Titolo: Arrivederci amore ciao
Regia: Michele Soavi
Anno: 2006
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
Giorgio è un terrorista di sinistra
condannato all'ergastolo e rifugiato in un avamposto guerrigliero nel
Centro America. Nel 1989, col crollo del muro di Berlino e successive
smobilitazioni, Giorgio decide di rientrare in Italia ma soltanto per
tornare ad essere un uomo normale. Consegnatosi alla polizia
italiana, come da copione e su suggerimento del vice questore della
Digos, Anedda, l'ex-terrorista "canta", rivelando i tanti
nomi dei suoi vecchi compagni. Scontata una pena minima in carcere,
il Codice Penale prevede cinque anni di buona condotta per ottenere
la riabilitazione e Giorgio la vuole ad ogni costo e con ogni mezzo.
La strada verso la reintegrazione sociale abbatterà vite colpevoli e
innocenti. Giorgio non ripara, non risarcisce, non si pone
interrogativi morali e i suoi delitti restano senza castigo
Soavi è uno dei registi contemporanei
più interessati e capaci sul territorio.
Bastano pochi film per capire che il
regista nostrano abbia i numeri come Dellamorte
dellamore
e Setta
In questo caso particolare parliamo di
un film molto complesso che deve dalla sua una scrittura che ha avuto
diverse mani da cui trarre materiale del romanzo di Massimo Carlotto
che non ho letto.
Mi ha ricordato per certi versi nella
messa in scena il film di Incerti Complici
del silenzio
Soavi continua a prediligere il cinema
di genere inserendo tutto il suo cinismo e la sua violenza
all'interno della pellicola, facendo fare i salti mortali ad un cast
funzionale dove Boni può togliersi le catene e urlare tutto il suo
disagio espresso con la sua carica fisica ed emotiva.
La volontà e il bisogno di fare cinema
per Soavi si vede fin dalle prime inquadrature per un autore
purtroppo relegato ad essere un mestierante per fiction italiane
imbarazzanti dove l'esperienza si nota subito. Qui gli esiti estetici
sono per fortuna meno televisivi rispetto alla porcheria che gli
tocca girare per la Rai, come addetto ai lavori, cercando di andare
oltre, sovvertendo le regole dell'appiattimento stilistico e cercando
di osare qualcosa di nuovo che il nostro cinema sembra aver
dimenticato.
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