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domenica 23 gennaio 2022

Goodbye 20th Century


Titolo: Goodbye 20th Century
Regia: Darko Mitrevski, Aleksandar Popovski
Anno: 1998
Paese: Macedonia
Giudizio: 4/5

Arrivederci, 20 ° secolo! si aprirà nel 2019, dove la guerra ha lasciato il mondo sterile e devastato. Kuzman è stato condannato a morte per blasfemia (il superstizioso del suo popolo crede che le sue esplosioni verbali possano aver portato una malattia alla comunità), ma in qualche modo sopravvive alla sua esecuzione e ha una serie di strane avventure e scappatelle sessuali. Nel frattempo, nel 1999, la gente celebra il capodanno come un gentiluomo abbattuto in abito di Babbo Natale che partecipa a un funerale che degenera in violenza.
 
Film macedoni ne abbiamo? Il duo di registi crea un'opera complessa e ambiziosa.
Un film storico-politico, socio-culturale, socio-economico, una esegesi matura e al contempo folle ed esplosiva in grado di incrinare e di rinarrare le sorti di un paese ad opera di un Cristo interpretato dal sosia macedone di Jude Law. Un film stratificato, una galleria di momenti e di metafore e allegorie della società. Dal consumismo, alla famiglia, alla religione come portatore di un valore specifico mantenendo sempre un certo clima grottesco, un'atmosfera ironica ma anche drammatica e violenta. Maturo quanto fracassone, ingenuo quanto complesso. E' un film che sembra voglia essere un manifesto politico con toni alla Monty Pyhton che incontrano Kusturica ma con un voler ritrasformare alcune figure iconiche come appunto questa sorta di Cristo/Kuzman immortale, un Babbo Natale ormai messo in sordina, un Profeta deriso dalla massa e una brutta copia del Joker. Tutti personaggi emblematici ma spogliati della loro spettacolarità per renderli più che mai umani e soprattutto soli, costretti a vagare senza una metà vera e propria trovandosi in situazioni quanto mai assurde come tutto il teatrino legato al funerale.
Bizzarro e brillante, un film per pochi di chi sa apprezzare il cinema d'autore e un certo tipo di umorismo e slapstick. Un film che dalla sua cerca di essere simbolico come può, riuscendoci in diverse scene molto significative.

martedì 12 gennaio 2021

Nightwatch-Il guardiano di notte


Titolo: Nightwatch-Il guardiano di notte
Regia: Ole Bornedal
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Per mantenersi agli studi, Martin Bells fa il guardiano notturno all'obitorio. Diventa il bersaglio di un assassino periodico di prostitute che ha l'abitudine di cavare gli occhi alle sue vittime: il maniaco prima cerca di incastrarlo come autore degli omicidi, poi tenta di ammazzarlo con la sua ragazza e il suo amico.

Pur essendo un remake uguale all'originale film danese, Nightwatch cerca come può di creare suspance e brividi con una location sempre interessante, cercando in modo derivativo e con troppa enfasi di scopiazzare Hitchcock, sfoderando un buon cast dove Brolin e Nolte danno il meglio a differenza di un McGregor troppo stralunato nel mondo dei sogni.
Si parte bene, i colpi di scena a parte quello dell'identikit dell'assassino sono funzionali e le morti seppur centellinate servono a creare il climax finale che dalla sua cerca di essere piuttosto violenta (l'amputazione del pollice ad esempio). Se la caratterizzazione dei personaggi fosse stata meno scontata, dove una delle parti più interessanti del film non è nemmeno all'interno dell'obitorio ma nello scambio d'identità per i giochi con la prostituta, la regia di Bornedal cerca come può di siglare un accordo commerciale un pò come succedeva per quel capolavoro di Funny Games(2007) girato dal maestro indiscusso Haneke prima in Austria e poi identico per il mercato statunitense.

giovedì 17 dicembre 2020

Pioggia infernale


Titolo: Pioggia infernale
Regia: Mikael Salomon
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La cittadina di Huntinberg, Indiana, è investita dalla più preoccupante bassa pressione della storia dell'umanità. Il fiume Ohio rischia di straripare e la popolazione civile viene evacuata. Bande di sciacalli si avventano sulle proprietà rimaste incustodite e Tom, alla guida di un blindato che trasporta tre milioni di dollari viene intercettato da una banda di fuorilegge capitanata da un tale Jim, noto farabutto locale. Jim e compagni scaricheranno sul malcapitato un'apocalisse di fuoco, mentre l'autista riuscirà a fuggire con il malloppo.

Pioggia infernale è un poliziesco con alcune inserzioni da disaster-movie e se vogliamo un thriller che di colpi di scena però ne azzecca ben pochi soprattutto da quando il film diventa un parco acquatico. Il villain che unisce le forze con il protagonista, un sodalizio già visto ma funzionale nel far emergere una certa corruzione che dilaga e serpeggia ovunque anche in piccole cittadine dove sembra che lo sceriffo ci metta l'anima per salvare i pochi rimasti. Anche in questo caso l'impianto di semina, il primo atto, rimane la parte migliore, alcuni personaggi sono scarsamente caratterizzati come Karen rispetto invece allo sceriffo. Come dicevo da quando gli argini crollano, parte del film diventa una rincorsa tra motoscafi e acquascooter prendendo il sopravvento e lasciando la pioggia la vera protagonista a differenza di una resa dei conti pasticciata e senza preferire mai qualche bel colpo di scena.

mercoledì 1 luglio 2020

Beowulf


Titolo: Beowulf
Regia: Graham Baker
Anno: 1998
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

La Bestia uccide chiunque trovi. Il difensore della Rocca è in difficoltà fino a quando non giunge il misterioso Beowulf (figlio di un'umana e del Dio delle tenebre e della menzogna) che decide di affrontare l'entita' che sta' uccidendo tutti gli abitanti della zona

Duole vedere trattato così male un personaggio epico così interessante che si muoveva in un'ambientazione composta da creature sovrannaturali e scontri tra titani.
Il film di Baker è una porcheria cosmica, dove l'azione è lenta, i combattimenti ridicoli, la performance di Lambert imbarazzante, il mostro fatto con una c.g disturbante (nel senso che si vede male per tutta la sua durata) e pacchiana e per finire i personaggi didascalici e senza nessun guizzo d'originalità a parte la femme fatale Rhona Mitra che riesce col suo fascino a rendere meno insopportabile la visione del film. Un tentativo davvero sprecato, anche l'idea dell'ambientazione post-atomica con armi rivoluzionarie e la scelta di girare tutto il film all'interno del castello potevano davvero trovare una scrittura in grado di valorizzarne gli aspetti. Invece finisce tutto in maniera telefonata con il climax finale scontato e il solito happy ending.

giovedì 16 aprile 2020

A Kite


Titolo: A Kite
Regia: Yasuomi Umetsu
Anno: 1998
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Sawa, ragazzina all'apparenza inoffensiva e Oburi, timido cassiere di un discount hanno più di una cosa in comune: sono killer professionisti e entrambi sono orfani di genitori morti in circostanze misteriose. Assoldati da due poliziotti, i due devono uccidere chiunque "sia scomodo", da attori di soap opera a uomini corrotti. Quando Oburi si rende conto che i due poliziotti vogliono toglierlo di mezzo, Sawa decide di stare dalla sua parte pur di sfuggire al suo "lavoro" e a vendicare i suoi genitori...

In poco più di un’ora Umetsu condisce con sangue, esplosioni, sesso e budella, una storiellina distopica e sci-fi davvero niente male, un noir nero controverso e anarchico con alcune incursioni nell’universo dei cyborgs di Mamoru e molto altro ancora.
Politicamente scorretto, violento quanto basta, l’opera dell’autore si contraddistingue per un’atmosfera cupa e perversa che passa dall’azione frenetica a scene romantiche e in tutto questo un ritmo che non passa certo inosservato tratteggiando dei personaggi non semplici, intrappolati in una ragnatela di accordi e disaccordi con poliziotti corrotti e uomini di potere affamati di sesso e con rimandi a stupri e pedofilia.
A Kite sa essere tante cose, cinico, commovente con una trama che lascia subito presagire come soprattutto le macchine vengano sfruttate per interessi beceri e fine a se stessi senza mai essere presi davvero in considerazione. Davvero i rimandi sono molteplici ma la storia e la messa in scena sanno sganciarsi da quanto visto finora. Ottima la scelta del tipo d’animazione, dialoghi mai scontati e una trama che riesce a infilare al punto giusto dei colpi di scena mai banali danno al film quella marcia in più e tratteggiano poi due losers, due assassini che non possono fare altro, per tirare avanti, in una realtà sottolineata da un degrado morale devastante.

venerdì 27 marzo 2020

Tocco del male


Titolo: Tocco del male
Regia: Gregory Hoblit
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un poliziotto riesce a far giustiziare sulla sedia elettrica un pericoloso serial killer che, però, minaccia di tornare. In seguito, infatti, qualcuno commette omicidi con lo stesso modus operandi. C’è sotto qualcosa di demoniaco.

Se inizi un film con un flash forward significa che sai cosa vuoi fare e poggi tutto su uno script assolutamente perfetto. Il tocco del male è il bignami dell’imperfezione, del mischio tutto e frullo assieme ogni tipo di atmosfera, riferimento, genere e poi speriamo che la faccia di Denzel faccia il resto.
Hoblit è solito trattare il thriller e il poliziesco. Qui ci sono entrambi ma con tanto soprannaturale, il che è un bene, ma che deve essere scritto in maniera convincente che la sceneggiatura non riesce.
Il risultato è una bella via di mezzo. Il film parte benissimo con una scena in cui vediamo il pregevole Elias Koteas che sta per essere giustiziato e farà una rivelazione al protagonista che diventerà il francobollo per tutto il film. Poi abbiamo il passaggio di mano, il tocco del male e il cambio dei testimoni che porteranno ad un’indagine che nel secondo atto perde molto, traballando e non riuscendo sempre ad avere quel ritmo che ci si aspetta e delude in particolare nel finale, purtroppo a causa della struttura narrativa già di fatto intuibile. Hoblit ha un budget incredibile, un cast decisamente perfetto ma è il paranormale a non riuscire mai a stupire e ad andare oltre le solite profezie da quattro soldi (Azazel) possessione demoniaca, thriller parapsicologico, teologia banalotta che sconfina nei soliti dictat del vecchio testamento e molto altro ancora Gregory Widen tiri fuori dal calderone (tra tutte le sceneggiature questa è di fatto la più confusa)


domenica 15 dicembre 2019

Arma Letale 4


Titolo: Arma Letale 4
Regia: Richard Donner
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Martin Riggs & compare stanno per diventare, rispettivamente, papà e nonno, ma devono anche affrontare la malavita di Hong Kong.

I poliziotti invecchiano, le nuove generazioni impongono codici criminali diversi e dopo aver sdoganato ispettori corrotti e i russi, toccava ovviamente ai cinesi.
Il quarto capitolo della saga che ha reso celebri Donner e soci, non che ne avessero particolare bisogno, chiude i battenti con il film forse più divertente e scanzonato con toni sempre molto accesi, tanti dialoghi divertenti, una galleria di scene d'azione e mettiamoci pure alcuni combattimenti di arti marziali disponendo della star Jet Li che soprattutto in quel periodo era come il prezzemolo nel genere wuxia e d'azione.
Un altro capitolo molto fracassone che cerca di intrecciare rapporti familiari, storie d'amore, onore, rapporti con il passato e nuovi sguardi al presente. Tutto questo senza dimenticare di riuscire nello scopo principale quello dell'intrattenimento dove il film seppur sbilanciandosi spesso, riesce a sguazzare senza difficoltà.


lunedì 21 ottobre 2019

Hong Kong colpo su colpo

Titolo: Hong Kong colpo su colpo
Regia: Tsui Hark
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Hong Kong, 1997, anno del passaggio di consegne della città alla Cina. Due soci in affari si trovano coinvolti in un traffico di micro bombe.

Tsui Hark, Johnnie To, John Woo. Tre nomi da ricordare e da tenere sempre presente.
Il film in questione pur essendo dichiaratamente un divertissement, un film su commissione, un action in parte esagerato dove Van Damme dopo Double Team ritorna a lavorare con l'artista cinese. Hong Kong colpo su colpo è un film che almeno rispetto al precedente prende le distanze descrivendo e cercando di portare una vena politica su traffici loschi e vaghi accenni al terrorismo. Proprio per questo lascia un po interdetti vedere una sorta di caos internazionale, dove tutto procede con un ritmo impazzito che si perde dietro scene d'azione, momenti comici che non riescono a far ridere, un ritmo vorticoso dove nei momenti in cui ci si potrebbe aspettare una presa un po più seria, il film sfugge come un'anguilla ritornando a scimmiottare come quasi tutto il cast tra balletti, inseguimenti, esplosioni e sparatorie tra Triadi Cinesi, alcuni agenti della Cia corrotti e la mafia Russa.
L'idea di partenza delle micro bombe nascoste negli abiti contraffatti poteva davvero dare spunti per confezionare un buddy movie con più polso e meno banalità.


venerdì 14 giugno 2019

Dark City


Titolo: Dark City
Regia: Alex Proyas
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

In un città tetra e buia un uomo si sveglia nella vasca da bagno di un Hotel. Non ricorda nulla e una misteriosa telefonata gli dice di scappare. L’uomo fugge; mentre vaga per le strade, scappando a misteriosi assalitori, tenta disperatamente di scoprire chi sia, finendo con l’imbattersi in un mistero che cambierà la vita della città stessa.

Dark City è un film che venne ignorato e massacrato da critica e pubblico. Proyas dopo il successo mondiale de Corvo potè fare di testa sua con un budget di 27 milioni cimentandosi con una prova difficilissima dove tutto il suo talento visionario e diverse teorie sugli alieni sembravano essersi dati appuntamento per questa complessa prova cinematografica.
L'idea di unire il controllo mentale, i ricordi innestati artificialmente e l’umanità resa schiava inconsapevole, costretta a vivere in un mondo che non è reale, era il massimo che ci si potesse aspettare ma l'anno successivo uscì MATRIX distruggendo in un attimo tutte le ambizioni di Proyas che si ritrovò con un fallimento al botteghino e un film senza azione che piacque praticamente a nessuno soprattutto contando il mega video gioco ludico promosso dai fratelli Wachowski.
Uno dei film più importanti della scifi degli anni '90 perchè a parte essere di un cinismo fuori dal normale, questi esseri che ci controllano senza dedicarci nemmeno così tanto interesse, dimostravano un'aldilà e delle forme di vita che avevano già le risposte e che in un modo o nell'altro avevano trovato un bilanciamento nell'universo a differenza nostra limitandosi a studiarci.
Il dominio che passa attraverso una scelta fotografica che desatura tutto con dei neri e dei verdi, tali da rendere le città ormai qualcosa di vecchio che non ha saputo fare i conti con la realtà cercando per tutta l'esistenza qualcosa di inutile e cercando risposte la dove la domanda posta era sempre sbagliata, erano intuizioni prese in prestito dalla fantascienza degli Urania che stavano avendo un certo seguito per non parlare di tutte le psico sette nate in quegli anni.
Questo imprecisato futuro retrò sembrava essere la chiave di risposta della storia che cerca di osservarci come una specie che non ha mai saputo e potuto evolversi. Un film che sembrava una delle facciate del cubo di Rubik, dove dall'altra parte stava per arrivare la trilogia dei Wachowski molto più colorata e più aderente ad una matrice action con un ingente uso della c.g mentre qui è praticamente assente se non sfruttata male e addirittura peggio come il finale.
Un film complesso e stratificato, lento e minimale nel suo farsi spazio prendendo tutto il tempo necessario senza correre verso le aspettative del pubblico (deluse praticamente sotto ogni aspetto lo si possa osservare).
L'idea alla base non era facile e di sicuro l'intento non era affatto commerciale.
Prendere la deriva dei Grandi Antichi ovvero alieni che vivono sottoterra (per fare un esempio), i quali sembrano tirare le fila e governare ogni aspetto della città e della vita dei cittadini era un argomento già conosciuto ma che Proyas proprio nello stile e nella ricerca riesce a rendere originale con edifici che spuntano dalle viscere della terra per poi svettare possenti nel cielo notturno di color pece, oppure le memorie delle persone annullate e trapiantate, il tempo regolato da un possente orologio sotterraneo e infine i costumi e quel senso di sporco misto ai toni da noir urbano che hanno saputo renderlo un piccolo cult. Sicuramente il film più importante dell'autore, un ultimo baluardo prima di essere assorbito dalle produzioni, quegli stessi piccoli esseri che come burattini ci dicono cosa fare. La sua più grande paura si era trasformata in realtà.



mercoledì 5 giugno 2019

Fucking Amal


Titolo: Fucking Amal
Regia: Lukas Moodysson
Anno: 1998
Paese: Svezia
Giudizio: 4/5

Ad Amal (si legge “Omol”), noiosissimo centro della provincia svedese, vive con la madre e la sorella la bella Elin, quattordicenne insofferente molto ambita dai compagni di scuola che lei però disprezza. Elin passa il suo tempo cambiando spesso ragazzo (alimentando così le maldicenze sul suo conto), sognando rave parties e progettando la fuga dalla “merdosissima Amal” . Una sera finisce per caso alla triste festa di compleanno di Agnes, solitaria ragazza in costante stato di crisi che ha per unica amica una perfida ragazzina paraplegica. A complicare le cose ci sono il travagliato rapporto con i genitori e l’amore segreto per Elin, la quale a sua volta scoprirà di non poter rimanere indifferente.

Fuckin Amal per me rimarrà un film importantissimo come lo è stato CHRISTINA F. per certi aspetti pur essendo meno drammatico e crudele con i suoi protagonisti ma ponendosi come ennesimo manifesto del disagio giovanile in paesi dove il suicidio è tra i più alti al mondo.
Cosa si può fare ad Amal a parte seguire le norme imposte dai genitori e andare a scuola come tutti i coetanei? Bere e drogarsi oppure provare nuove esperienze per non cadere vittima di una depressione assicurata.
L'esordio alla regia di uno dei maestri del cinema svedese post contemporaneo è uno dei più freschi manifesti, attuali, incredibilmente svegli e al passo coi tempi. Il regista urla disperatamente come lo è stato d'altronde tutto il suo cinema a venire (importantissimo), un bisogno di comunicare di sfogarsi, usando le sue protagoniste come vittime di una società e di una comunità che non investe assolutamente su di loro pensando ai propri tornaconti e dimostrandosi di un egoismo senza pari.
L'esordio di Moodysson è già chiaro come anticipatore di messaggi sociali, di un cinema politico e aperto alle differenze, monitorando aspetti poco comuni o che forse non sembrano interessare a molti. Con i suoi film e i suoi documentari, il regista ha fatto parecchio discutere di sè, prediligendo contesti a volte spiazzanti ed estremi come il bellissimo A Hole in my heart oppure omaggiando il punk femminile anni '80 con il divertentissimo We are the beast



sabato 20 aprile 2019

Vampires


Titolo: Vampires
Regia: John Carpenter
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Anche all'alba del terzo millennio, i vampiri continuano a sorgere dal fango delle loro tombe a caccia di preda umana. Solo pochi uomini sono in grado di affrontarli e Jack Crow è uno di questi, a capo di un gruppo chiamato Team Crow. In una fattoria Jack e l'amico Tony affrontano e distruggono un nido di vampiri, riducendoli in cenere con i raggi del sole. Ma la vittoria non può essere festeggiata, perché è mancato l'obiettivo più arduo, quello di uccidere il signore dei vampiri, il terribile Valek che ora promette una vendetta selvaggia.

Vampires non è tra i miei film preferiti di Carpenter nonostante sia sempre stato un fan dei signori della notte. In questo caso ho preferito il romanzo da cui è tratto.
L'elemento più interessante del film è sicuramente la location: l'arido deserto americano.
Così facendo l'autore trasporta la vicenda su terreni western on the road, sparatorie a gogò, i vampiri secondo il loro codice di regole (le croci non servono) e in un paio di scene di mattanza dove a farla da padrone è la strage ai danni dei cacciatori da parte del capo Jan Valek.
Vampires è decisamente più moderno, si slaccia completamente dalle atmosfere solite alla Dracula e altri, sceglie dialoghi sboccati e produce azione a tonnellate come qualche anno fa aveva fatto ancora meglio Rodriguez con DAL TRAMONTO ALL'ALBA.
E'un film dichiaratamente laico dove i preti forse non sono mai stati così malmenati come in questo film (viene pestato da Jack Crow almeno due volte), omaggia i generi, e il pessimismo sotto l'ironia sboccata e senza far mancare il legame tra vampiri e fede come a ribadire ancora una volta che i servi della chiesa servono anche altri padroni.
Nonostante sia stato ripudiato un po da tutti e annoverato tra i peggiori film di vampiri, mi sento onestamente di difenderlo a spada tratta (come tutte le opere di Carpenter) per tantissimi motivi alcuni dei quali sono riconducibili al coraggio di aver messo così tanti elementi e rimandi in questo film da farlo diventare tante cose messe assieme e tenute collegate da un'amore per il cinema assoluto volendo ridare ai vampiri i fasti che spettano senza farli sembrare dei dandy effeminati.



venerdì 12 ottobre 2018

1001 nights


Titolo: 1001 nights
Regia: Mike Smith
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

1001 nights è un corto d'animazione di circa ventitrè minuti realizzato nel 1998, ispirato a un artbook di Amano Yoshitaka.
Fatta eccezione per una breve introduzione in inglese, nel film non ci sono dialoghi, la storia è interamente narrata attraverso la musica e le immagini in un continuo rimando di coreografie balletti, danze e intrecci tra i due unici e assoluti protagonisti.
Una storia in realtà aperta, senza uno sviluppo preciso, dal momento che è in tutto e per tutto un viaggio onirico scandito dalla musica che sembra ricordare per certi aspetti FANTASIA.
1001 nights tratta di sogni intrecciati di due giovani (la principessa Budu e il principe Kamar) una donna e quello che a tutti gli effetti sembra un demone, che sulle orme del mito di Apollo e Dafne, si rincorrono disperatamente in un valzer amoroso ed erotico di continua metamorfosi e come un sogno non prevede uno svolgimento interamente coerente in termini di narrazione.
L’atmosfera onirica è ricreata mediante un’animazione fluida, visionaria e strettamente legata alla colonna sonora. Di più non accade, l'animazione in alcuni punti sembra ripetersi o meglio non ha l'intento di soffermarsi su altro rendendo in alcuni punti, nonostante la durata, eccessivamente prolisso in un continuo scontro tra opposti.


lunedì 17 settembre 2018

Genesis


Titolo: Genesis
Regia: Nacho Cerda
Anno: 1998
Paese: Spagna
Giudizio: 4/5

Uno scultore perde sua moglie in un incidente.
Come un Pigmalione addolorato risveglia dalla pietra il corpo del suo amore perduto, ma nello stesso istante in cui questo prende vita l'uomo si trasforma a sua volta in una statua.

Romantico, inquietante e allo stesso tempo molto coinvolgente l'ultimo dei tre mediometraggi girati da Cerda per la sua trilogia sulla morte.
Qui la trasformazione, il bisogno di credere in un miracolo possibile, la resurrezione sono tutti elementi importanti che portano qui al macro tema ovvero quello della metamorfosi. A differenza dei precedenti lavori qui la regia non è per niente sanguinolenta o truculenta lavorando quasi di sottrazione e puntando tutto sull'atmosfera (per tutti i trenta minuti siamo all'interno del laboratorio con una fotografia che verte quasi solo sul bianco e l'azzurro), dove la colonna sonora è la musica classica, dove non ci sono ancora una volta dialoghi ma invece sono proprio le sonorità a dare quel senso di tensione e ansia per qualcosa che lentamente scopriamo ma che solo nel climax finale vediamo manifesta.
La genesi della statua, la sua nascita, i continui e nuovi tentativi, la capacità di non mollare portano lo scultore nel bellissimo finale a poter vedere la creazione un istante prima di trasformarsi interamente in pietra inerte.

lunedì 29 giugno 2015

Omicidio in Diretta

Titolo: Omicidio in Diretta
Regia: Brian De Palma
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Rick Santoro, un detective corrotto di Atlantic City, sospetta che dietro l'assassinio del Ministro della Difesa durante un incontro di pugilato ci sia una cospirazione. Julia Costello è a conoscenza della cospirazione e chiede protezione a Santoro, confermando i suoi sospetti.

De Palma e i suoi piani sequenza che rubano la scena meglio del plot dell'indagne e dei colpi di scena. Dieci minuti nella seconda scena che come un manuale di narrazione, senza parole sfruttano i mezzi, portandoli ad un compendio artistico straordinario.
Cage è a suo agio in un ruolo e una filmografia che ancora gli garantiva quel pò di dignità, e per finire un'indagine che seppur toglie il colpo di scena finale, regalando l'identità del killer con una mossa astuta e che rinforza la tensione sotto altri aspetti, sa far funzionare molto bene alcuni elementi come gli equivoci montati attentamente e confezionati con delle musiche di riguardo che aumentano l'intensità e contribuiscono a rendere tutta l'atmosfera di forte impatto.
Se non fosse stato per quel tocco tecnico iniziale, poteva essere un thriller dato in mano forse a chiunque, ma De Palma sfrutta bene la sceneggiatura di Koepp e ne tira fuori un film per alcuni aspetti indimenticabile.
E ora un pò di critica.

L'indagine non è male, i dialoghi a tratti sono troppo leziosi, cercando di essere troppo critici verso una corruzione che ormai non sorprende più nessuno, senza contare il riscatto del protagonista che risulta troppo prevedibile e a tratti melenso.  

mercoledì 1 gennaio 2014

Seul contre Tous

Titolo: Seul contre Tous
Regia: Gaspar Noè
Anno: 1998
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

1980. Uscito di prigione carico di rabbia, un ex macellaio equino decide vendicarsi contro un mondo alla deriva irrimediabilmente corrotto. Al personaggio dell'uomo si affianca la figlia Cynthia, oggetto di morbose fantasie incestuose, con la quale cerca di ricostruirsi una vita.

ATTENZIONE:AVETE 30 SECONDI PER ABBANDONARE LA PROIEZIONE DEL FILM
Ora ditemi voi se una frase del genere che ti compare prima dei 20 minuti finali del film non è di un mother fucker che vuole provocare a tutti i costi.
E'un film travagliato l'opera prima del regista argentino che vive e lavora in Francia.
«Dovevo girare il film per trovare della pellicola prima di poter girare di nuovo, un giorno in più. Philippe (Nahon) era costretto a rimettersi gli stessi vestiti, del tutto irrigiditi, perché non avevamo abbastanza denaro per riprendere le riprese»
Con un attesa di cinque anni per trovare i fondi Noè riprende il discorso aperto con il mediometraggio CARNE e si potrebbe racchiudere in una frase dello stesso Philippe che fondamentalmente dice“La morale è per la gente che ha, per i ricchi", tutto il resto sono parole,pensieri,monologhi cinici e devastanti sull'inconsistenza dei valori, sul perbenismo e su mille altri aspetti che Noè fagocita e che non ci dà tempo di esaminarli attentamente, provocando, dunque, ancora di più lo spettatore sempre disciplinato ad avere i giusti tempi per poter capire esattamente il pensiero del protagonista.
Dopo un inizio vertiginoso con voce fuori campo che in pochi minuti ci racconta tutta la vita del protagonista precedente la prigione (ha subito di tutto, compreso una violenza infantile ad opera di un religioso), di fatto si assisterà ad un suo pensiero-monologo per tutta la durata del film in lunghissime passeggiate, inquadrature quasi sempre fisse e pochissime location.
Un film che sembra un monologo teatrale che al di là del fatto di far emergere una certa dura e aspra critica verso la società non si fossilizza solo negli aspetti più superficiali ma proprio dal punto di vista di un uomo che ha perso tutto e non ha più niente assume un significato diverso il suo messaggio e il suo apprente odio verso tutti.
Un'altra frase che mi ha molto colpito del film è che trovo sempre più moderna e contemporanea di questi tempi come una specie di fatto sociale che sta prendendo piega e quando dice "E se per sopravvivere devo essere cattivo,lo farò"
Oppure forse uno dei migliori che sancisce in modo ancora più forte e diretto la visione e il pensiero del regista "Nascere di malavoglia, mangiare, agitare il proprio cazzo, far nascere e morire. La vita è un grande vuoto, è sempre stata e lo sarà sempre. Un grande vuoto che potrebbe svolgersi perfettamente senza me"
Noè ha un merito: nessuno dei suoi film lo ami fino in fondo e al contempo stesso nessuno dei suoi film lo dimentichi o non vorresti mai vederlo.

giovedì 27 dicembre 2012

Small Soldiers


Titolo: Small Soldiers
Regia: Joe Dante
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La multinazionale americana Globotech, che si occupa sia di equipaggiamenti militari che di giocattoli, mette in produzione due serie di soldatini giocattolo: i Gorgonauti, pacifiche creature aliene dall'aspetto mostruoso, alla continua ricerca della loro terra perduta, e iCommando Elite, soldati in pieno stile americano, disposti a dare la vita per uccidere il "nemico" Gorgonauta. Per rendere più all'avanguardia questi giocattoli, però, viene fatto uso di un avanzatissimo chip militare, in grado di interagire con tutto quello che li circonda e anche di imparare, dando a questi pupazzetti una propria intelligenza artificiale. Al momento dell'attivazione si scatena una vera e propria guerra tra giocattoli e a finirci in mezzo è il giovane Alan, figlio del proprietario di un piccolo negozio di giocattoli.

Quella che inizialmente potrebbe sembrare una pellicola unicamente per bambini e nemmeno tutta questa cosa, si dovrà ricredere. Soprattutto se uno guarda il film senza assorbirne il messaggio che ho trovato molto pungente e doveroso nei confronti delle Multinazionali.
Un film per bambini ma con i dovuti riguardi. Non a caso il regista anche nei MOH non si è smentito sulle sue prese di posizione denunciando altri orrori e quindi rimanendo fedele alla linea.
Non mancano poi le autocitazioni che come nel film GREMLINS 2 che citava lo stesso GREMLINS, anche qui proprio il primo capitolo della famosa saga dei mostriciattoli viene di nuovo citata nelle prime scene iniziali.
Se è vero che sul piano tecnico il film ha delle belle trovate, si poteva fare qualcosa di più circa la caratterizzazione dei personaggi adulti dalla famiglia di Alan al resto della rappresentanza umana.
Finale scoppiettante e accoppiata insolita della Dreamworks di Spielberg unita alla Universal.

lunedì 30 luglio 2012

Faculty


Titolo: Faculty
 Regia: Robert Rodriguez
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

Come molte altre scuole americane la Herrington High ha visto tempi migliori. Ora ha muri fatiscenti, libri di testo superati, apparecchiature obsolete e non ci sono fondi per migliorare la situazione. Gli studenti, come è normale, sono in conflitto con i genitori e hanno poca voglia di studiare. Ma un bel - o brutto? - giorno si trovano a dover affrontare una sfida al di là della loro immaginazione: i loro insegnanti sono degli extraterrestri...

Controcorrente, anticonvenzionale? Beh se al timone mettiamo un mezzo genio dei film di genere allora il risultato è assicurato.
Parliamo ovviamente di Robert Rodriguez e questa parentesi sulla fantascienza è tra le sue prime opere.
Che cosa rende così grande il fulcro della vicenda del film? La droga.
Il fatto che dei giovani si possano salvare(e possano salvare il mondo dall’invasione aliena) grazie ad una droga è assolutamente anarchico e perciò fantastico.
Ribalta completamente gli schemi ferrei su cui bombarda di messaggi moralistici e retorici i mass media americani e non solo.
Un film con un ritmo scandito perfettamente, ottimi colpi di scena, sottotrame e microcosmo della realtà sociale presente nei college americani con tutti gli stereotipi del caso.
Senza forse farlo apposta Rodriguez ha avuto anche una certa fortuna con un casting in cui i giovani sono perfetti nella caratterizzazione che propongono.
Pochissime pecche anzi forse quasi nessuna.
Un tripudio anche qui di citazioni (INVASIONE DEGLI ULTRACORPI,LA COSA,CLASSE 1999,ALIEN,TERMINATOR 2,TERRORE DELLA SESTA LUNA,E.T,MAN IN BLACK) contando quando lo sci-fi abbia sempre appassionato il regista e la sua maniera iconoclasta e splatter cinefila e cinica di concepire il cinema.
Gli effetti molto speciali di Kurtzman, Nicotero e Berger, emuli di Tom Savini, ricalcano ancora di più il tono per certi versi anche comico che fa parte dell’impianto narrativo e un divertimento che travolgerà lo spettatore per tutta la visione del film.

martedì 24 aprile 2012

Deep Rising


Titolo: Deep Rising
Regia: Stephen Sommers
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dalle profondità del Mare Cinese meridionale affiorano alcune orribili creature che cominciano ad attaccare i passeggeri di una lussuosa nave da crociera. Ben presto la nave diventa una camera degli orrori galleggiante. In corsa verso la nave da crociera c'è la Saipan, capitanata dall'ingegnoso mercenario John Finnegan, insieme al meccanico e al comandante in seconda. Quando arrivano, saltano a bordo e scoprono che qualcosa di terribile ha attaccato la nave. Il sangue scorre dappertutto. Tra i superstiti ci sono il comandante, l'armatore Canton e Trillian, ladra di gioielli.

Deep Rising è un filmetto d’intrattenimento che non aggiunge nulla di nuovo allo smisurato e vasto panorama di film di genere sulle creature degli abissi. Certo qui i soldi non mancano contando che il film  gioca la sua carta migliore sulla location e sul mostro di Rob Bottin (LA COSA,L’ULULATO,FIGHT CLUB) a metà tra la c.g e l’animatronic, un piccolo Kraken in miniatura. Ma tutto si esaurisce molto presto contando che i protagonisti sono quanto di più ridicolo e disgustoso (Finnegan su tutti) i dialoghi sono da fumetto scritto a due mani dai figli di Chuck Norris senza contare le capacità di Sommers che girerà VAN HELSING e quell’altra stronzata di G.I JOE.
Se contiamo poi la scena finale sugli scooter d’acqua all’interno della nave allora viene chiamata in causa anche la natura davvero trash del film. Peccato che non era in programma.

lunedì 2 gennaio 2012

Creature


Titolo: Creature
Regia:  Stuart Gillard
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Un esperimento militare su di uno squalo in un’isola tropicale. L’esperimento sfugge al controllo e lo squalo viene chiuso in una gabbia e sprofondato in fondo all’oceano! Anni dopo lo squalo si libera quando un peschereccio rompe la gabbia dove era rinchiuso.
La gabbia viene portata a riva ed un ex marine di colore, impazzito dopo aver preso parte all’esperimento anni prima, la riconosce e cerca invano di avvisare le autorità del pericolo incombente. Lo squalo dell’esperimento si rivela ben presto un terribile mutante, un incrocio genetico tra un essere umano ed uno squalo!

A differenza degli shark-movie, CREATURE parla dell’uomo-squalo con l’intelligenza da delfino, un ibrido creato come sempre in laboratorio per un  esperimento del governo americano. L’idea era di fare una serie televisiva solo che dopo i primi due episodi si rivelò un vero fiasco e montato divenne un film di più di due ore.
In parte è un peccato perché se anche non aggiungeva nulla in chiave di esperimenti e quant’altro, godeva di un buon make-up e una regia salvabile.
Tratto da un romanzo e riveduto ampiamente, mantiene dal canto suo un buon sviluppo e delle scene interessanti.  Peccato il ripiego un po troppo televisivo. Su nove film da regista, CREATURA insieme a TARTARUGHE NINJA 3 possiamo definirli i suoi migliori e CREATURE il film di maggior intensità.