Titolo: Viy (2014)
Regia: Oleg Stepchenko
Anno: 2014
Paese: Russia
Giudizio: 3/5
Londra, 1713, il cartografo inglese
parte in viaggio per realizzare la mappa delle terre della
Transilvania. Dopo aver passato i monti Carpazi, trova un piccolo
villaggio isolato dal resto del mondo, i cui abitanti si nascondono
dai demoni e dalle creature che controllano la zona. Non capiscono
che il male ha trovato da lungo tempo casa nelle loro anime e che sta
solo aspettando un'occasione per uscire nel mondo esterno. Solo un
uomo può svelare questi misteri e fermare le spietate creature:
l'impavido cartografo Jonathan Green.
Capita di rado di imbattersi in un
kolossal russo-ceco-sino-tedesco-inglese con un budget di 26 milioni.
Alla sua opera prima il regista emergente sforna una pantomima che
cerca di strizzare l'occhio a più generi cinematografici, inserendo
c.g e mescolando favola e horror, confezionando così un remake di un
film del 1976, non che un adattamento dell’opera omonima di Nikola
Gogol.
Una dark novel che punta tutto
sull'enorme sforzo in fase tecnica, con un magnifico lavoro di
fotografia e delle location davvero sorprendenti, con un cast
funzionale e autoctono, fatta eccezione per la parte british con
Fleming e pochi altri.
Dai dialoghi e dalla estenuante messa
in scena è un film che arranca spesso puntando troppo sulla sottile
vela di ironia russa che aleggia in tutto il film e che spesso sembra
prendersi dei tempi troppo lunghi per dilatare la narrazione, dal
momento che la storia è semplice e senza grosse rivelazioni.
Viy è un film che punta su alcuni
momenti di puro intrattenimento davvero eccellenti, come la scena
nella locanda della trasformazione, senza però riuscire ad avere un
ritmo e una formula narrativa efficace e sempre coerente.
La parte in cui viene criticata la
reigione come sistema simbolico organizzatore di senso a favore del
positivismo moderno e scientifico è interessante ma non intelligente
come ci si poteva aspettare.
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