domenica 15 ottobre 2017

Vergini di Dunwich


Titolo: Vergini di Dunwich
Regia: Daniel Haller
Anno: 1970
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il nobile Wilbur Whateley con antenati dediti alla stregoneria è interessato a procurarsi una rara copia del Necronomicon, il libro maledetto dell’occulto, appena giunto all’Università di Miskatonic. Ma il prof. Armitage che lo sta studiando, non è dello stesso avviso. Allora Wilbur con le sue doti ipnotiche riesce a sedurre e attirare Nancy, la giovane allieva di Armitage, nella sua villa per coinvolgerla in oscuri riti magici che hanno l’indicibile scopo di evocare le antiche divinità che un tempo dominavano sulla terra…

Diciamolo pure. A parte il film di Gordon del 2001 di film importanti e indimenticabili su Lovecraft non ne sono stati fatti molti. E' un peccato anche se non è detto che l'orrore cosmico non diventi di nuovo materia a cui attingere come è successo di recente con due ottimi film in cui solo uno in particolare sembra citare il leader indiscusso di Providence.
Tutto ciò che è stato fatto prima faceva parte di questa sorta di trilogia di cui questo film fa parte essendo il terzo ed ultimo tratto dall’opera di Lovecraft prodotto dall’American International Productions di Roger Corman che cercava una valida e remunerativa alternativa ai film tratti da E. A. Poe.
Tratto dal racconto L'orrore di Dunwich, il film nonostante lodevoli sforzi e una regia pulita che sfoggia virtuosismi stucchevoli e una tensione appena modesta altro non aggiunge e anzi in alcuni momenti scimmiottando anche sulla recitazione e mi riferisco a Wilbur Whateley.
Tuttavia al di là della storia e della sceneggiatura funzionale e che riprende in modo attinente e pertinente il racconto, si inserisce anche con alcuni aneddoti e numerosi collegamenti con l'opera di Moore per l'appunto Providence. Al di là di alcune scelte azzardate e che rischiano di smorzare l'atmosfera e la tensione, parlo del figlio di Yog-Sothoth, il quale veniva nel racconto rinchiuso in un fienile, mentre nel film è tenuto prigioniero in soffitta dietro una porta oppure ogni elemento orrifico lovecraftiano con le sue gelide e malsane atmosfere è smorzato regalando effetti di luce su rosso e nero per mostrare il mostro, un montaggio alle volte troppo psichedelico e allucinato e per finire un finale a botta di incantesimi che non riesce ad essere convincente.
Il problema più grosso del regista sembra essere quello di avere grande difficoltà a rappresentare in immagini l’orrore cosmico del ‘Solitario di Providence’. Ne prendiamo atto pur riconoscendo una sceneggiatura valida e un reparto tecnico valido.

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