Titolo: Vergini di Dunwich
Regia: Daniel Haller
Anno: 1970
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Il nobile Wilbur Whateley con antenati
dediti alla stregoneria è interessato a procurarsi una rara copia
del Necronomicon, il libro maledetto dell’occulto, appena giunto
all’Università di Miskatonic. Ma il prof. Armitage che lo sta
studiando, non è dello stesso avviso. Allora Wilbur con le sue doti
ipnotiche riesce a sedurre e attirare Nancy, la giovane allieva di
Armitage, nella sua villa per coinvolgerla in oscuri riti magici che
hanno l’indicibile scopo di evocare le antiche divinità che un
tempo dominavano sulla terra…
Diciamolo pure. A parte il film di
Gordon del 2001 di film importanti e indimenticabili su Lovecraft non
ne sono stati fatti molti. E' un peccato anche se non è detto che
l'orrore cosmico non diventi di nuovo materia a cui attingere come è
successo di recente con due ottimi film in cui solo uno in
particolare sembra citare il leader indiscusso di Providence.
Tutto ciò che è stato fatto prima
faceva parte di questa sorta di trilogia di cui questo film fa parte
essendo il terzo ed ultimo tratto dall’opera di Lovecraft prodotto
dall’American International Productions di Roger Corman che cercava
una valida e remunerativa alternativa ai film tratti da E. A. Poe.
Tratto dal racconto L'orrore di
Dunwich, il film nonostante lodevoli sforzi e una regia pulita che
sfoggia virtuosismi stucchevoli e una tensione appena modesta altro
non aggiunge e anzi in alcuni momenti scimmiottando anche sulla
recitazione e mi riferisco a Wilbur Whateley.
Tuttavia al di là della storia e della
sceneggiatura funzionale e che riprende in modo attinente e
pertinente il racconto, si inserisce anche con alcuni aneddoti e
numerosi collegamenti con l'opera di Moore per l'appunto Providence.
Al di là di alcune scelte azzardate e che rischiano di smorzare
l'atmosfera e la tensione, parlo del figlio di Yog-Sothoth, il quale
veniva nel racconto rinchiuso in un fienile, mentre nel film è
tenuto prigioniero in soffitta dietro una porta oppure ogni elemento
orrifico lovecraftiano con le sue gelide e malsane atmosfere è
smorzato regalando effetti di luce su rosso e nero per mostrare il
mostro, un montaggio alle volte troppo psichedelico e allucinato e
per finire un finale a botta di incantesimi che non riesce ad essere
convincente.
Il problema più grosso del regista
sembra essere quello di avere grande difficoltà a rappresentare in
immagini l’orrore cosmico del ‘Solitario di Providence’. Ne
prendiamo atto pur riconoscendo una sceneggiatura valida e un reparto
tecnico valido.
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