo fascino, della sua sessualità sfoggiandola e facendone perno per creare il suo personaggio, un attrice porno molto famosa con tanti fantasmi nell'armadio.
Attorno a lei prendono vita fotografe affascinate dalla sua carica eversiva, in una satira di fatto costruita tutta all'interno di una stanza, in un'unica location, che Siono sfrutta cospargendola di colori, quadri e immagini e dando molto risalto alla fotografia.
Proprio in alcuni personaggi, ma di fatto è sempre la protagonista il culmine della metafora e della critica alle istituzioni, come ad esempio l'assistente/serva Noriko, vediamo quella classe dominata e costretta a subire la crudeltà e il sadismo della sua padrona senza mai provare a ribellarsi ma accettando passivamente torture e prove iniziatiche.
Antiporno ha tanti dialoghi, molta improvvisazione, divertenti scenette e quadri che capovolgono sempre il ritmo e il tono della pellicola, a tratti soffocata e limitata da una pluralità di fattori che vogliono trovare un'alchimia alle volte forzata come la perversione ai danni della stessa Noriko.
Il film rimane un grido di liberazione di chi come Kyoko sceglie di vendicarsi dei propri traumi attraverso quella stessa liberazione del corpo che sembrava intrappolarla, diventando l'ennesimo messaggio di difesa di una femminilità che non riesce a trovare un posto nella società.