Titolo: Muere monstruo muere
Regia: Alejandro Fadel
Anno: 2018
Paese: Argentina
Giudizio: 3/5
L'ufficiale di polizia rurale Cruz
indaga su di caso inquitante: un corpo di una donna è stato trovato
senza testa in una regione remota dalle Ande. David, il marito
dell'amante di Cruz, Francisca, diventa il primo sospettato e viene
mandato in un ospedale psichiatrico locale. David incolpa un "Mostro"
del crimine dall'aspetto inspiegabile e brutale. Cruz, nel frattempo,
incappa in una misteriosa teoria che coinvolge paesaggi geometrici,
motociclisti di montagna e una voce interiore, ossessionante, che si
ripete come un mantra: "Muori, mostri, muori"...
Muere monstruo muere è un film
ipnotico quanto surreale, folle e ambizioso. Una metafora sul
femminicidio, un poliziesco, quasi un noir o un thriller fantastico.
Una creatura (in Animatronic in assoluto la cosa più bella della
pellicola come i paesaggi) si aggira per le Ande argentine
(fotografate magnificamente) avendo una sorta di base in una grotta
sotterranea, comparendo in piccoli e sperduti villaggi strozzando e
decapitando le sue vittime lasciando morsi di denti innaturali e una
strana sostanza verde/giallognola vischiosa che sembra interessare
tutti finendo manco a farlo apposta con la voglia di annusarla e
infine assaggiarla.
Il capro espiatorio, la vittima
sacrificale scelgono non a caso il diverso, colui che simboleggia una
sorta di ignaro succube per il mostro che sembra lasciargli una nenia
in testa in un loop che lo lascia ammutolito e inerme condannato alle
forze dell'ordine.
Come per Untamed-Regiòn salvaje il film
mescola sogno e delirio, realtà e incubo, con diverse follie
sessuali che se nel film della Escalante erano rappresentate da una
sorta di ibrido tentacolare sci fi metafisico, una creatura aliena,
qui è più o meno lo stesso soltanto che il mostro sembra una sorta
di Jabba the hutt con fattezze antropomorfe e una testa senza occhi
con al posto della bocca un enorme vagina dentata e come coda una
lunga prominenza capace di allungarsi all’occorrenza, che finisce
in un’equivocabile riproduzione dell’organo maschile.
Pur avendo una trama stratificata e che
nell’ultimo atto diventa complessa e difficile da analizzare, il
film ha proprio lo scopo nel suo muoversi lento e con gesti ed
espressioni quasi minimali di proiettarci in un universo
risolutamente allucinatorio, fatto da meandri mentali da cui sarebbe
futile cercare l’uscita dove si perpetuano una volta che l’indagine
sulle decapitazioni di massa femminili, che è il filo conduttore di
questo labirinto atmosferico e psichico, trova una fine.
Nessun commento:
Posta un commento