1997. All'ILVA di Taranto è appena avvenuta l'ennesima morte sul lavoro, ma Caterino Lamanna, operaio addetto ai lavori di fatica nell'industria siderurgia, è pronto a darne la colpa ai sindacati. Caterino è un cane sciolto che pensa al suo imminente matrimonio con la giovane albanese Anna e si fa i fatti suoi, finché Giancarlo Basile, dirigente dell'ILVA, non lo recluta per "farsi un giro e dirgli quello che succede" in fabbrica, e resoconti in particolare le attività del sindacalista Renato Morra, che infiamma gli animi degli operai e li spinge alla ribellione. Basile offre a Lamanna la promozione a caposquadra e l'auto aziendale, ma Caterino chiede di essere mandato alla Palazzina Laf pensando che sia un luogo di privilegio riservato a pochi eletti. In realtà è un edificio in disarmo, incrocio fra una riserva indiana, un manicomio e una prigione, dove sono rinchiusi in orario di lavoro i dipendenti qualificati che hanno fatto l'onda, e che quindi sono invitati a licenziarsi o ad accettare un incarico demansionato e incoerente con la loro preparazione
E' pensare che sarebbe dovuto essere Elio Germano a interpretare Caterino Lamanna. Entrambi hanno vinto il David di Donatello mertitatamente per un dramma passato in sordina che racconta una vicenda davvero interessante diffusasi a macchia d'olio in Puglia. E loro due funzionano come funzionavano in PASSATO E'UNA TERRA STRANIERA. Un importante film sul lavoro, dal solido impianto civile e dagli echi grotteschi e arrabbiati che affronta una vicenda difficile ma vista sotto gli occhi di un italiano medio, un uomo povero, in primis di strumenti culturali, che non capisce la manipolazione che sta subendo e le angherie a cui sono sottoposti i colleghi.
Proprio la manipolazione ai suoi danni diventa il perno centrale attraverso cui lo spettatore assiste al susseguirsi di momenti tragici e pazzeschi in una dimensione parallela dove il confinamento porta ad una sorta di limbo composto da teatrini grotteschi, frustrazione, dal non sapere quale sarà il proprio destino, dall'accaparrarsi l'ufficio migliore fino all'alienazione e ad un ciclo infinito che non promette nulla di buono. All'impotenza di avvocati e sindacati fino al processo finale che sembra così assurdo ma allo stesso tempo così veritiero da far venir voglia di leggere Fumo sulla città di Alessandro Leogrande, scrittore e giornalista scomparso nel 2017
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