Titolo: Coup de Chaud
Regia: Raphael Jacoulot
Anno: 2015
Paese: Francia
Festival: TFF 33°
Giudizio: 3/5
Un'estate eccezionalmente calda nella
campagna francese. La siccità lentamente esaspera gli agricoltori e
non solo. Ognuno hai suoi problemi: come il vetraio che si è appena
trasferito in paese e ancora non ha clienti, o il sindaco che viene
interpellato per ogni piccola esigenza. È un problema anche la
musica troppo alta che esce dalla macchina di Josef Bousou, così
come la sua invadenza. La comunità lo tollera, sa che ha dei
problemi mentali, ma ben presto comincia ad incolparlo di ogni male,
fino al giorno in cui la famiglia lo trova senza vita nel cortile di
casa.
E'un film tipicamente francese "il
colpo di caldo" che affonda nelle radici di una piccola
cittadina apparentemente normale. La normalità infatti non esiste e
l'eccesso genera follia.
La stessa che si accanisce e sceglie
come vittima sacrificale il "diverso", lo scemo del
villaggio, il rom che si preferisce lontano dalla gente comune.
Il film di Jacoulot non ha colpi di scena, esaurisce e lascia intendere tutto molto in fretta, però è abile nella costruzione di un dramma e nella caratterizzazione dei personaggi.
Il film di Jacoulot non ha colpi di scena, esaurisce e lascia intendere tutto molto in fretta, però è abile nella costruzione di un dramma e nella caratterizzazione dei personaggi.
E quando nella comunità il fastidio si
trasforma in un'anomalia che và eliminata, l'atmosfera prende vita
anche se mostra alcuni intenti dei personaggi troppo con dei
cambiamenti troppo repentini.
Il regista in sala ha detto di essersi
ispirato ad un fatto di cronaca realmente successo.
E'così, spesso e volentieri si fatica
a pensare che una comunità possa mettere da parte la ragione e
puntare solo sugli istinti.
Complice la crisi morale e poi
economica, il caldo e alcuni paesaggi intensi e molto suggestivi,
l'esordio del regista ha intenti nobili e un messaggio interessante
sulla fine che spesso e volentieri si ritrovano a fare i capri
espiatori.
Purtroppo però cede sugli strumenti
per ottenere un buon traguardo e soprattutto verso il finale negli
interrogatori diventa un po troppo moralistico.
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