Titolo: Other lamb
Regia: Malgorzata Szumowska
Anno: 2019
Paese: Irlanda
Giudizio: 2/5
La vita con il Pastore è l’unica
vita che Selah abbia mai conosciuto. La loro comunità
auto-sufficiente non possiede tecnologia moderna ed è nascosta nei
boschi, lontana dalla civiltà moderna. Il Pastore è il guardiano,
maestro e amante del gruppo. Ciascuna delle molte donne che fanno
parte del gruppo è o sua moglie o sua figlia. Selah è pura nella
sua fede, ma anche pericolosamente risoluta. È stata cresciuta come
figlia del Pastore, ma è solo questione di tempo prima che ne
diventi anche moglie. Dopo che un incontro con le autorità ha
costretto le donne e il Pastore a costruire un nuovo Eden ancora più
in là nell’entroterra, Selah comincia a dubitare della sua fede, e
ha delle visioni strane e sanguinose. L’arrivo della pubertà porta
con sé nuovi e severi rituali, e un primo assaggio di cosa accada
alle donne del Pastore a mano a mano che invecchiano.
Devo ammetere che non conosco il cinema
di Malgorzata Szumowska. Da quel che ho letto mi sembra impegnata in
temi sociali e drammi ambigui di qualsivoglia genere connotati dal
sentimento religioso. Ora anche lei come molti altri autori ha
deciso, in tempi in cui è ritornato in auge il sotto genere, di
confrontarsi con il folk horror o potremmo anche definirlo un
racconto di stampo rurale e pagano.
Religione, setta, iniziazione, fedeltà
assoluta al proprio leader. Questi e altri temi sono alla base del
dramma sociale che sfocia nell'horror della regista polacca. Un film
che aspettavo e sui cui speravo di vedere all'interno qualcosa di
nuovo, come lo è stato ma con esiti nefasti, arricchendo l'analisi e
l'approfondimento sulle dinamiche presenti all'interno di una
comunità con le proprie leggi e i propri rituali.
Ci sono senza dubbio dei meriti
imprescindibili che prima di tutto emergono dal punto di vista
tecnico e dei costumi, delle interpretazioni e di alcune scelte
coraggiose di montaggio e di dialoghi.
Un film in cui l'elemento dei rapporti
fisici e soprattutto spirituali assume contorni fondamentali in
termini di relazioni incestuose e malsane. L'uomo scelto da Dio
raccoglie le proprie discepole e ingravidandole ridà loro vita e
speranza in un circolo vizioso in cui non vengono meno i legami tra
consanguinei (le donne del gruppo sono sempre le stesse e così pure
per le figlie). Poi c'è la terra promessa, la metafora sul popolo
d'Israele, tutto negli intenti delle donne e nella loro assoluta
obbedienza altrimenti tutto andrebbe in malora. Ovviamente imbevuto
di un certo simbolismo a volte fine a se stesso come il peggiore
degli esercizi di stile a cominciare dalla natura, gli animali morti,
i corpi femminili che affondano nel "Giordano" dopo essere
battezzati dal "Battista".
Il problema alla base a parte la
lentezza disarmante e che non ci sono colpi di scena, l'azione è
centellinata in uno stile minimale che anzichè lasciare a bocca
aperta crea uno dopo l'altro sbadigli a raffica e cerca soprattutto,
osando ma fallendo miseramente, di provare con il pretesto religioso
di parlare di sfruttamento sessuale in una pseudo setta religiosa, in
un mix che termina con un climax telefonatissimo e scontato.
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