Titolo: I'm not a serial killer
Regia: Billy O'Brien
Anno: 2016
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5
John Clever Wayne ha 15 anni, è
imbalsamatore nell'impresa funebre di famiglia con la madre e la zia,
è stato diagnosticato sociopatico e con la possibilità di diventare
un serial killer. I suoi impulsi sono sotto controllo finché nella
cittadina in cui vive iniziano ad accadere dei raccapriccianti
omicidi, del cui autore John viene presto a conoscenza, facendosi
coinvolgere in un gioco pericoloso.
Di solito non apro mai le recensioni
tessendo lodi di un attore. Per Christopher Lloyd tocca fare un
eccezione. Un attore magnifico, un caratterista che non ha bisogno di
presentazioni, purtroppo preso poco in considerazione e non impiegato
mai a dovere anche se con due personaggi è riuscito ad entrare nella
storia del cinema.
I'm not a serial killer mi ha fatto
venire in mente FOUNDER ma ricorda per certi aspetti la formazione di
MARTIN di Romero. Uno di quei film costretti ad entrare dentro le
corde dell'anima facendo un male incredibile senza capire bene il
perchè dal momento che l'azione è dosata col contagocce. Di nuovo
il cinema sul sociale travestito da lupo ma con l'animo di un
agnellino destinato ad essere vittima sacrificale e capro espiatorio
perfetto.
Indie anomalo, un film d'autore nudo e
crudo costretto a mostrare le ferite strazianti della post
adolescenza, young adult, e delle regole di una cittadina colpevole
di etichettare ciò che sembra diverso per dimenticare i veri orrori
travestiti da normalità.
Tratto dal primo di tre romanzi scritti
dal britannico Dan Wells, il film ha il "difetto" di non
avere mai quel ritmo a cui siamo abituati per pellicole di questo
tipo, ma di sondare invece la logica del pregiudizio in uno strano
dosaggio di tensione senza contare la difficoltà ad empatizzare
completamente con un protagonista silenzioso con la semplice
caratteristica di essere curioso e affascinato dai cadaveri.
Il secondo lungo del regista fa centro
pur sparando due colpi risicati in canna ( gli amanti dell'azione
rimarranno a bocca asciutta) ma sparandoli bene come quando John
scopre per la prima volta di cosa è capace il vecchio "mentore"e
il finale davvero incredibile, pesante e nerissimo.
O'Brien si prende la responsabilità di
osare alcune scelte che a mio avviso sono funzionali ma che rischiano
di boicottarlo nel limbo dei fanatici di una mancanza di evoluzione,
infatti nel film nessun personaggio "evolve", rimanendo
piatto ma allo stesso tempo documentando la sua inesorabile
quotidianità e la lotta per cercare di emergere dalla sopraffazione
del proprio malessere.
Il film non propina i soliti quattro
cliché del caso a base di amori “impossibili” e futuri distopici
ma prende subito una strada scomoda, poco abusata e resa infallibile
dal manipolo di attori e da una location fredda e glaciale che sembra
nascondere velocemente cadaveri e segreti.
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