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sabato 9 gennaio 2016

Keeper

Titolo: Keeper
Regia: Guillaume Senez
Anno: 2015
Paese: Belgio
Festival: TFF 33°
Giudizio: 4/5

Maxime è un adolescente di quindici anni, figlio di genitori separati conduce una vita simile a quella dei suoi coetanei ed è innamorato di Mélanie. La gravidanza della ragazza complicherà il rapporto tra i due, ma il modo in cui Senez si avvicina al loro cambiamento segue il movimento della scoperta senza ricorrere alle forzature di un racconto che deve spiegarci ogni snodo.

Keeper è un portiere ma anche colui che sa custodire.
Il film vincitore del 33°TFF è un'opera intensa, potente, con una tema abusato ma attuale, capace come sempre di dimostrare come basti avere i numeri e saper descrivere in modo approfondito un concetto per confezionare un'opera realistica e drammatica.
Speranze e illusioni sembrano le frasi di fondo che emergono dalla differenza tra sogno e realtà dei due protagonisti. Illusioni in una società in cui i calciatori e i portieri godono di fama mondiale e il grande sogno sembra apparentemente alla portata di tutti per dare una vita adagiata e senza nesusn tipo di problema.
Ma la realtà è un'altra e allora Maxime, complice una famiglia sensibile che accoglie e si interessa ai problemi dei figli, cerca di trovare un'ancora di salvezza ad un disagio che sembra colpire in particolar modo Melanie e una madre che come lei ha commesso gli stessi "errori".
Poprio quegli errori e i dubbi impediscono purtroppo di tener fede ai propri intenti, soprattutto il lavaggio del cervello della madre di Melanie alla figlia, diventando ad un certo punto molto frustrante.
Keeper è privo di morale e non cerca minimamente di darne una, smarcandosi continuamente e intessendo tutta una serie di dubbi e scelte morali che appartengono al pubblico come ai genitori e gli stessi protagonisti.
Un film molto autoriale con un reparto tecnico e alcune inquadrature che sembrano quel cinema veritè dei fratelli Dardenne e di tutto un neorealismo belga moderno e mai stucchevole che non cerca mai di stupire ma in grado invece di regalare uno spaccato di realtà intenso.
Keeper abbandona la retorica della finzione e del linguaggio fasullo per diventare uno spaccato del presente e di come realmente non esistono happy-ending forzati ma anzi una spinta verso quell'insicurezza e paura, da entrambe le parti, che alle volte porta alla scelta più dolorosa ma necessaria.