Titolo: Principe libero
Regia: Luca Facchini
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 2/5
Il 27 agosto 1979 Fabrizio De André e
la sua compagna, la cantante Dori Ghezzi, vengono sequestrati nella
loro tenuta agricola nei pressi di Tempio Pausania, in Sardegna.
Verranno liberati quasi quattro mesi dopo. Da quel fatto si innesca
un lungo flashback che racconta l'adolescenza e l'età adulta del
cantautore, tra incontri, folgorazioni, vita privata e attività
musicale, fino a tornare al rapimento e chiudersi sul matrimonio tra
i due, nel 1989.
De Andrè è e rimarrà sempre materia
sensibile per lo stuolo di fan che negli anni non accenna a frenarsi.
Film che abbiano parlato della sua vita e delle sue opere finora non
ci sono a parte i documentari Effedia-sulla
mia cattiva strada.
Scegliere la fiction con due film che
narrassero i fatti principali senza edulcorare nessun passaggio
poteva essere una buona occasione per fare luce su alcuni momenti
peculiari della sua vita non proprio chiari come la gestazione del
rapimento in Sardegna, il rapporto con Tenco, e altre vicende
interessanti dell'autore.
Facchini deve aver avuto tanto
materiale da raccontare, forse troppo. Uno dei limiti maggiori del
film è stato quello di dividere per comparti stagni gli stessi
capitoli della sua vita in maniera troppo affrettata e macchinosa.
Durando, entrambi i film, quasi quattro
ore mi aspettavo davvero una descrizione di Faber molto più
elaborata dove l'artista potesse narrarsi raccontando la sua vita
mentre qui la musica, i suoi testi, vengono sfruttati in maniera
disfunzionale richiamando la canzone a descrivere la situazione senza
peraltro connotarla e lasciandola così come sfondo senza mai
entrarci dentro.
Il cast. Se la scelta di Marinelli,
attore che dimostra di saperci fare in alcuni ruoli, è stata a mio
avviso imperfetta (un attore romano con accento romano che interpreta
un artista genovese che parla genovese, anche se la famiglia De Andrè
era piemontese) dimostra il limite di un certo tipo di produzione a
non avere il coraggio di fare un lavoro di casting opportuno e allo
stesso tempo fallisce miseramente nella scelta di Valentina Bellè
come Dory Ghezzi.
La scena iniziale del rapimento in
Sardegna è da arresto alla troupe per quanto sia pessimo in tutte le
scelte adottate.
Principe libero andava preso molto più
sul serio come progetto. Funziona come racconto di 40 anni di vita
privata di Faber, dalla prima adolescenza tra i caruggi al sequestro
in Sardegna, ma non va oltre una descrizione televisiva senza quella
ricerca o la voglia di scavare dentro Faber. L'aspetto migliore dei
due film è di certo nella prima parte quando viene mostrato il
rapporto tra Faber e suo padre, vera croce e delizia della vita
dell'artista, interpretato in maniera eccellente da Ennio
Fantastichini.
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