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lunedì 19 marzo 2018

Sole Alto


Titolo: Sole Alto
Regia: Dalibor Matanic
Anno: 2015
Paese: Croazia, Serbia, Slovenia
Giudizio: 4/5

Sole alto racconta l’amore fra un giovane croato e una giovane serba. Un amore che Matanić moltiplica per tre volte nell’arco di tre decenni consecutivi: stessi attori ma coppie diverse. I paesaggi sono utilizzati come orizzonti emotivi, prima ancora che geografici, e gli stessi attori come simbolo di ciclicità. I due ragazzi, invece, no: i due ragazzi non possono essere gli stessi, perché i loro vent’anni sono cristallizzati dentro una giovinezza, innocente e fragile, che ci parla (anzi: che ci deve parlare) di ieri, di oggi e, soprattutto, di domani.

Sole Alto è un film con una co produzione importante per cercare di portare a segno frammenti di storie di una guerra che finalmente vuole mostrare alcuni squarci anche grazie al cinema.
Chi vuole farsi una rapida idea di quanto e del perchè si odino così tanto serbi e croati potrà avere qualche risposta dopo la visione di questo film a tre episodi, tutti con diversi annessi e con gli stessi protagonisti in ruoli diversi.
Amore e guerra in tre atti, sotto il Sole alto dei Balcani.
Lo stesso regista croato ha raccontato l’aneddoto che ha ispirato il film, al tempo stesso curioso e sintomatico di quanto l’odio sia sempre radicato in terra ex-jugoslava: "Qualsiasi storia sentimentale o flirt avessi, mia nonna ripeteva sempre la stessa frase: purché non sia una di quelli"
Matanic è bravo a mostrare i sentimenti a differenza dell'azione che quasi non appare mai nel film come lo dimostra il climax della prima storia con quel colpo di pistola che vale per tutto il film.
La collaborazione tra questi paesi almeno per portare alla luce questo film è già un segnale che forse non si vuole più nascondere una parte di storia tormentata e di orrori indicibili.
Il film diventa ancora più interessante mostrando itinerari e periodi diversi ma tutti in un qualche modo collegati dal filo visibilissimo dell'odio profondo verso "gli altri" senza quasi mai dare spiegazioni o arrivare al perchè e soprattutto da dove e perchè è nato quest'odio diventando l'unica ragione di vita di queste popolazioni.
1991-2001-2011. Tre grandi storie tutte nei medesimi villaggi che sembrano fare un escursus veloce ma a tratti così pesante da dare un piccolo quadro su un conflitto che ha generato mostri e creato paure e traumi che solo da poco si cerca di analizzare e portare alla luce.
Matanic ci ha provato riuscendo a fare un film di guerra importante che si dirama per portare alla luce storie drammi e amore.

lunedì 22 giugno 2015

Class Enemy

Titolo: Class Enemy
Regia: Rok Bicek
Anno: 2013
Paese: Slovenia
Giudizio: 4/5

L'insegnante di ruolo deve assentarsi perché prossima al parto e al suo posto arriva nel liceo sloveno il professore di tedesco Zupan. I metodi dell'uomo sono rigidi, freddi e punitivi, agli occhi di una classe abituata ad un clima di amichevole negoziazione tra allievi e professori. Quando una studentessa, Sabina, si suicida apparentemente senza motivo, i compagni sconvolti incolpano il professore e le sue richieste troppo esigenti. Ma, nel corso del lutto, il fronte unito della ribellione contro Zupan comincia ad incrinarsi e il vortice delle accuse si complica e si esaspera.

Class Enemy ci porta nuovamente in un contesto scolastico, questa volta nettamente diverso da due precedenti capolavori come L'ONDA e LA CLASSE.
Da un lato perchè geograficamente diverso e quindi interessato a tracciare altri fatti sociali come il suicidio (molto alto in Slovenia) e il contesto scolastico, da un lato moderno tendendo a deresponsabilizzare gli studenti e dall'altro la vecchia scuola sicuramente più rigida e meno empatica.
In più una linea sottile che pervade tutto il film sulla fragilità che da un lato (gli alunni) e dall'altro (gli insegnanti) riesce forse nel compito più difficile e allo stesso tempo appassionante portandoti a immedesimarti in ambo le parti senza moralismi e scene stucchevoli.
Il ring scolastico prende forma sotto vari nomi in cui nessuno e vittima e carnefice ma tutti devono prendere atto, come dice Zupan, delle conseguenze di alcuni gesti, dimostrando in questo caso autonomia di pensiero, maturità e crescita, oltre che il rispetto per le norme scolastiche.
Se da un lato la log-line del film potrebbe essere quella scandita dalla preside "Prima loro avevano paura di noi, ora noi dobbiamo avere paura di loro" la frase è un leitmotiv valevole per quasi tutti i contesti scolastici moderni e inflazionati dalla tecnologia e dai media che tendono spesso a far diventare martiti chi in realtà non lo è.
La parte meglio riuscita, in un film scandito molto bene e abile a non inserire forzature che ne avrebbero sancito un limite, parte proprio dalla fragilità che citavo prima, creando un personaggio neutrale e davvero molto interessante oltre che essere caratterizzato e interpretato magnificamente dal poco conosciuto Igor Samobor ovvero quello del professor Zupan.
Infatti l'autorevolezza del professore fa sì che i ragazzi riescano a crescere e a diventare persone adulte, ma gli studenti ciò non lo capiscono e in risposta alla sua estrema razionalità iniziano a ribellarsi, ma il loro ribellarsi è un ribellarsi a vuoto contro un sistema che secondo loro è sbagliato ma che in verità non lo è.
Classe '85, Bicek riesce in un arduo compito, dettando i tempi di un film elegante, composto ed estremamente maturo.

Enem